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Recensione Wasteland 2 2016-11-27T11:24:28+01:00
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    Recensione Wasteland 2

The Godfather of Post-Apocaliptic RPGs is back!

Quando parliamo di RPG post-apocalittici spesso si tende a pensare che tutto abbia avuto inizio con la famosa saga di Fallout nel 1997, ma il vero “Godfather of Post-Apocaliptic RPG” è un altro: Wasteland (1988). Senza Wasteland non ci sarebbe stato alcun Fallout. Alla guida di Interplay (quando il motto “For Gamers By Gamers” veniva incarnato alla perfezione) c’era un giovane Brian Fargo che, ispirato da film come Mad Max 2 The Road Warrior, The Omega Man (tratto dal romanzo I Am Legend di Richard Matheson) e dalla mitica figura canonica del “Ranger Texano” (Chuck Norris approved, ovviamente), ha dato vita ad un RPG che è stato tra i pionieri non solo del genere post-apocalittico, ma soprattutto di quella filosofia Open World che oggi va tanto di moda rivendere come “rivoluzionaria”. Sono passati 26 anni da allora ed è sempre lo stesso Fargo, stavolta alla guida di InXile Entertainment, che ha rimesso insieme il vecchio team (tra cui Stackpole e St. Andre), lo ha potenziato con innesti di lusso (tra cui Avellone, Anderson e Mc Comb) ed ha annunciato un seguito attraverso il crowdfunding di Kickstarter. Dietro questo annuncio non c’è mai stata solo la volontà di riesumare un vecchio brand, di fare presa sui soliti “vecchi nostalgici” o di rivendere come “nuovo” un qualcosa ormai dimenticato dai più. C’è stato molto altro: una denuncia contro una “pseudo-casta” di publisher sordi che per anni hanno chiuso le porte e tagliato le gambe a progetti non meritevoli di attenzione (secondo il loro punto di vista). Quando poi vedi che si tirano su quasi 4 milioni di dollari sulla base di sole promesse e che altri progetti sono stati finanziati con entusiasmo e ottimi risultati post-release, capisci che qualcosa non funziona nei meccanismi del mercato mainstream. Da quel punto di vista Fargo ha già portato a casa una vittoria contro quel sistema sordo, ma possiamo dire lo stesso del gioco in sé? Possiamo dire davvero che questo team composto da vecchi veterani di Interplay e Black Isle abbia retto la pressione di aspettative mastodontiche e mantenuto tutte le promesse? Vediamo di capirlo insieme, perché Wasteland 2 è un gioco per niente facile da inquadrare e analizzare. E per questa impresa titanica avevo bisogno di un team molto particolare (vedi immagine sotto).

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Mr. Avellone, Todd “Killing on Horse” Howard, Beppe “SBELLIAH” Krillo e il Sergente Abberluscone. Ecco cosa succede quando si esagera col Metagaming.

 

Desert Rangers: ultimi baluardi in un inferno post-apocalittico

Non appena parte il filmato iniziale veniamo catapultati in mondo marcio, spietato, sporco, dove le bombe non hanno martoriato e violentato solo il territorio e gli edifici ma hanno cancellato anche principi, etica, morale, leggi, culture e l’identità delle persone. Un mondo dimenticato da Dio, dove vige soltanto una regola: sopravvivere con i pochi mezzi rimasti a disposizione. Gli ultimi baluardi a difesa di ciò che un tempo veniva chiamata “Giustizia” sono diventati i Desert Rangers, quegli stessi Rangers che nel primo capitolo sventarono la minaccia dei robot della base Conchise (ispirata alla classica “sindrome di Frankenstein”, dove ciò che viene creato si ribella al creatore) e portarono a casa la tanto agognata “Stella sul petto”. Quei Ranger adesso sono capitanati dal Generale Vargas, uno dei protagonisti del primo gioco, e proprio lui ci introduce alla nostra prima vera missione. Non prima di aver dato l’estremo saluto ad Ace, ex compagno caduto mentre indagava su strani segnali radio proveniente da Nord-Est. Il nostro compito iniziale è quello di scoprire chi ha ucciso Ace e completare la sua indagine. Per farlo dobbiamo crearci un team di 4 Rangers scegliendo sesso, età, nazionalità, abbigliamento, ritratto, attributi e skill. Il ruleset alla base della creazione dei personaggi è il CLASSIC (Coordination, Luck, Awareness, Speed, Strenght, Intelligence e Charisma) ed è fondato su un principio molto preciso: ogni scelta ha una conseguenza. Sottovalutare questa fase può complicarvi la vita in seguito, proprio perché i punti da spendere sono risicati e se create un team sbilanciato dovrete poi fare i conti con ciò che ne consegue. Ci sono comunque 4 livelli di difficoltà tra cui scegliere, ma se volete mantenere un certo grado di sfida vi consiglio di cominciare almeno ad Esperto.

