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Recensione Torchlight II 2016-11-27T11:24:55+01:00
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    Recensione Torchlight II

Una missione che dura un decennio

Correva l’anno 2009, quando il primo Torchlight arrivò sul mercato. Dietro a questo hack’n’slash c’erano tante aspettative create soprattutto da Runic, software house indipendente e composta da ex militanti di Blizzard North, nonché padri del primo leggendario Diablo e suo seguito. Le aspettative erano chiare: innovare il genere puntando comunque a mantenere e migliorare i suoi capisaldi storici. Il loro primo tentativo, in realtà fu Fate, hack’n’slash precedente a Torchlight ma con cui quest’ultimo condivide praticamente buona parte del concept originale e totalmente la tipologia di gameplay. A seguire arrivò il già citato Torchlight, il quale rifiniva ottimamente tutto ciò che di buono si era già visto in Fate, oltre che offrire una leggera ventata di aria fresca in un genere fermo da troppo tempo. Dopo il primo capitolo cominciarono a sorgere i primi rumors riguardo alla trasformazione del brand in un MMORPG free, ma Runic mise fine ad ogni speculazione con l’annuncio del secondo capitolo. Inizialmente avrebbe dovuto precedere l’uscita di Diablo III, ma dopo diversi problemi e ritardi vari abbiamo dovuto attendere fino a poco più di una settimana fa per averlo tra le mani e poterlo analizzare in ogni suo aspetto.

Torchlight 2 porta con se tante novità e tante conferme. Due su tutte: la capacità di non far sembrare antiche delle meccaniche che ormai si ripropongo da più di un decennio, e la voglia di offrire una formula di gioco quanto più aperta ai gusti personali degli appassionati di questo sottogenere. Gli autori sono sempre gli stessi e le promesse sono state mantenute in pieno anche questa volta, forse ancor più che in passato. La differenza sta nel fatto che oggi la concorrenza è più agguerrita che mai e possiamo dire con una certa cognizione che l’anno 2012 è stato un anno pieno di proposte interessanti nel sottogenere hack’n’slash (tra Diablo III, Krater, Borderlands 2 e, in parte, Inquisitor). Il nemico da battere è, ovviamente, sempre lo stesso, nonché il capostipite di un genere a cui gli stessi autori di Torchlight 2 hanno dato un grosso contribuito in passato: Diablo. Ma saranno riusciti quelli di Runic a compiere questa grande impresa contro i loro ex compagni di banco?
Ve lo dico subito e senza girarci intorno o tenervi inutilmente sulle spine: sì, ci sono riusciti alla grande, anche se non totalmente e rivolgendosi (con una certa furbizia ed intelligenza) ad una tipologia di utenza un po’ diversa rispetto all’avversario. Questo non toglie che, all’atto pratico, sono i vincitori morali in questa sfida all’ultimo sangue… Pardon, click.

 

Il filmato introduttivo ci mostra l’uscita di uno degli ex Eroi del primo capitolo dal dungeon sotto la città di Torchlight…e no, non sembra affatto avere buone intenzioni.

 

Il mondo di Torchlight 2 e la sua evoluzione

Un po’ di storia: Torchlight ci vedeva nei panni di tre eroi (Destroyer, Vanquisher ed Alchemist) intenti a fermare il cattivo di turno (Ordrak) ed i suoi malvagi piani, attraverso lo sfruttamento di un unico campo base (la città di Torchlight) e l’esplorazione di un dungeon che scendeva sempre più in profondità (in pieno stile Diablo e Fate). Obiettivo del nemico era quello di corrompere una preziosa sostanza alla base di tutte le forze magiche ed alchemiche (l’Ember) e mettere in pericolo l’intero mondo. Il seguito comincia proprio dalla fine del primo capitolo ed il filmato introduttivo (girato attraverso uno stile cartoon abbastanza piacevole e caratterizzato) ci mostra come la nostra precedente missione ha avuto solo in parte successo. Infatti il nemico è stato sì sconfitto, ma il suo cuore è ancora in grado di corrompere il prezioso Ember, e dalle profondità del dungeon viene fuori nient’altro che uno dei tre personaggi che potevamo controllare nel primo capitolo (non voglio spoilerare, ma non vi perdete chissà quale grande sorpresa). Quest’ultimo invece di godersi la gloria meritata, decide immediatamente di radere al suolo l’intera città di Torchlight ed i suoi abitanti, sfruttando proprio il potere del cuore. L’unico superstite è il Destroyer, che fugge e riorganizza la milizia locale per fermare in qualche modo la nuova minaccia. Sentite anche voi odore della trama del primo e secondo Diablo? Sì, l’ispirazione narrativa è palese, quindi non vi rovino nemmeno le scontatissime “sorprese”: la nostra missione sarà sconfiggere uno degli ex protagonisti, intento ad usare i suoi nuovi poteri per alterare il potere dei 6 Guardiani (che rappresentano i 6 elementi che governano il mondo di Torchlight) e distruggere per sempre l’intero mondo. Fatta questa breve premessa sull’input della trama (che avrà soltanto la funzione di filo conduttore tra i 3 atti della main quest, più l’epilogo finale), ora vorrei un attimo soffermarmi (prima di addentrarmi nei dettagli) su un confronto numerico e quantitativo tra il primo Torchlight ed il secondo. Per capire il grado di evoluzione e miglioramento che c’è stato dal passaggio tra i due capitoli, basta dare una veloce occhiata alla seguente immagine presa dal sito ufficiale (che vale più di mille parole):

 

Questa comparazione dimostra l’intenso impegno che Runic ha investito nel migliorare il primo capitolo.

