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Recensione Zenith 2017-05-02T14:01:27+02:00
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    Recensione Zenith

Trovare cosa videogiocare, paradossalmente, diventa sempre più difficile. I tripla A ormai escono “dalle fottute pareti” per venire immediatamente e regolarmente massacrati da orde di videogiocatori delusi dopo mesi di attese rese spasmodiche da battage pubblicitarie che promettevano meraviglie sconvolgenti (e impossibili).
Poi, fortunatamente, c’è il mercato indie, brulicante di fuffa ma nel quale è possibile scoprire piccoli gioielli che troppo spesso finiscono per passare del tutto inosservati, salvo, magari, venir tardivamente rivalutati dal passaparola o in virtù del passaggio in qualche Bundle.
E’ questo il caso di Zenith, un curioso action con elementi RPG partorito dalla sconosciutissima Infinigon.

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Già il genere del gioco è difficile da individuare: si tratta di un fantasy con meccaniche da H&S ma nel quale si passa più tempo a chiacchierare e scambiare battute con gli altri NPC che a combattere.
In realtà, più che di un Hack and Slash, nel caso specifico si dovrebbe parlare di “Laugh & Slash”. La parte più importante del gioco infatti consiste in dialoghi esilaranti fino alla demenzialità, inframmezzati da esplorazioni e mazzate a una fauna piuttosto variegata.
Gli sviluppatori hanno espressamente dichiarato di voler richiamare stilemi e atmosfere degli RPG Old School, quindi il mondo è fantasy e la visuale di gioco quasi sempre isometrica. In realtà l’impressione di chi scrive è che la loro massima aspirazione fosse quella di dissacrare il genere, infarcendolo di battute fulminanti, gag da comica finale, vistose citazioni al vetriolo (da “Assassin’s Creed”, a “Il Signore degli Anelli”, a “The Witcher” ecc.). Credo di non spoilerare troppo se avviso che c’è una circostanza in cui la vittima del trollaggio è il giocatore stesso.

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Le locande possono essere sede di improbabili incontri

L’impressione è che, durante lo sviluppo, i dev abbiano passato più tempo a ridere che a programmare. Nel loro scarno sito dichiarano anche pomposamente di aver maturato un’esperienza trentennale in questo campo: naturalmente anche questa è una trollata dal momento che le loro biografie testimoniano di pregressi lavorativi mai superiori a dieci anni.
L’unico lato “serioso” è invece quello del comparto narrativo: la trama è lunga, epica, complessa, ricca di colpi di scena, rivelazioni da romanzo d’appendice e rovesciamenti di prospettiva. Il lore è inaspettatamente ricco e articolato, tanto da far presagire nuovi episodi di una saga in divenire.
Quando certe situazioni rischiano di diventare troppo drammatiche e prossime al climax, di solito parte una capriola arlecchinesca che trasforma una potenziale tragedia in uno sberleffo.

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Anche le situazioni più complesse finiscono in una risata

Tecnicamente il gioco non fa certo gridare al miracolo, le animazioni sono decenti ma semplificate, non mancano gli insopportabili “muri invisibili” ed è ancora presente qualche piccolo glitch che però in pratica non pregiudica nulla. La grafica è comunque particolarmente piacevole e molti scenari veramente ispirati.

 

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Molti scenari sono decisamente ispirati

Un altro punto a favore del gioco è proprio l’estrema varietà degli scenari. Borghi medioevali, sontuose città, cimiteri e rovine, dungeons dei più classici regolarmente infestati da golem e scheletri ecc.. Sorprendentemente finiremo anche in un luoghi vagamente steampunk che, fortunatamente, hanno una loro ragione d’essere e non risultano estranei al contesto.
Non esiste una vera e propria mappa ma il nostro eroe dovrà trovare la sua destinazione attraversando un’amena regione brulicante di mostri assortiti che potrà cercare di evitare sfruttando le sue qualità di maratoneta o che deciderà di affrontare per grindare più rapidamente.

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La “Mappa” del mondo di Zenith

Il combattimento è piuttosto facile e ripetitivo, avviene sempre in piccole arene in cui dovremo affrontare scorpioni, alberi semoventi e altre bizzarrie. Gli scontri sono quasi sempre piuttosto facili, soprattutto quando il nostro quasi-eroe è salito di livello. Leggermente più impegnativi possono sembrare, ma solo all’inizio, certi portali da cui escono orde successive di bislacchi mostri. Ma presto si capisce che è sufficiente dotarsi di un buon numero di pozioni per salute e mana e qualsiasi nemico non avrà scampo. Non è quasi mai necessario elaborare complesse strategie, spesso basta correre in tondo aspettando che vita e mana si ricarichino prima di sferrare l’attacco.

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In Zenith il combat è ripetitivo ma sempre concitato

Il gioco è story driven ma non claustrofobico: oltre ai portali troveremo numerose locande in cui riposare (e salvare il gioco) e nelle quali faremo gli incontri più divertenti e bizzarri. La mappa è anche costellata di luoghi inutili ai fini della trama ma divertenti da visitare e nelle quali troveremo gli oggetti più preziosi e potenti. I pochi enigmi presenti sono tanto semplici quanto ingegnosi, anche se non originalissimi.