Ciò che si è voluto promuovere durante la fase di creazione del nostro team è il concetto di “team sinergico”: ogni singolo membro avrà una sua utilità specifica.

A prescindere dalla difficoltà, ciò che si è voluto promuovere durante la fase di creazione del nostro team è il concetto di “team sinergico”, dove ogni singolo membro ha un ventaglio di abilità che torneranno utili in varie circostanze, scoraggiando del tutto la classica banalizzazione che deriva dal “Jack of all Trades” o dall’americanata del “One Man Army”. Non avete uno scassinatore? Avrete problemi nell’aprire alcune porte o cassaforti contenenti oggetti importanti, quindi dovrete usare un altro approccio. Non avete un medico? Dovrete fare i conti con le ferite e i malus che vi vengono inflitti dopo aver subito danni in uno scontro a fuoco e valorizzare l’uso degli oggetti curativi. Insomma, le build che potete tirarci fuori sono davvero parecchie e se proprio non vi sentite all’altezza di questo compito verrà in vostro aiuto la possibilità di scegliere 4 personaggi già preconfezionati. Inoltre proseguendo nel gioco si può ovviare ad alcune mancanza del vostro team arruolando altri 3 compagni (su un totale di più di una dozzina sparsi per tutto il gioco). Ogni compagno è influenzato dal vostro valore di Carisma: più è basso e più aumentano le probabilità di perderne il controllo durante le fasi di combattimento (cosa che non vi auguro, visto che hanno il brutto vizio di sparare incuranti del fuoco amico). Tra questi personaggi ci sarà un’altra vecchia conoscenza del primo capitolo (Angela Deth), che potremo arruolare nei primi minuti di gioco, quasi come se fosse una sorta di “mastino” per il nostro team di novellini (essendo un veterano parte dal livello 14). Peccato che come caratterizzazione non sia stato fatto un gran lavoro di rifinitura e dettaglio e pur essendoci diverse situazioni in cui verrà fuori l’indole e il carattere di questi compagni (fino a ribellarsi a certe nostre azioni/decisioni), non saranno comunque così frequenti e sufficienti per renderli memorabili (non ai livelli di ben altri lavori svolti da questi developers). Per chi non ha giocato il primo Wasteland non c’è pericolo, molti riferimenti vengono spiegati in-game. 

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Se di fronte a questa schermata mi sentite spaesati e avete voglia di piangere, allora vuol dire una sola cosa: non è il gioco che fa per voi.

 