 

Come potete vedere, Runic non si è limitata semplicemente ad un copia/incolla ma ha ascoltato a pieno le richieste fatte dalla community riguardo ai difetti del primo capitolo, portando sui nostri PC un hack’n’slash in grado di offrire molti più contenuti rispetto al predecessore. Ragion per cui una delle novità più gradite è proprio l’aggiunta del multiplayer (non presente nel primo) anche su rete locale, due modalità grazie alla quale si allungherà di parecchio la longevità del gioco. Oltre a questo, va segnalata la presenza di un algoritmo di randomizzazione che sorprendentemente (a dispetto della ripetitività del primo capitolo) riesce a non far sembrare mai riciclato il design dei dungeon randomizzati e delle mappe esterne. Ma non voglio mettere subito tutta la carne al fuoco, ed andiamo ad analizzare per ordine tutti gli altri miglioramenti.

 

Il nostro Eroe e le difficoltà che dovrà affrontare

Appena cominceremo una nuova partita dovremo scegliere tra 4 classi per creare il nostro personaggio: Berserker, Outlander, Embermage ed Engineer. Il primo è un combattente a mani nude (volendo può impugnare anche armi da taglio) che punta tutto sugli attacchi in melee, la velocità e la furia con cui assalta i nemici (ricorda alla lontana il Wolverine della Marvel); il secondo è una sorta di pistolero che funge da evoluzione della classe Vanquisher (del primo Torchlight) e punta su attacchi da arma da fuoco o a distanza, sull’evitare il contatto diretto e sull’evocazione di esseri oscuri a supporto dei combattimenti; il terzo è l’evoluzione dell’Alchimista e controlla la magia del fuoco, ghiaccio o fulmine; infine il quarto è un’evoluzione del Destroyer, a metà strada tra un classico Tank ed un PG che sfrutta grossi cannoni per arrecare danni ad area, mentre evoca una serie di robot a supporto difensivo. Prima di cominciare potremo personalizzare in maniera abbastanza limitata l’aspetto del nostro personaggio, scegliendone sesso, volto, capigliatura e colore di capelli e barba. Successivamente dovremo scegliere uno tra gli 8 pets a disposizione (già presenti in minor quantità in Fate e Torchlight), che ci seguiranno per tutta la durata del gioco (ma approfondiremo i nostri compagni in un paragrafo successivo). Ogni classe avrà 4 attributi primari (Forza, Destrezza, Focus e Vitalità), che potremo aumentare spendendo 5 punti ad ogni level up, ed uno skilltree personalizzato. Ogni albero delle abilità prevede 3 archetipi principali con 9 skill attive e 3 passive, e potremo alzare fino al rank 15 ognuna di esse, guadagnando 1 skill point per level up oppure aumentando la nostra fama.

La fama funziona come nel precedente capitolo e sale sconfiggendo Boss o Campioni particolari (versioni potenziate di alcuni nemici normali). Lo skilltree si basa palesemente sul concept di quello già visto in Diablo II e, come quest’ultimo, offre davvero una grossa varietà di build. Un aspetto positivo è sicuramente la quasi totale garanzia di non ritrovarsi mai con personaggi identici, soprattutto perché ad ogni 5° rank che guadagneremo in una skill potremo sbloccare un “Tier” (una sorta di perk che dona bonus e nuovi vantaggi alla skill in questione). Al tempo stesso però, non ci sarà la possibilità di “respeccare” la build per riavere indietro tutti gli skill point investiti e provare nuove sperimentazioni. Se da un lato la cosa può infastidire molti utenti, dall’altro viene mantenuta fede al comparto tattico con cui dovremo decidere di sviluppare un personaggio, sapendo che, qualora servisse, c’è solo la possibilità di rivolgersi ad un apposito NPC per poter riavere indietro gli ultimi 3 skill points spesi e riassegnarli in modo migliore (previo pagamento di un ingente somma di gold). Il vero problema è che coloro i quali non sono disposti a dover ricominciare una nuova partita (per provare una build totalmente diversa), non potranno fare altro che investire con molta attenzione i punti abilità, oppure c’è il rischio di arrivare in alcune zone del gioco con una build non all’altezza del livello di difficoltà. Nonostante ciò, va precisato che l’equilibrio ed il bilanciamento generale della curva di difficoltà è stato davvero ben testato e calibrato.

Infatti oltre a permetterci di scegliere tra 4 livelli di difficoltà (Easy, Normal, Veteran ed Elite), noteremo sin da subito che il “drop rate” (la percentuale di successo nel rilascio di oggetti di buona qualità da parte di nemici, boss e scrigni) è stato studiato proprio in funzione di un avanzamento graduale e che mai ci verrà richiesto di dover passare ore a “farmare” sempre lo stesso atto per accumulare livelli su livelli o per sperare di trovare l’oggetto in grado di farci proseguire. Per i più esigenti ed amanti della sfida pura c’è anche la modalità Hardcore basata sul classico permadeath: se un personaggio muore viene cancellato per sempre e bisogna crearsene un altro.

 

La scelta su come gestire e migliorare Attributi e Skill sarà vitale al fine di tirare su una buona build.

