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Recensione Shadowrun Returns 2016-11-27T11:24:39+01:00
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    Recensione Shadowrun Returns

 

KICKSTARTER E LE ASPETTATIVE DEL CROWDFUNDING

Quando ci si avvicina all’uscita di un nuovo RPG finanziato tramite Kickstarter molti di noi, che credono con convinzione nel successo di questa rivoluzionaria formula di finanziamento “dal basso”, sono carichi di aspettative e sperano nella buona riuscita di ogni progetto. Le ragioni sono svariate: investiamo dei soldi quasi “alla cieca”, siamo consapevoli della fragilità e dei limiti di un simile sistema, abbiamo il timore che non sempre si riesca a centrare gli obiettivi e, soprattutto, speriamo che il fallimento dei progetti importanti non porti ad una disastrosa reazione a catena, in grado di poter distruggere tutto ciò che di buono ha portato il boom del crowdfunding. I progetti che più di tutti sentono il peso di questa grande responsabilità sono quelli che hanno racimolato ingenti somme di denaro, ben oltre la cifra base richiesta  (alcuni esempi sono Wasteland 2, Torment Tides of Numenera o Project Eternity). Un altro di questi progetti su cui i riflettori sono ben piazzati è Shadowrun Returns, proprio perché è tra i primi “ad alto budget” (secondo i canoni del crowdfunding) che è stato rilasciato un paio di settimane fa su Steam. Questa bella patata bollente finita dritta nelle mani di Harebrained Schemes (che nell’aprile del 2012 è riuscita a racimolare circa 2 milioni di dollari, a fronte di un goal fissato a 400,000$) ora verrà giudicata da una marea di redattori, backers e videogiocatori in generale. Dopo aver trattato con vari editoriali il tema di Kickstarter, sappiamo bene come questa rivoluzionaria formula si nutra principalmente del feedback dei backers e della fiducia verso gli sviluppatori, e la domanda sorge spontanea: ha deluso le aspettative che si sono create attorno al fenomeno del crowdfunding oppure è stato all’altezza del suo compito? Rispondere non è cosa facile, specie se si ha la consapevolezza di influenzare la risonanza mediatica e l’affidabilità di questo fenomeno, ma una cosa è certa: siamo di fronte ad uno di quei rari casi in cui ciò che è stato promesso (e ciò per cui abbiamo pagato in anticipo) è stato correttamente rispettato. Per qualcuno può sembrare il minimo sindacale, ma non è certo la prassi nell’odierno mercato videoludico.

 

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Durante le fasi di caricamento tra un’area e quella successiva, verrà narrato il proseguo della trama principale.

 

IL RITORNO DEL CYBERPUNK IN SALSA TOLKENIANA

Partiamo da una premessa doverosa e sgombriamo il campo da qualsiasi tipo di polemica o sospetto: io sono uno dei backers del progetto. Ora, prima che partano i cori “VENDUTO! PAGATO DALLA KA$TA! SKANTALO! SVELLIAH!!!”, vi invito a ragionare su cosa cambi ai fini del modus operandi di una recensione. In generale compri un gioco, lo giochi, lo giudichi e finisce lì. Col crowdfunding “backeri” un gioco, lo giochi, lo giudichi ed anche in quel caso finisce lì. Anzi, forse nel secondo caso i backers si sentono parte integrante della realizzazione del progetto (una sorta di “mini-publisher”) e con simili presupposti la delusione rischia di essere ancor più amplificata se per caso si scopre che alcune promesse non sono state mantenute. Sgombrato il campo dai dubbi, passiamo alle presentazioni.
Shadowrun è un GDR cartaceo nato nel 1983 dalla mente di Jordan Weisman. Per capire brevemente il tipo di setting di cui stiamo parlando vi dico: prendete Blade Runner, aggiungeteci un cataclisma che ha “risvegliato il mondo” modificando il DNA delle persone e dando vita alla nascita delle tipiche razze Tolkeniane (Elfi, Nani, Orchi e Troll), sostituite le nazioni con delle mega corporazioni pseudo-mafiose, i “piani alti” con Elfi e Draghi (sì, i draghi qui sono come i banchieri del Bilderberg: la KA$TA!), i “piani bassi” con le restanti razze (Umani compresi), mescolate tutto con sparatorie, tecnologie futuristiche, hacker che entrano in Matrix (non quello dei film, ma un cyberspazio in cui poter sfruttare le proprie doti di “hackeraggio”), mostri, non-morti, magie, spiriti e quant’altro, piazzate la figura degli “Shadowrunners” (sorta di mercenari che segretamente svolgono missioni, chiamate appunto “Run”, a pagamento) nel bel mezzo di tutto questo bel casino, e tirateci fuori un cocktail a base di cyberpunk, fantasy e noir. Questo è il bizzarro mondo di Shadowrun. Giusto a titolo informativo vanno citati ben 4 trasposizioni videoludiche di questo setting (non tutte brillantissime), precedenti al rilascio di Shadowrun Returns (i più “attempati” probabilmente ricorderanno il primo capitolo per SNES).
In questo bizzarro contesto si svolgerà la prima campagna ufficiale disponibile per Shadowrun Returns: Dead Man’s Switch. Uso non a caso il termine “prima campagna ufficiale” perché la natura di questo progetto è modulare, ovvero grazie ad un editor di contenuti (appositamente creato per l’evenienza) sia gli sviluppatori che i modder amatoriali potranno creare una serie infinita di nuove campagne da provare, in pieno stile Neverwinter Nights, per capirci. Dead Man’s Switch ci farà indossare i panni di un Runner che all’inizio del gioco riceverà una misteriosa video-chiamata da parte di un suo vecchio compagno di ventura (Sam Watts). Questa tipologia di chiamata ha un significato ben preciso nel mondo di Shadowrun: quando una persona sa di essere in pericolo di vita lascia un ultimo messaggio e lo indirizza a qualcuno di cui si può fidare, come se fosse una sorta di testamento. In pratica si attiva quando il mittente muore e la richiesta viene inoltrata al destinatario prestabilito. Nel nostro caso la richiesta è semplice quanto ostica: indagare sul suo omicidio, scovare l’assassino e fargliela pagare a tutti i costi, in nome della vecchia amicizia che ci legava e di un debito che avevamo nei confronti di Sam. Come input narrativo iniziale potrebbe sembrare qualcosa di troppo selettivo (per soli PG vendicativi o giustizieri), ma vi assicuro che il proseguo del plot lascia ampio spazio a varie interpretazioni di questa motivazione e pur non comprendendo chissà quanti “ruoli”, la main quest permette lo sfruttamento di un certo ventaglio di interpretazioni in un contesto dall’atmosfera molto “noir”.