Lande radioattive

Creato il nostro team di Chuck Norris-wannabe si entra nel vivo del gioco e subito si percepisce una certa familiarità con un altro RPG post-atomico che gli somiglia molto: The Fall – Last Days of Gaia. Per qualcuno potrebbe essere un bene, per altri un male, decidete voi. La visuale è la classica “a volo d’uccello” e se ricordate la pessima telecamera di Neverwinter Nights 2 vi consiglio di preparare il calendario, perché la situazione è più o meno simile. L’interfaccia è abbastanza pulita e svolge bene il suo lavoro, almeno quando non ci invita a fare qualche passaggio-click superfluo di troppo. A livello grafico siamo di fronte ad un qualcosa non molto degno del 2014 e seppur si tratti di un progetto low-budget (se confrontato a ben altri progetti che possono vantare 10 o 20 volte il budget tirato su con Kickstarter) ciò non giustifica del tutto il risultato finale. La situazione migliora sul versante artistico e decorativo, con tutta una serie di piccoli dettagli da scovare nell’ambiente e nelle strutture, utili ad immergersi in questo setting post-nucleare. Ad fare del bene all’immersione ci sono anche le musiche del mitico Mark Morgan, che i meno giovani ricorderanno per i lavori svolti con i vecchi Fallout e Planescape Torment.
Parlando di ambiente è abbastanza piacevole notare quante interazioni sono state inserite: scassinare, sfondare, hackerare e riparare sono solo alcune delle skill che potete usare durante l’esplorazione, vuoi per superare un ostacolo o semplicemente per scoprire un segreto. Di una certa importanza è la skill Percezione, in grado di mostrarvi le descrizioni ambientali, degli oggetti, dei personaggi che incontrerete (anche dialogandoci) o di farvi scoprire trappole e segreti nascosti. Purtroppo debbo segnalare la totale mancanza di perk e traits, che sarebbero stati veramente utili per variare un po’ l’esito di certe check e situazioni, biettivo che solo in parte viene raggiunto dall’inserimento del fallimento critico: se fallite in modo maldestro una check (leggasi: come quando in una sessione cartacea vi viene fuori un numero esageratamente basso lanciando i dadi) non potete più usare quella skill sull’oggetto in questione, oppure vi beccate una trappola o fate scattare un’allarme. È possibile riparare una serratura bloccata, ma questo aumenterà la percentuale che regola il grado di sfida e non c’è alcun sistema che vi impedisca di abusare del solito e mortificante “Save & Reload”: non è un problema del gioco ma più della coscienza di ogni singolo giocatore.

Si percepisce una certa familiarità con un altro RPG post-atomico che gli somiglia molto: The Fall – Last Days of Gaia.

C’è una certa presenza di backtracking eccessivo in alcune aree, probabilmente dovuta alla volontà di promuovere una filosofia prettamente “Old School”: non è stato inserito alcun tipo di radar, GPS o fast travel che faciliti la vita dei nostri Ranger e il diario non ci prende mai per la manina o ci guida come fossimo bambini smarriti. Sicuramente non mancherà la sfida nel capire dove andare e cosa fare, ma ovviamente non è un tipo di scelta che accontenta tutti.
Il level design, invece, pur mostrando un sacco di oggetti con cui interagire, lascia un po’ a desidera e si presenta con aree di dimensioni abbastanza piccole e che ricordano un po’ quelle di Shadowrun Returns. A soffrirne di più sono le tattiche in combattimento, dove nella prima parte del gioco c’è poco stimolo nello sfruttare coperture o edifici su cui salire per aumentare il raggio d’azione di un attacco. La situazione migliora nettamente proseguendo ma non verrà mai fuori un combattimento in cui servirà così tanto lo studio del terreno di battaglia per avere la meglio. Tutto questa avviene principalmente nella mappa locale di ogni area, mentre in quella generale abbiamo una visione dall’alto di tutta l’Arizona e ci possiamo spostare tra vari punti di interesse consumando le nostre scorte di acqua (che potremo riempire scoprendo varie oasi nascoste) e stando attenti ad evitare le zone radioattive, almeno finché non troviamo una tuta protettiva per poterle attraversare. In questa fase è possibile incappare in una serie di random encounter, ma dopo una dozzina di scontri non tarderà ad arrivare una certa ripetitività, visto che ogni area è più o meno la copia di quella precedente e i nemici sono quasi sempre gli stessi (cambieranno solo proseguendo con la main quest).

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Disinnescare una trappola esplosiva con una bassa percentuale di successo è cosa poco buona e poco saggia.

 