 

La campagna principale si attesta (a livello Veterano) sulle 20-25 ore di gioco circa, a seconda di quante side quest si risolvono, ma l’endgame (da sempre flagello di ogni hack’n’dlash) è stato studiato in maniera che le ore si moltiplichino esponenzialmente, grazie allo sblocco della modalità New Game+ e del Mapworks. La nuova modalità, in parte già introdotta nel primo capitolo, consiste nel rigiocare tutta la trama con lo stesso personaggio (equipaggiamento compreso) con cui abbiamo concluso la prima run, con nemici ed oggetti calibrati al nostro livello e con una difficoltà sempre crescente. Finire di nuovo il gioco significa sbloccare un ulteriore New Game++ (per ora il massimo previsto è il New Game++++), con tutto ciò che ne consegue a livello di ri-calibrazione. Il livello massimo raggiungibile dal nostro personaggio resta comunque fisso a 100, ma i nemici possono raggiungere anche livello 120 se si è in grado di proseguire fino a quel punto.

Il Mapworks è una novità molto gradita e che ci permetterà di comprare nuove mappe randomizzate (e calibrate su diversi range di livello) in cui dovremo fare i conti con tutta una serie di bonus/malus che vengono applicati sia a noi che ai nemici. Non voglio rovinarvi la sorpresa più di tanto, ma vi basti sapere che si parla di mappe in cui subiremo una percentuale del danno maggiore, compensata da un aumento della qualità degli oggetti e della quantità di gold guadagnati, oppure potremo avere un bonus alla velocità di attacco ma fare i conti con nemici più resistenti al danno a base dell’elemento veleno, o ancora dover destreggiarci tra mille trappole ma poter godere di un bonus alla velocità di movimento. Insomma, questo tipo di endgame è stato davvero studiato per non rendere tremendamente ripetitivo il proseguo del gioco una volta conclusa la trama principale. Certo, va ricordato che oltre una certa soglia di ore di gioco qualsiasi cosa si scontra contro il rischio di noia, ma ci sono 4 classi da portare al livello massimo, una marea di build da sperimentare (il numero di skill point è limitato e non si potrà mai alzare ogni skill al 15° rank), mappe infinite da esplorare e, volendo, non va mai dimenticato che questo gioco è totalmente aperto al modding. In ultima analisi, questo vuol dire che almeno teoricamente la longevità risulta pressoché infinita e, come da tradizione, il resto lo farà la community, pubblicando una marea di mod in grado di inserire nuovi contenuti, nemici, armi, mappe, skill e tanti altri stimoli.

 

Un mondo dai toni pseudo-cartooneschi ma pieno di sorprese

Una delle prime caratteristiche che risalta all’occhio è la scelta cromatica e grafica. Lo stile mantiene fede al primo capitolo e tende a presentare un mondo in versione “cartoonesca”, basato su una grafica cell shading in 3D, mai troppo seriosa o realistica ma nemmeno del tutto campato in aria o esageratamente infantile. A differenza di altri stili (tipo Diablo) che tendono a dar maggiore spazio al gore, alla cruda violenza, a colori più scuri ed atmosfere più tetre, Torchlight 2 usa una tavola cromatica piena di luci e colori sgargianti, con ambientazioni fiabesche molto ben curate, piene di dettagli e colori accessi, con nemici dal design “fumettoso” ma mai del tutto ridicolo o volutamente fuori luogo. Diciamo che seppur si tratti di uno stile particolare e che spesso fa storcere il naso a molti giocatori, riesce comunque a rappresentare in modo caratteristico quello che mette in scena, sia che si tratti di massacrare legioni di nemici non sempre dall’aspetto terrificante (tipo dei simpatici funghetti saltellanti) e sia che si tratti di affrontare boss dall’aspetto ben più spaventoso e minaccioso (tipo un Lupo Mannaro furioso ed in versione gigante). Le animazioni e le movenze del nostro PG e dei nemici non sono il massimo dell’espressione artistica e sono meno curate rispetto ad un Diablo III, per esempio. Eppure questo aspetto, vuoi per i toni meno cupi, vuoi per una scelta stilistica che non contrasta affatto con le atmosfere rappresentate, non pesa mai al punto tale da farci sentire di fronte a scene ridicole o fastidiose. Anzi, sotto certi punti di vista, mi sento di affermare che simili situazioni sono più a rischio in Diablo III (dove lo stile simile a quello di World of Warcraft, cartoonesco per antonomasia, a volte cozza con il realismo ed il gore mostrato in praticamente ogni locazione e combattimento) piuttosto che in Torchlight 2 (il quale non calca mai troppo la mano su atmosfere crude e si mantiene sempre su livelli leggeri). Non mancheranno comunque fasi di puro spappolamento di nemici, esplosioni, violenza e cadaveri sparsi per la mappa, anche se il feeback ricevuto da ogni attacco non è lo stesso che si riceve quando lanciamo un pugno col Monaco di Diablo III (dove le collisioni sono curate in maniera molto più realistica ed appagante).

 

Embermage, Engineer, Berserker e Outlander: i quattro Eroi protagonisti di Torchlight 2.

