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Skyrim, il Meta-Game e l’Interpretazione di un Ruolo 2016-11-27T11:24:58+01:00

META-GAME

 Senza dover scomodare teorie prestigiose e complesse quali quella del “GNS” di Ron Edwards (di cui magari parleremo in un’altra occasione), o teorie che attraverso innumerevoli riletture rischiano solo di creare ulteriore confusione, cercheremo soltanto di chiarire come un concetto così ambiguo possa aprire nuove frontiere di dibattito e confronto sulla teoria della “Interpretazione di un Ruolo”.

Prima però, è quantomeno doveroso specificare in breve il significato di tale concetto.
La definizione canonica intende come “meta-game” la possibilità, nello specifico di un GDR, di poter sfruttare informazioni, approcci, idee, comportamenti e pensieri estrapolati da fonti esterne (non presenti nel gioco) o di poter sfruttare un certo livello di immaginazione e fantasia (fino al punto di spingere il giocatore ad esulare dalle reali abilità e conoscenze del PG che si controlla e quindi alterare le “regole del gioco”).
Con questo metodo è teoricamente possibile fare cose tipo:

  • Immaginarsi contenuti, scene, dialoghi, motivazioni, approcci, reazioni e conseguenze che non esistono realmente nel gioco ma che possono soggettivamente aumentare parte dell’immedesimazione.
  • Usare tattiche, comportamenti ed informazioni estranee alla indole e le capacità intrinseche del proprio PG, ma di cui solo il giocatore è a conoscenza.
  • Usare conoscenze delle meccaniche del gioco per trarre dei vantaggi (a diversi livelli) che il PG in realtà non dovrebbe avere.
  • Portare la mente del giocatore a distaccarsi dall’immersione nel gioco e ragionare senza più usare la famosa “sospensione dell’incredulità”.
  • Stimolare il giocatore ad autolimitare le sue possibilità e far compiere al proprio PG solo azioni che siano coerenti col ruolo scelto, anche se il gioco non contiene sistemi che lo facciano in automatico.

Ci sarebbero anche tantissime altre possibilità, ma è preferibile limitarsi solo ad alcuni esempi giusto per rendere l’idea.Chiarito il significato, passiamo ora al nocciolo della questione: come si applica questo meta-game nelle due tesi in oggetto?
Secondo la prima tesi il giocatore di Skyrim semplicemente sfrutterà il meta-game per colmare qualsiasi mancanza del gioco. Quindi di fronte alla mancanza di una scelta/approccio (o di coerenza rispetto al PG interpretato), si tenderà ad usare informazioni e conoscenze esterne per rimanere in linea col ruolo che si vuole interpretare, oppure ci si autolimiterà a giocare in un determinato modo se il gioco non fissa dei paletti (arrivando, come detto in precedenza, anche ad alterare le regole alla base del gioco e l’approccio all’interpretazione).
Secondo l’altra tesi, invece, il giocatore troverà poco lecito dover usare un così alto livello di meta-game per colmare mancanze del gioco, e anche se si accetta l’idea che sia quantomeno impensabile, almeno con le attuali tecnologie, che un GDR digitale preveda “tutti i tipi di ruoli” (tesi che in parte contrasta le fondamenta della precedente nel suo assunto “puoi fare tutto ciò che vuoi”), si arriva purtroppo alla conclusione che la struttura spacciata per “totalmente libera” soffra in realtà di mancanze figlie proprio della sua natura “totale”.
Ecco come giungiamo al dilemma centrale e ci troviamo di fronte ad un ulteriore bivio: da una parte l’ottica che, pur notando delle mancanze, ritiene comunque giusto non dare alcun peso critico ad esse (poiché è proprio questo continuo uso del meta-game che caratterizza, crea feedback e rende “unico nel suo genere” Skyrim); dall’altra l’ottica che tende a dare maggior peso a mancanze che rischiano di minare seriamente il feedback richiesto da una certa tipologia di “interpretazione di un ruolo” (soprattutto se si prende per buono l’assunto che oggi è abbastanza realistica la possibilità di offrire un ampio numero di ruoli ed approcci in un contesto così enorme, e senza limitare la “libertà” del giocatore).

 

CONSIDERAZIONI FINALI

In questa sede ci teniamo ad essere chiari e ribadire di nuovo che non abbiamo alcuna intenzione o pretesa di stabilire chi abbia ragione, chi abbia torto e quale sia il metodo migliore per approcciare a Skyrim o qualsiasi altro GDR “World-Driven”, ma speriamo almeno di stimolare i lettori nel prendersi un po’ del loro prezioso tempo per riflettere sul tema proposto.

Le domande finali che poniamo a chiusura di questo editoriale sono, dunque, le seguenti: ritenete giusto usare il concetto di meta-game come “autolimitazione” finalizzata a colmare mancanze del gioco, oppure pensate che certi contenuti e meccanismi debbano essere inseriti e gestiti direttamente dagli sviluppatori attraverso le meccaniche e le situazione del gioco stesso?
E pensate che il “Ruolo” sia nelle meccaniche del gioco, nella mente del giocatore o che sia soltanto un naturale, involontario e bilanciato compromesso tra le due cose?
Quando, per esempio, in un GDR decidiamo di interpretare un PG “buono” e che rifiuta il furto e la violenza come approcci, nel momento in cui il gioco in alcune occasioni ci obbliga ad un solo approccio (uccidere) o comunque ci permette di rubare ed attaccare/uccidere qualsiasi NPC esistente sulla mappa (senza alcun tipo di paletto, svantaggio o particolare conseguenza), chi o cosa dovrà indicarci il “modo più coerente di interpretare un ruolo”?
Il meta-game o il gioco stesso?
E quando notiamo che non sono stati inseriti dei contenuti che possano concretizzare l’interpretazione che avevamo deciso di sperimentare col nostro PG (che magari ha intenzione di raggiungere uno “status sociale X” e nonostante tutto il gioco non sembra contenere meccanismi che siano in grado di ricevere in input tale “status” e dare come output un cambiamento marginale del contesto), chi o cosa può colmare tali mancanze?
La nostra immaginazione o un costrutto “if-then-else” inserito nel codice del gioco?

Lasciamo a voi lettori tutte le risposte, nella speranza che questo breve editoriale non venga frainteso e che altresì alimenti pacificamente il dibattito tra appassionati di diverse correnti di pensiero, con l’intenzione magari di tornare ad approfondire una seconda volta questo tema così complesso, controverso e allo stesso tempo affascinante.

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Webdesigner e grafico per hobby, troll di professione. Gli è apparso in sogno il suo unico Dio (Chris Avellone) e da quel giorno pensa di essere il suo araldo. Se ne va in giro per forum e social network a predicare il “Verbo del Sacro Ruolismo” e portare un barlume di speranza nei luoghi in cui Bioware e Bethesda hanno lasciato solo macerie.