Chiacchiere e Distintivo

Prima di incrociare i nostri fucili con quelli del nemico, possiamo in diversi casi provare a sfruttare l’approccio dialettico, attraverso l’uso di ben 3 skill sociali: Osso Duro (Minaccia), Leccaculo (Persuasione) e Paraculo (Raggiro). Il meccanismo che gestisce queste skill check è tipico dei dialoghi ruolistici visti nei Fallout, dove si possono sfruttare determinare risposte solo a patto di superare il valore minimo richiesto in una check. Il sistema di dialogo ricorda alla lontana quello di Storm of Zehir (espansione di NWN2), dove ogni membro del team può sfruttare una propria skill sociale quando si interagisce con qualche NPC. In alternativa si possono usare delle keyword (altra eredità del primo capitolo) o le risposte standard (utili proprio per scovare nuove keyword). Purtroppo ho riscontrato alcuni problemi dietro alla gestione di questa meccanica (problemi denunciati da tempo anche da diversi utenti sul forum ufficiale) che ancora non sembra funzionare secondo le aspettative originali. In quelle poche occasioni in cui sono riuscito a testarlo ho comunque apprezzato questa struttura che cerca di fare da ponte tra il passato (quando per interagire con il mondo bisognava capire quale keyword inserire) ed il presente (dove troppo spesso è tutto fin troppo guidato e spiegato).
A livello di writing non posso lamentarmi e si sente la mano di gente come Mc Comb ed Avellone (entrambi writer dietro alla trama di Planescape Torment), anche se ho notato un inizio un po’ sottotono e un miglioramento nella seconda metà del gioco (vuoi anche per i toni drammatici e la piega che prende la main quest). Sicuramente non siamo di fronte al loro miglior lavoro ma resta comunque una scrittura sopra la media odierna. La caratteristica che più ho apprezzato è stata l’uso di slang, il tono scurrile e maturo, la ricercatezza di una caratterizzazione dei personaggi che fosse in grado di trasmettere la crudeltà di quel mondo selvaggio e senza regole, il tutto in contrapposizione con la rigidità etico-morale dei Ranger (che a tratti sembrano quasi voler imporre la loro visione del mondo). Tutto questo ho potuto testarlo solo impostando il gioco nella lingua originale, perché in italiano ci sono ancora troppi grattacapi da sopportare (ve ne parlerò in un altro paragrafo).

 

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I compagni hanno un’indole e reagiscono, ma visto che non ci potremo parlare liberamente sarebbe stato meglio inserire più occasioni per conoscerli.

 

Uno degli aspetti meglio riusciti è la simulazione del classico meccanismo di causa/effetto, che viene espresso quando veniamo messi di fronte a veri e propri dilemmi etico-morali. In questi frangenti viene fuori l’essenza del gioco di ruolo e si percepisce la volontà degli autori nel metterci in crisi ed obbligarci a fare delle scelte e non demandare mai a qualcun’altro la reazione che scateneremo nel contesto. Le conseguenze possono avvenire nel breve o lungo termine, fino a culminare nel finale della main quest, dove è stata usata la stessa tecnica narrativa dei Fallout ed Arcanum: durante il filmato finale ci verrà narrato il destino di ogni locazione visitata (e non), di ogni fazione con cui abbiamo avuto contatti e di ogni compagno che abbiamo arruolato. Le tematiche toccate dalla nostra missione principale saranno diverse, molto mature e trattate con la volontà di far sentire il peso delle proprie azioni (saremo di fronte a situazioni di cannibalismo, razzismo, drammi familiari e sentimentali, fanatismo religioso e politico e tanto altro). Questo meccanismo di causa/effetto viene amplificato ulteriormente con l’ausilio delle comunicazioni via Radio, che oltre a svolgere il compito di sbloccare una “promozione” (level up) e svelarci alcuni dettagli su alcune zone della mappa, ci mostreranno le reazioni del Generale Vargas alle nostre azioni (una versione più dinamica della radio vista nei recenti Fallout insomma). Volete sparare contro un villaggio di civili inermi? Potete farlo, ma ne pagherete le conseguenze non appena il Generale vi contatterà per chiedere spiegazioni. Un altro ottimo uso della Radio viene fatto quando i civili ci contattano per lanciare un SOS ed in diversi casi saremo costretti a fare una scelta drastica nel dare precedenza ad un problema. Anche qui vige la regola del “ad ogni scelta ci sarà una conseguenza” e se decidiamo di aiutare un luogo al posto di un altro poi ci ritroveremo uno scenario diverso a seconda dei casi (con perdita di tutto un filone di dialoghi e quest).

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Ecco una tipica situazione in cui potremo far finta di nulla o decidere il destino di un NPC.