 

Le ambientazioni di gioco sono molto varie seppur tutte accomunate da uno stile fiabesco. Il contorno musicale è quello tipico del primo e secondo Diablo, e non sarà raro notare delle notevoli somiglianze nella scelta dei brani. In generale le musiche e gli effetti sonori sono di buona fattura, ma i brani peccano proprio di quel senso di “già sentito” riportandoci alla mente la colonna sonora della storica saga a cui si ispira. Sul fronte riguardante il level design dei dungeon (che cambieranno ad ogni nuova partita) c’è da dire che siamo su livelli più che accettabili e viene davvero ben sfruttato l’algoritmo di casualizzazione, dimostrandosi capace di mischiare in modo naturale e mai ripetitivo i vari assets di ogni locazione (sia esterna che interna). Le parti di mappa che esploreremo nel corso di una partita non verranno coperte dalla fog of war se usciamo dal gioco, quindi avremo la garanzia di poter completare l’esplorazione di ogni angolo (cosa che, oltretutto, ci premia spesso con chicche nascoste, easter eggs, scrigni preziosi ed altre sorprese). Ed è proprio il feedback nello scovare le varie sorprese che rende l’esplorazione molto interessante: potremo rimanere sorpresi nello scovare eventi casuali, oppure nel beccare uno scrigno dorato che richiede il ritrovamento di una chiave per essere aperto, o ancora potremo incontrare alcuni particolari “nemici trasparenti” che una volta sconfitti apriranno un misterioso portale verso sfide sempre diverse e piene di succosi premi in loot e gold. Quest’ultima sorpresa viene gestita sempre secondo algoritmi di randomizzazione e le sfide che potremo affrontare svariano dalla difesa di alcuni totem, al dover fronteggiare un boss particolare, fino al dover sopravvivere in un’arena sotto l’attacco continuo di legioni di nemici. Ma non finisce qui. Come da prassi, anche qui ogni mappa sarà cosparsa di nemici di vario tipo, ed ognuno di essi rappresenterà un potenziale bottino da raccogliere. Ci sono oggetti di ogni tipo ed oltre al solito equipaggiamento diviso in armature ed armi (catalogate con la tipica suddivisione in oggetti comuni, incantati, rari, unici, leggendari o appartenenti ad un set), spesso potremo raccogliere anche delle gemme da incastonare nei socket di un pezzo del nostro equipaggiamento (ci daranno appositi bonus ad attributi e skill). Una piacevolissima novità sulle armi riguarda la possibilità di trovarne alcune aumentabili, ovvero armi in grado di sbloccare nuovi bonus a sorpresa se usate in un certo modo (per esempio dover uccidere 50 tipi di nemici specifici prima di sbloccare il bonus), cosa che di tanto in tanto può spingerci anche a cambiare arma contro certi tipi di nemici. Per chi non avesse tempo o voglia di esplorare ogni angolo della mappa per accumulare tutti questi preziosi oggetti, ci saranno a disposizione dei mercanti nel campo base, da cui potremo acquistare equipaggiamento, gemme, incantesimi, pozioni o pergamene (che funzionano in modo identico alle pergamene di Diablo II, sia per identificare che per aprire portali con cui tornare al campo base). Lo stesso campo base è un’altra novità di questo secondo capitolo, nel senso che a differenza del primo ora si sposta di atto in atto, e non è sempre lo stesso (come lo era la città di Torchlight). La sua funzione è quella di hub in cui sono raggruppati NPC che ci daranno quest, i nostri due stash personali (che consistono in due bauli utili per depositare oggetti da poter condividere anche con altri personaggi creati in seguito) e soprattutto i vari mercanti succitati. In aggiunta, proseguendo nella trama principale, potremo sbloccare diverse chicche: un incantatore (che aggiungerà incantamenti e bonus all’equip), due lavoratori di gemme (che distruggeranno gemme incastonate per preservare un oggetto oppure faranno il contrario, distruggendo l’oggetto e preservando le gemme), un mercante che ci venderà oggetti al buio (che potranno rivelarsi tanto fetecchie quanto ottimo equipaggiamento) ed infine un trasmutatore ispirato al famoso Cubo Horadrim di Diablo II (che potrà unire gemme, pozioni o parti del nostro equipaggiamento per creare versioni più potenti, a seconda di determinate ricette e del livello degli oggetti usati). Insomma, ce n’è per tutti i gusti e per tutti i colori. L’unico limite è il tempo con cui sbizzarrirsi nella raccolta di ricchezze e nel loro successivo investimento per migliorare sempre di più la potenza del nostro personaggio. L’insieme di tutte queste opportunità non fa altro che dar vita alla classica formula “altri 5 minuti e stacco”, da sempre cavallo di battaglia del rivale Diablo, e che in Torchlight 2 non è affatto da meno. Non a caso il vostro già fin troppo maltrattato ciclo circadiano continuerà puntualmente a ringraziarvi di cuore.

 

Ricordate il mitico Cubo Horadrim di Diablo II? Col trasmutatore riassageremo le stesse sensazioni di un tempo.