I dialoghi, come in ogni buon indie, non sono stati doppiati ma avvengono tramite slides con l’effige del personaggio. Questa impostazione, contrariamente alle apparenze, non pregiudica il ritmo e consente di cogliere le infinite sfumature umoristiche che potrebbero sfuggire. Inoltre una lettura più rilassata aiuta a ricostruire gli aspetti meno vistosi del complesso lore.
Una nota di merito va all’eccellente traduzione italiana che non sacrifica la comicità originale, non lesina espressioni “colorite” e ricorre, talvolta, a termini dialettali insolitamente appropriati.

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Il linguaggio è spesso piuttosto “colorito”

L’ottima traduzione è in grado anche di riportare certi doppi sensi di sapore un po’ goliardico.

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La traduzione riesce a render i maliziosi doppi sensi della versione originale

Non mancano le note dolenti. La più grave, a parere di chi scrive, è nel comparto ruolistico, tanto flebile da risultare quasi inesistente malgrado i proclami con cui il gioco è stato lanciato. Praticamente non c’è una scelta in tutto il gioco, l’albero delle abilità è stringatissimo e, volendo, si può massimizzare il personaggio dopo poche ore di gioco semplicemente sfruttando i facili incontri casuali e il respawn dei nemici.

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Le abilità fanno capo a Terra, Fuoco e Ghiaccio

La telecamera ogni tanto fa le bizze e può capitare che il nostro pseudo-eroe finisca fuori dalla schermata. L’inventario non è particolarmente interessante e maneggevole e così il commercio che, alla fine, risulta utile solo per reperire alcuni item potenti (per altro rintracciabili anche in giro per la mappa) e per fare scorta di pozioni.

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L’inventario è limitato e di scarsa praticità. In compenso è presente l’attributo “Sarcasmo” che è fisso al valore di “999”

Il protagonista è un antieroe che più anti non si può. Argus Windell è un omino grigio con alcune capacità magiche e che non ha alcuna voglia di “salvare il mondo” ma, nel gioco, sarà chiamato farlo ben due volte. E’ talmente imbranato che non è affatto scontato che ci riuscirà. Già il suo aspetto è tutto un programma: mingherlino, occhi bovini, sopracciglia cespugliose, mascella molle, orecchie a sventola, un’acconciatura assai improbabile, un naso fuori misura e, tragico tocco finale, la mosca sopra il mento.

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Argus Windell. Ma si può impersonare un Eroe così?

In pratica il prototipo del nerd autoironico ma sfigatissimo (mancano solo i brufoli in quanto un po’ troppo cresciuto) col quale è inevitabile empatizzare.

Nel suo viaggio sarà accompagnato da una procace fanciulla dai capelli turchini (!). Alena si presenta come un personaggio ambiguo: è un’eroina che deve sopportare il peso di gravi segreti o una sfrontata avventuriera frivola e un po’ pasticciona? Certamente soffre di tutti i possibili tic femminili: nella prima parte del gioco riesce a farsi scippare da un drago (!) una civettuola borsetta cui tiene molto e nella quale conservava un arcano artefatto da cui dipende l’esistenza dell’universo!
I loro rapporti sono litigarelli fin dal primo incontro: riuscirà quel bonaccione bruttino di Argus a “consolidare” il rapporto con una così avvenente creatura? Naturalmente non anticiperemo niente della notevole trama, limitandoci a dire che incontreremo una pletora di altri personaggi bizzarri, alcuni dei quali di travolgente simpatia.
Come dicevamo, il gioco è uscito in sordina e, immeritatamente, rischia di venire travolto da titoli costruiti e lanciati con ben altri mezzi.
Ma, al di là dei suoi limiti, garantisce una quindicina d’ore di sano divertimento, molto di più di quanto facciano concorrenti ben più blasonati. Non ci resta che aspettare un seguito, nella speranza che il gioco riscuota il successo che merita.
Il voto che abbiamo spietatamente attribuito è stato determinato dalla relativa povertà tecnica e ruolistica, ma, se non siete schiavi degli effettoni grafici tanto di moda e cercate un’avventura appassionante e dannatamente divertente, aggiungete serenamente almeno un punto.

Ed ecco, per finire, il trailer del gioco:

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IL VERDETTO

7
A CHI POTREBBE PIACERE?
A chi gioca per divertirsi e a coloro ai quali i Massimi Sistemi sono venuti a noia.
PRO
  • Straordinaria carica umoristica
  • Ambientazioni varie e ispirate
  • Trama complessa e avvincente
  • Personaggi di travolgente simpatia
CONTRO
  • Combat semplificato e ripetitivo
  • Comparto ruolistico deficitario
  • Albero delle Abilità e Inventario poveri e deficitari
  • Ancora qualche glitch

DATI DEL GIOCO

Piattaforme: Windows, PlayStation 4, Xbox One

Sviluppatore: Infinigon

Distributore: BadLand Games

Data di uscita: 20/09/2016

Sito Ufficiale

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PEGI: 16+

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