 

Quando la dialettica fallisce parlano i proiettili

In un mondo come quello di Wasteland non sempre i Ranger riescono a mantenere l’ordine con la dialettica e quando la situazione degenera, tenere una buona arma a portata di mano ed un numero sufficiente di munizioni (che scarseggiano di brutto) è sempre cosa buona e giusta. Incrociando la vostra pistola con quella di qualche mal’intenzionato si entra nella modalità da combattimento a turni tattici. Il tempo si ferma e ci si muove su una scacchiera a quadrati, dove ogni componente del nostro team ha un certo numero di Action Point da spendere nel proprio turno. In base all’arma impugnata ci sono al massimo 3 tipi di attacchi da sfruttare (colpo normale, colpo alla testa e raffica) che combinato con 2 tipi di posizionamento (in piedi o inginocchiati) e con l’Ambush (sorta di modalità in cui il personaggio spara appena qualcuno entra nel cono di visuale), danno vita ad una combinazione di tattiche che sinceramente non ho ritenuto sufficienti per evitare il pericolo della ripetitività. Potrei anche non considerarlo un problema se solo parlassimo di un gioco concentrato su dialoghi e interazione sociale, ma in questo RPG si combatte parecchio e l’approccio violento è sempre dietro l’angolo. A risentirne non è solo la varietà ma soprattutto il comparto tattico. Abbiamo le coperture da poter sfruttare o distruggere (aumentano difesa, schivata e mira) ma mancano gli attacchi di opportunità; abbiamo alcuni oggetti che possono esplodere e creare danno ad area ma non possiamo sparare alla maggior parte di essi; abbiamo il fuoco amico da gestire, vari tipi di status, ferite e malus che vengono inferti quando si subisce un certo tipo di danno, ma mancano i danni localizzati (alla Fallout) e determinati malus sono davvero troppo permissivi; abbiamo alcune skill check da sfruttare per ribaltare l’esito di uno scontro (come per esempio poter hackerare l’IA di un robot o una torretta) ma saranno veramente poche le situazioni in cui farlo. Insomma, è un continuo sali e scendi e non ci vorrà molto per cominciare a sentire il peso della ripetitività.

Quando cominceremo ad affrontare i robot la IA cambierà nettamente pattern di attacco e la sfida subirà una piacevole impennata.

Non riesce a risollevare la situazione nemmeno la IA, spesso preda di comportamenti poco lucidi (nemici che lasciano le coperture per mettersi in mezzo al fuoco nemico?), scelte tattiche un po’ tristi (sparare ad bersagli secondari quando quello principale aspetta solo il colpo di grazia?) e pathfinding non sempre dei migliori. Menomale che almeno nelle fasi più avanzate (quando entreranno in gioco alcuni corpi armati speciali e i robot) ci sarà un netto miglioramento dei comportamenti e dei pattern dei nemici. Sarà forse una scelta voluta, per dimostrare che le macchine sono sempre superiori all’uomo? Da come si evolve la main quest non è da escludersi come ipotesi.
Insomma, questo comparto non è certo il punto forte di Wasteland 2, nonostante il tutto sia reso più stuzzicante dalla presenza di un permadeath che ci impedisce di resuscitare i compagni caduto in battaglia (come è giusto che sia se si vuol mantenere un minimo di credibilità in questo tipo di setting). E basta fare un paragone con quella perla di Divinity Original Sin, senza dover nemmeno scomodare mostri sacri del calibro di XCOM o Jagged Alliance: c’è un bel po’ di differenza qualitativa e il giocatore non viene stimolato ad usare in modo creativo gli strumenti che gli vengono proposti. Ovviamente questi problemi, da soli, non assumono un peso tale da affossare per intero tutto il gioco, perché gode di tanti altri pregi e chicche che non vengono scalfiti, ma il punto della questione è un altro: ci si aspettava di meglio da questo team di veterani? Sì, personalmente mi aspettavo qualcosa di molto meglio su questo versante.

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Nelle numerose situazioni in cui saremo allo scoperto non sarà raro terminare lo scontro a fuoco limitandosi solo a scaricare il proprio caricatore sull’avversario.