 

Il miglior amico dell’uomo e le mistiche arti della Pesca e della Magia

Abbiamo accennato ai pets, figura innovativa già introdotta nei precedenti Fate e Torchlight. Questi simpatici animaletti saranno i nostri compagni di viaggio da cui nessuno potrà mai dividerci per tutto l’arco del gioco. In questo secondo capitolo potremo scegliere tra 8 tipologie, che si differenziano solo a livello estetico. Ogni pet salirà di livello automaticamente e potremo impostare la loro IA in modo aggressivo (attaccano a vista), difensivo (tendono ad attaccare di meno e curare o supportare maggiormente il nostro PG) o passivo (saranno principalmente concentrati nel curarci ed usare incantesimi di supporto). Potranno indossare un collare e due pendenti (per ricevere bonus alle statistiche) ed in base alla IA impostata agiranno in diversi modi. Saranno quindi, le nostre scelte tattiche a doverli sfruttare in modo funzionale al contesto, soprattutto perché avremo la possibilità di insegnarli 4 incantesimi, oppure di fargli mangiare del cibo pescato in delle apposite pozze d’acqua sparse per le varie mappe di gioco. La pesca consiste, in breve, in un piccolo mini gioco in cui comparirà un amo e dovremo cliccarci sopra nel momento giusto, scoprendo cosa siamo riusciti a pescare (a volte capita di scovare anche oggetti equipaggiabili). Il cibo pescato non servirà solo a riempire il nostro già sovraccaricato inventario (impostato come una classica griglia, in cui però ogni oggetto occupa un unico slot), ma servirà per trasformare il nostro pet in uno degli svariati tipi di nemici incontrati. Per esempio potremo fargli mangiare un pesce e farlo magicamente trasformare in un ragno in grado di bloccare i nemici con le ragnatele, oppure trasformarlo in un granchio corazzato ed in grado di assorbire molti più danni. Comunque bisogna tenere presente che alcuni pesci “mutageni” hanno un effetto limitato nel tempo, e sappiate che, nel caso in cui il vostro pet sia impegnato per una vostra commissione presso il campo base, il timer verrà stoppato, in modo tale da non farvi perdere alcuna parte dell’intero bonus. Le combinazioni sono svariate e serve solo tanta sperimentazione. Per quanto riguarda gli incantesimi invece, potranno essere appresi anche dal nostro PG (sempre 4 al massimo) e svolgeranno il ruolo di vere e proprie skill aggiuntive da poter usare attivamente o passivamente. Essi variano dal lancio di una palla di fuoco o di ghiaccio, all’aumento delle resistenze, fino al donarci bonus sul drop rate o aumentare i danni che provochiamo con un certo tipo di arma. Lo stesso vale per il nostro pet, con la sola differenza che sarà la IA a decidere quando dovrà usare un certo incantesimo offensivo oppure di supporto (molto utili sono quelli di cura, per esempio). Oltre a tutto ciò, le sue mansioni non si limiteranno al solo supporto in combattimento, ma, come già accennnato poc’anzi, potremo anche chiedergli di recarsi al campo base per comprare nuove pozioni o pergamene, oltre che usare il suo inventario per vendere gli oggetti di cui non abbiamo bisogno. Non va dimenticato, inoltre, che sono immortali e che in caso di temporaneo azzeramento dei loro punti vita si allontaneranno per qualche secondo dalla battaglia, tornando dopo un po’ più agguerriti che mai. È sicuramente un aspetto molto piacevole di Torchlight 2, che vede i nostri affettuosi compagni come pedine fondamentali per la gestione tattica dei combattimenti, e molto spesso potranno anche salvarci la pelle se sapremo come usarli a dovere.

 

Il nostro pet sarà un compagno fedele ed in grado di salvarci la pelle in non poche situazioni…a patto di crescercelo bene.

 

Menare mazzate è terribilmente noioso? Non in Torchlight 2!