 

C’erano un Americano, un Cinese e un [/1]…

Sul writing in lingua inglese c’è poco altro da dire, ma molti si sono chiesti: c’è anche l’italiano? Sì c’è e chiariamolo una volte per tutte. Capisco che in effetti la domanda è più che lecita dopo la confusione che c’è stata sull’argomento, ma quando ti accorgi che a tratti si discuta più della localizzazione rispetto alla qualità ed i contenuti del gioco in se, vuol dire che qualcosa non funziona. Non è questa la sede adatta per affrontare questa probelmatica, ma non potevo esimermi dal dedicare un’intero paragrafo alla faccenda.
Per capire cosa è accaduto vanno fatti alcuni passi indietro, a quando Fargo promise che il gioco sarebbe stato tradotto anche in italiano durante i 30 giorni dell’appello via Kickstarter. Da allora si sono susseguiti una serie di avvenimenti che hanno portato al risultato che tutti temevamo: gioco rilasciato senza il supporto ufficiale alla lingua italiana, senza una fase di revisione completa e senza quel livello di qualità che ci si aspettava da un professionista del suo calibro. In pratica è una traduzione monca, che da metà gioco in poi lascia molto a desiderare (pur essendo comunque giocabile se si chiude un occhio…anzi no, forse meglio chiuderne due). Piangere sul latte versato e urlare inutilmente “SKANTALO!” non è mia intenzione. Quello che invece sono interessato a chiarire è il perché tutto questo sia accaduto e quali siano le cause reali.

Il gioco è stato rilasciato senza il supporto ufficiale alla lingua italiana, senza una fase di revisione completa e senza quel livello di qualità che ci si aspettava da un professionista come Brian Fargo.

Una prima causa potrebbe essere senza dubbio il comportamento non proprio cristallino di Brian Fargo, che ci ha trattati un po’ come se fossimo il “Terzo Mondo del videogaming”. Che l’Italia non sia mai stato un mercato ghiotto per chi produce e sviluppa RPG occidentali è cosa ormai risaputa e c’è poco da fare. Da questo assunto però non viene certo legittimato un simile trattamento, non dopo che hai attirato dei backers per poi disilluderli. Non a caso molti italiani hanno finanziato Wasteland 2 solo dopo l’annuncio della localizzazione italiana. La situazione non è migliorata nemmeno quando si è cercato di metter su una sorta di “localizzazione in crowdsoursing” (termine elegante per nascondere un significato ben poco elegante: fatevi il lavoro da soli), attirando traduttori amatoriali con l’esca della key del gioco in regalo (solo per chi traduceva un certo numero di stringhe). Secondo voi quanti furbetti si sono infiltrati e per fregarsi il gioco hanno semplicemente usato Google Translate? Evidentemente parecchi, perché da quello che ho potuto constatare ci sono diverse parti dove compaiono una serie di “[/]” e non si riesce a capire nemmeno tanto il senso di quelle frasi. Non mi soffermo proprio sui refusi o su frasi che perdono un po’ di mordente rispetto all’originale, perché ci può stare in una traduzione non retribuita, ma è stato abbastanza fastidioso beccarsi alcuni bug ad Highpool (una delle prime aree che visiteremo) ed ho dovuto cambiare la lingua per proseguire. A questo si aggiungono un paio di crash al desktop e un Blue Screen of Death mentre lo testavo ancora nella versione beta, ma per il resto sono stato tra i pochi fortunati a non subire una lunga serie di fastidiosi malfunzionamenti in circa 80 ore di gioco registrate su Steam.
Nonostante tutto, quello che mi chiedo è: sappiamo di essere un mercato che non fa gola ma ci meritiamo veramente un trattamento simile come comunità di videogiocatori? E se non c’è vera intenzione di fare un lavoro degno con questa localizzazione, ci dovevamo accontentare lo stesso?
Non è mia intenzione rispondere alle domande sollevate e ognuno si faccia la propria idea, perché se veniamo trattati così una delle ragione forse andrebbe cercata anche in casa nostra. Infondo dare sempre la colpa agli altri non ci aiuta certo a risolvere un problema storico e prettamente legato ad un fattore di “immagine” e “percezione”. Quella stessa immagine/percezione che noi consumatori diamo nel momento in cui scegliamo chi premiare (con i nostri soldi), chi ignorare o chi boicottare.

Ciao, sono un diario concepito secondo la “Old School”. Se trovi che non rispetti le tue tutele da giocatore che vuole “tutto e subito” rivolgiti al sindacato.