Diciamoci subito una verità: il solo fatto che un Hack’n’Slash poggi la quasi totalità del suo concept sul “menare mazzate staccando il cervello” è un argomento spesso frutto di discriminazioni verso questo genere. Il punto non è tanto se il concept in sé sia sbagliato a prescindere o se la formula sia terribilmente banale e semplificata. Il punto piuttosto è se esistano diversi gradi di profondità e lettura, ed infatti un sistema simile può essere impostato anche in modo tale da non sembrare ripetitivo, semplificato e (a lungo termine) tremendamente noioso. Runic si è impegnata moltissimo su questo aspetto e non a caso vi assicuro che in questo Torchlihgt 2 lo sterminio di massa è quanto di più divertente si sia mai visto in tanti anni di esponenti che cercano invano di focalizzarsi su questa pratica. Ma partiamo dall’interfaccia, che si presenta in modo classico con la comodissima quickbar in basso, circondata in ordine (da sinistra a destra) dall’indicatore dei punti vita, da una barra speciale ed unica per ogni classe e dall’indicatore del mana. In alto a destra avremo la minimappa (che può ingrandirsi, anche se risulta scomodo il fatto che sia poco trasparente e rischi di coprire buona parte dello schermo), in alto a sinistra il menu per il nostro pet, ed ai due lati le icone per gli attributi, le skill e l’inventario. Tralasciando le tipiche funzioni di HP e Mana (che verrà sfruttata per usare le varie skill), la vera novità sarà la barra speciale posizionata in basso al centro. Si tratterà di una barra che si riempie man mano che attacchiamo i nemici e che può dar vita a bonus, attacchi speciali e potenziamenti di vario genere. Ognuna delle 4 classi potrà sfruttarla in modo diverso: per esempio il Berserker potrà andare in uno stato di furia e potenziare temporaneamente i suoi attacchi speciali quando avrà la barra piena, oppure l’Outlander riceverà un aumento della velocità di attacco e movimento. Tutto questo verrà ben sfruttato attraverso un gameplay tipicamente punta & clicca, con visuale isometrica (zoomabile ma non ruotabile) ed il tipico uso di mouse e tastiera per attaccare i nemici con attacchi base o con le skill collegate alla quickbar (dove ci sono i consueti numeri da 1 a 9 legati a singoli slot). Puntando su un nemico con i tasti del mouse vedremo partire un attacco, puntando sul terreno vedremo muovere il nostro PG, mentre con l’altra mano potremo attivare le skill nella quickbar. Purtroppo ci sono diversi piccoli bug ed imprecisioni del sistema di puntamento che intaccano in parte la semplicità di esecuzione, soprattutto quando sfruttiamo attacchi a distanza (dove a volte invece di veder partire un attacco vediamo spostarsi il nostro PG, con conseguente rischio di subire un sacco di mazzate). Inoltre c’è da segnalare il solito problema che affligge il rapporto tra classi melee e ranged, dove le seconda danno sempre l’impressione di essere più avvantaggiate delle prime (poiché non devono per forza avvicinarsi ai nemici per arrecare danno). In linea di massima comunque, non si tratta di un problema così grave da danneggiarne la fruizione, ma una eventuale patch sarebbe davvero gradita.
Continuando ad analizzare il sistema di combattimento: va citato un altro aspetto non secondario, ovvero quello riguardante la sua impostazione, la quale non richiede quasi mai di “spammare a ripetizione” (e staccando il cervello) sempre lo stesso tipo di attacco. L’uso del cervello, e soprattutto dei riflessi, sono alla base della sopravvivenza in Torchlight 2, grazie soprattutto alla buona fauna di nemici in grado di usare un gran numero di abilità particolari ed attacchi speciali. A volte ci troveremo di fronte a piccoli esserini innocui all’apparenza, ma che improvvisamente si riveleranno mortali, grazie al loro uso continuo di attacchi in grado di bloccarci, stordirci, avvelenarci e infliggerci tanti altri tipi di status. Ben presto capiremo come sarà molto più saggio prima conoscere il tipo di nemico e solo dopo lanciarsi all’attacco sfrenato. Buttarsi nella mischia senza un minimo di tattica porterà solo ad una quantitativo di morti industriali, a meno che non si giochi ad un livello di difficoltà al di sotto del Veterano (dove le cose sono molto più abbordabili ed a portata anche di chi non mastica pane ed hack’n’slash). In alcuni frangenti si potranno avere anche non pochi problemi a notare i nemici di piccole dimensioni, soprattutto in fasi di gioco concitate e piene di effetti grafici ed esplosioni che rischiano di coprire totalmente la scena (col risultato che ci ritroviamo stecchiti senza capire nemmeno chi ci ha ucciso). In caso di morte avremo due scelte: ritornare al campo base senza spendere nemmeno un gold, resuscitare all’entrata dell’are in cui si è deceduti e perdere circa il 10% dell’ammontare totale del gold posseduto, oppure resuscitare nello stesso posto in cui è avvenuto il nostro decesso, ma con un conseguente dispendio di gold ancora maggiore. Sicuramente l’impostazione del concetto di “morte” non è il massimo e ci sono ben pochi incentivi a non fare il kamikaze suicida, soprattutto perché non c’è nemmeno l’usura dell’equipaggiamento e quindi non bisogna spendere gold nelle varie riparazione (tipiche di Diablo).

 

Una delle numerose e davvero impegnative Boss Fight offerte dal gioco. Non vi scoraggiate se dovrete ripeterle una decina di volte…prima o poi cadranno anche loro!

 

Ma vogliamo parlare delle boss fight? Forse, e non credo di esagerare, siamo di fronte ad alcune delle migliori boss fight che si siano mai viste in questo tipo di giochi. Parliamo di Boss mai statici, terribilmente dinamici, pieni di attacchi speciali in grado di infliggere diversi malus, in grado di evocare minion a quintali, ed addirittura in grado di sfruttare parti dell’ambiente a proprio favore. Alcuni di questi aspetti si erano già visti in alcune boss fight di Diablo III, ma la bravura di Runic consiste proprio nell’esser stata in grado di andare oltre quei già buoni livelli di sfida, arrivando a mettere sul tavolo degli scontri che richiedono di muoversi in continuazione, di stare attenti alle trappole sparse per l’area in cui si svolge la battaglia, di evitare di farsi soverchiare dal numero di minion evocati e, al tempo stesso, di focalizzarsi comunque sul boss, finché non vedremo azzerata la sua barra di vitalità. Il tutto, credetemi, è magnificamente dinamico ed appagante, soprattutto quando poi ti vedi lasciare a terra una quantità industriale di gold ed oggetti di alto livello. Forse manca un pizzico di epicità, o forse manca quel pizzico di caratterizzazione che Blizzard ha sempre saputo cucire magistralmente attorno alla figura dei boss (vedesi il leggendario The Butcher, o Mephisto, Bhaal e Diablo). Ma tutto questo viene ampiamente bilanciato da un tale livello di dinamicità che davvero nemmeno vi fermerete a pensarci, tanto che sarete occupati a non farvi trucidare.
Combattere sarà sicuramente il focus del gioco, ma tra un massacro e l’altro, e le tante ore passate a decidere se un’arma o una skill siano meglio di un’altra, avremo anche la possibilità di sperimentare fasi di esplorazione in cui dovremo risolvere un piccolo enigma, oppure seguire un cerchio di luce al di fuori del quale vedremo risucchiata in pochi secondi la nostra barra di vitalità. Chicche come queste contribuiscono ulteriormente a non rendere ripetitivo e noioso il gameplay di Torchlight 2, accusa che spessisimo viene rivolta a tanti altri Hack’n’Slash.