 

Considerazioni finali

Ci accingiamo a concludere questa recensione con un po’ di rammarico nel veder sprecata quest’occasione così ghiotta. O meglio, una vittoria mediatica nei confronti dei publisher c’è sicuramente stata e si sono riaperte diverse concertazioni su cosa debba essere finanziato e cosa non meriti attenzione. Ma il punto rimane sempre lo stesso: dovevano fare di più proprio perché sono tra i migliori veterani nel settore. Diciamo che è come andare al concerto di Bruce Springsteen e sentirlo stonare per tutto il tempo, come se fosse un dilettante allo sbaraglio. So bene che le aspettative troppo alte possono fuorviare un giudizio, ma nemmeno è valido il criterio di non avere alcuna aspettativa e prendere per buona ogni cosa che il convento ci passa. Da un certo punto di vista questo poteva essere una sorta di Van Buren, quel Fallout 3 in isometrica che ci era stato negato da quella stessa Interplay che poi, del tutto disarmata e morente, si è trovata di fronte ai soldi di Bethesda ed ha salutato un brand che li aveva resi leggendari. No, non lo sto bocciando su tutta la linea, perché è fuori discussione che abbia i suoi meriti e brilli veramente nella componente che forse più di tutte ogni RPG dovrebbe curare: scelta e conseguenza. Ma rimane comunque un po’ di amaro in bocca e non ho problemi a sottolinearlo.
In definitiva lo consiglio a tutti gli amanti dei primi due Fallout, a chi adora questo tipo di RPG “check-based” e “turn-based”, dove le nostre azioni sono quasi tutte basate sulle reali capacità del team formato e spesso ci portano a conseguenze imprevedibili. Purtroppo ai non anglofoni consiglio di aspettare la fine dei lavori di revisione (che potete monitorare in questo topic o Steam) per non perdersi una parte importante di questo gioco. Chi invece pensa che questo sia solo un “gioco vecchio per vecchi nostalgici”, che la battaglia di Fargo serva solo a farlo tornare di moda dopo che era sparito per un po’ dal giro, oppure che il tradimento subito con la localizzazione debba essere punito col boicottaggio, allora lo lasci pure sullo scaffale.
Ma aspettate, qui manca qualcosa…che fine hanno fatto i mitici Rangers che vi avevo presentato all’inizio? Metagaming o vera interpretazione di vari ruoli? Metagaming ovviamente, ma di quello buono, di quello “for the lulz”, in cui ad un certo punto, mentre Beppe urlava come al solito contro il Sergente Abberluscone, io ho preso Mr. Avellone e Todd “Killing on Horse” Howard, li ho portati in un vicolo cieco con la scusa di dover scassinare una cassaforte e ho cercato di creare un confronto/chiarimento su quella vecchia storiella in cui c’è di mezzo un bonus, un 84% su Metacritic e la corruzione giornalistica (a proposito: un saluto virile ai cari amici del #GamerGate!). Non è finita bene…cliccare per credere.

IL VERDETTO

8
A CHI POTREBBE PIACERE?
A chi ama i Fallout originali e gli Old School RPG che mettono l'accento sulla "Scelta & Conseguenza".
PRO
  • Writing maturo
  • Scelte e conseguenze reali
  • Ampio sfruttamento delle skill
  • Dilemmi etico-morali
  • Non ti prende per la manina
CONTRO
  • Tattiche ripetitive
  • Telecamera discutibile
  • IA poco stimolante
  • Localizzazione italiana

DATI DEL GIOCO

Piattaforme: Windows, Linux, Mac OS

Sviluppatore: InXile Entertainment

Distributore: Deep Silver

Data di uscita: 19/09/2014

Sito Ufficiale

Spazio dedicato nel forum

PEGI: 18+

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Webdesigner e grafico per hobby, troll di professione. Gli è apparso in sogno il suo unico Dio (Chris Avellone) e da quel giorno pensa di essere il suo araldo. Se ne va in giro per forum e social network a predicare il “Verbo del Sacro Ruolismo” e portare un barlume di speranza nei luoghi in cui Bioware e Bethesda hanno lasciato solo macerie.