Ne resterà soltanto uno: Diablo III vs Torchlight 2!

Non me ne volete, ma poteva mai mancare una sfida finale tra i due colossi che, di fatto, si contendono il trono di miglior Hack’n’Slash di questa generazione? No, non potevo esimermi dal farlo, soprattutto dopo averlo tirato in ballo un rigo sì e l’altro pure.
Abbiamo già ampiamente parlato di Diablo III in una precedente recensione e tralasciando il voto finale debbo ribadire che la delusione (che ancora oggi scotta) è legata proprio alla concezione con cui Blizzard ha deciso di impostare tutto il gioco. Una concezione spudoratamente piegata a concetti che con il “divertimento” hanno ben poco a che spartire, concetti che invece lasciato molto più spazio a regole e leggi di marketing che si sposano magari ad un World of Warcraft, ma molto meno bene ad un hack’n’slash puro, e non vanno certo a favore di chi spende 60$ aspettandosi un degno erede del fenomenale Diablo II.
Andando al succo: qual è stata la furbizia ed intelligenza di Runic? Semplice, non fare gli stessi errori di Blizzard, non piegare il loro concept a leggi di mercato invasive e soprattutto lasciare libertà di scelta all’utenza, in modo tale da permettere a diverse tipologie di giocatori di approcciare nel modo che meglio ritenevano essere adatto ai propri gusti. E così han fatto. Fermo restando che in questi giorni la stessa Blizzard sta nettamente correndo ai ripari (fuga di utenti?), annunciando una mega patch che andrà ad aggiustare molti degli aspetti che gli sono stati criticati in tutti questi mesi, ma ci sono nette differenze da citare in questo confronto. Cercherò di elencarne alcune, nei limiti del possibile e dando comunque per scontato che non voglio del tutto affosare il colosso di Blizzard (che ho lodato in altra sede ed a suo tempo in quegli aspetti in cui resta comunque superiore a Torchlight 2).
La prima differenza enorme è proprio nel lancio del gioco e nella scelta del tipo di DRM. Blizzard ha puntato su un DRM molto, ma molto invasivo e che richiede un online perenne per poter giocare (anche in single player). Runic si è affidata a DRM come Steam, rendendo obbligatoria solo l’attivazione online ma non richiedendo una connessione perenne anche per il single player. Blizzard ha puntato su una formula molto più vicina ad uno pseudo-MMO finalizzato a creare una competizione di massa tra milioni di utenti online. Runic ha messo da parte competizioni PvP ed ha puntato ad una tipologia di feeback incentrata sul divertimento in coop tra amici, più che tra rivali. Blizzard ha piegato uno dei migliori aspetti che rendevano memorabile Diablo II (il famoso “drop fate” e conseguente “premio in loot”) a favore delle aste online, cosa che ha castrato molte delle possibilità di riuscire a proseguire nel gioco con solo gli oggetti che i nemici rilasciavano a terra e costringendoci quasi a dover usare puntualmente le aste per “fare la spesa”. Runic non ha commesso lo stesso errore, non ha inserito aste, non ha castrato il drop rate, ma ha puntato su una formula funzionale al proseguimento nel gioco ed all’aumento della difficoltà. Blizzard ha mantenuto rigida la formula dei livelli di difficoltà tipica di Diablo, dove siamo obbligati a partire dal livello normale per poi sbloccare mano mano il livello incubo, Abisso ed Inferno. Runic ha lasciato la libertà di scelta tra 4 livelli di difficoltà, senza per forza dover passare prima da quello inferiore a quello superiore. Blizzard ha cambiato totalmente la concezione della crescita delle abilità delle varie classi, trasformando una formula in cui si aveva la libertà di costruirsi un numero pressappoco infinito di build uniche a favore di uno skill system in cui è il sistema a decidere come aumentano gli attributi primari e come vengono rese accessibili le varie skill attive e passive. Runic, anche qui, ha lasciato questa libertà di scelta nelle mani dei giocatori. Blizzard ha creato un sistema chiuso, dove loro controllano tutto e tutti sui server interni e dove non c’è spazio per il modding. Runic ha fatto l’esatto contrario, senza nemmeno porsi il problema del famoso “cheating online”, visto che la concezione di cooperazione è fondata su partite tra amici e non contro rivali da battere in PvP. Blizzard ha puntato su un prezzo maggiore rispetto ai classici 49 euro che quasi ogni gioco per PC propone alla sua data di rilascio e, non contenta, ha inserito sistemi di monetizzazione a lungo termine che sembrano molto vicini ad una sorta di sostituzione del classico “abbonamento mensile” tipico dei MMORPG alla World of Warcraft. Runic ha puntato su un prezzo competitivo di solo 19 euro, senza sistemi di monetizzazione secondari e riuscendo ad offrire una quantità di contenuto (e soprattutto una qualità) che non è affatto inferiore a quella offerta dal colosso Blizzard. Blizzard ha puntato su controlli massicci in caso di hacking e cheating, ma è stata comunque presa d’assalto (causando non pochi problemi all’utenza). Runic ha evitato il pericolo alla radice, non incentrando il gioco su un sistema con cui si è effettivamente in grado di produrre denaro reale (vedesi i numerosi casi di hacker che violando account di Diablo III sono riusciti a mettere in funzione una serie di autobot finalizzati all’accumulo di gold ed oggetti da rivendere a valuta reale nelle aste).

 

Sfida all’ultimo click: chi vincerà? Blizzard oppure i suoi ex dipendenti?

 

Sinceramente potrei continuare per ore, ma non mi dilungo oltre, anche perché credo di aver reso abbastanza bene l’idea di come ci troviamo di fronte a due filosofie che partono da basi identiche ma poi le sviluppano quasi agli antipodi. Chi tra i due sia il più divertente ovviamente lo decide l’utente finale, basandosi su proprie aspettative e preferenze, ma che il primo abbia castrato buona parte dei suoi punti di forza ereditati dal passato, e che il secondo invece abbia preferito puntare su un loro miglioramento ben tangibile, è un evidente segnale di come Blizzard e Runic abbiano due visioni totalmente diverse di quale sia la strada da far intraprendere al genere Hack’n’Slash. Sicuramente sono due giochi che puntano su una tipologia di utenza che ha in comune la passione per il genere, ma se approfondiamo oltre la superficie scopriamo che una comune passione possa ugualmente differenziare in modo sostanziale nella finalità con cui viene praticata. Chi ama la sfida a lungo termine, il PvP, la competizione tipica di giochi incentrati sull’online, e non è infastidito dalle castrazioni subite da certi aspetti in favore delle aste, sa che deve volgere lo sguardo verso Diablo III e magari chiudere più di un occhio su diverse scelte opinabili rispetto al suo glorioso passato. Mentre chi ama coop tra amici, niente online perenne, una formula classica ma ugualmente migliorata e sotto certi punti di vista anche innovata, capace di mantenere sempre alto il feeback trasmesso dal massacro di nemici e la raccolta di oggetti utili, ed addirittura aperto a qualsiasi tipo di modding, sa che dovrà rivolgersi a Torchlight 2.
In definitiva: è un pareggio? Dipende dalle finalità, come appena spiegato. È fuori discussione che la natura stessa di un hack’n’slash classico, non si sposi del tutto a pennello con la natura di uno pseudo-MMO. Ma è altrettanto fuori discussione che, tra i due, colui che garantisce il feedback più vicino a ciò che ha reso grande Diablo II è Torchlight 2, non il colosso Diablo III. Le ragioni le ho sviscerate lungo tutta questa recensione, oltre che in quella di Diablo III, ma se serve un ulteriore approfondimento allora non posso che porvi il seguente quesito: secondo voi da cosa deriva la gran parte del divertimento nel giocare un Hack’n’Slash? Basterà rispondere a questa semplice, ma non banale, domanda per capire a quale dei due rivolgersi, date le fin troppo note premesse.

 

Ogni classe ha un ottimo numero di skill a disposizione…e se fate incazzare il Berserker saranno dolori!

 

 

L’incoronazione definitiva?

Non ho alcun problema nel dire che siamo di fronte ad una perla di rara bellezza ed uno dei migliori Hack’n’Slash che ho avuto la fortuna di provare. Torchlight 2 offre davvero tutto quello che un amante del genere possa chiedere e lo fa con una classe che solo chi in passato ha dato vita alla leggenda di Diablo è in grado di sfruttare così bene. Tante ore di divertimento, combattimenti dinamici, uso di un po’ di cervello, boss fight varie e divertentissime, drop rate appagante, locazioni mai ripetitive e skill system che per essere sviscerato nella sua totalità richiederà forse anni di gioco e sperimentazioni attraverso le varie build disponibili. In pratica è un po’ come prendere in mano Diablo II nell’era moderna, cambiargli veste, togliere un po’ del suo leggendario carisma, ma in compenso innovarlo in alcuni aspetti ormai vecchi e rendere il tutto di un dinamismo spaventoso e di una freschezza ed immediatezza che finalmente vanno verso una direzione promettente. Avrete tra le mani Torchlight 2 e potrete davvero dire addio a buona parte delle vostre povere ore di sonno.
Non posso che consigliarlo a chiunque ami il genere e, soprattutto, ai delusi da Diablo III e da tutte le aspettative che per circa 10 anni si è portato dietro. Le meccaniche su cui poggia sono dannatamente curate e pur non rivoluzionando totalmente il genere, almeno riesce a portare una bella ventata di aria fresca in molti aspetti obsoleti e fermi da troppo, troppo tempo. E sì, ora posso finalmente dirlo con una certa soddisfazione: Blizzard prendi nota e togliti il cappello… Runic se lo merita.

IL VERDETTO

9
A CHI POTREBBE PIACERE?
A i delusi da Diablo III e gli amanti degli Hack'n' Slash che seguono la filosofia di Diablo II.
PRO
  • Prezzo competitivo
  • Migliora gli aspetti del primo
  • Boss Fight varie ed impegnative
  • Ottima longevità grazie al modding
  • Drop Rate molto appagante
CONTRO
  • Alcune imprecisioni nel puntamento
  • Skilltree non
  • Mancanza del PvP

DATI DEL GIOCO

Piattaforme: Windows

Sviluppatore: Runic Games

Distributore: Runic Games

Data di uscita: 20/09/2012

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PEGI: 12+

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Webdesigner e grafico per hobby, troll di professione. Gli è apparso in sogno il suo unico Dio (Chris Avellone) e da quel giorno pensa di essere il suo araldo. Se ne va in giro per forum e social network a predicare il “Verbo del Sacro Ruolismo” e portare un barlume di speranza nei luoghi in cui Bioware e Bethesda hanno lasciato solo macerie.