 

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Ecco come nasce uno Shadowrunner.

 

LA DURA VITA DI UNO SHADOWRUNNER

All’inizio del gioco ci verrà chiesto di creare il nostro Runner, scegliendo tra sesso, razza e classe. Le razze prevedono Umani, Elfi, Nani, Orchi e Troll (no, niente draghi di Bilderberg, mi spiace), mentre le classi saranno Mago, Rigger, Decker, Street Samurai, Sciamano, e Adepto. Ognuno di questi archetipi di classi avrà un set di skill preconfezionato: il Mago userà incantesimi ad area offensivi e difensivi; il Rigger sarà una sorta di esperto di tecnologia che sfrutterà droni da combattimento sia contro i nemici che in alcune particolari situazioni esplorative (potremo farli passare attraverso dei condotti, per esempio); il Decker svolgerà il ruolo del classico Hacker in grado di entrare ed uscire dalla Matrice, sferrando micidiali attacchi informatici ai sistemi di sicurezza; lo Street Samurai sarà un misto tra amante delle armi da fuoco pesanti alternate all’uso di armi da taglio; lo Sciamano avrà come prerogativa gli incantesimi curativi e la possibilità di evocare totem o spiriti incazzati col mondo; infine l’Adepto sarà una sorta di Ken il Guerriero che ammazza la gente a calci e pugni. Se nessuno di questi archetipi vi va a genio, in alternativa potremo crearci una classe customizzata, spendendo a nostro piacimento i punti abilità (denominati “Karma” e guadagnabili completando le varie quest) sia negli attributi principali (Strength, Quickness, Intelligence, Willpower, Charisma e Body) e sia nelle skill collegate a ogni attributo (non potremo alzare una skill oltre il valore dell’attributo che la influenza). Concluderemo la fase di creazione del nostro Runner scegliendo il ritratto, il suo look ed il nome. Un particolare da far notare è la gestione dell’attributo Carisma: oltre ad influenzare il lancio di incantesimi degli Sciamani, questo attributo sbloccherà diversi rami di dialogo speciali (molto più frequentemente rispetto agli altri attributi) e ci darà accesso alle “Etichette”, sorta di “argomenti speciali” su cui il nostro Runner potrà mostrare la sua preparazione nelle fasi dialettiche. Gli argomenti sono precisamente 7: Corporate, Security, Gang, Socialite, Shadowrunner, Street ed Academic. Se qualcuno di voi ha presente il tipo di stat check usate in Age of Decadence, qui lo sfruttamento di queste etichette è simile e ci darà accesso a risposte precluse a tipologie di Runner che non hanno acquisito simili “conoscenze” (e di solito gli approcci migliori si sbloccano proprio con questi rami di dialogo speciali). Chiusa la fase di creazione del nostro PG principale si partirà con la campagna ufficiale, ambientata in una Seattle futuristica ed introdotta da un breve flashback, che fungerà anche da tutorial e ci mostrerà i rudimenti base del gameplay: fasi esplorative, fasi di dialogo, e fasi di combattimento a turni tattici.

 

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L’interfaccia è pulita, essenziale, per nulla invasiva, ma pecca della mancanza di qualche piccolo dettaglio che sarebbe stato meglio spiegare con una consueta finestra di popup.

 

ESPLORAZIONE AI TEMPI DELL’OPEN WORLD E SAVE SYSTEM DA MANICOMIO

Le fasi esplorative saranno gestite da una visuale isometrica statica (il classico “volo d’uccello”) ed i movimenti dal classico metodo del “punta & clicca”, con cui controlleremo solo il nostro PG principale (i compagni del party ci seguiranno, mentre avremo il loro controllo solo nelle fasi di combattimento). Si capisce sin dal principio che una simile impostazione strizza l’occhio ai vecchi RPG “Old School” in grafica 2D, quasi come una sorta di tributo, e per questo motivo non aspettatevi molto dall’esplorazione: niente free roaming, niente routine avanzate degli NPC, nessuna simulazione di “microcosmo sociale”, e pochissime interazioni con ambiente ed oggetti. Tutto è ridotto all’essenziale e molto probabilmente questo sarà uno dei difetti che maggiormente peserà agli occhi di chi è abituato alle moderne impostazioni dei titoli “tripla A”, ma non tanto per il fatto che ormai ci sia la moda degli “Open World” (senza il quale spesso molti utenti si sentono in diritto di doversi lamentare), quanto per la forzatura esagerata a cui porta uno schema così rigidamente lineare e sequenziale. Eppure di RPG lineari, claustrofobici e non “aperti” ce ne sono tanti in giro, ma Shadowrun Returns esagera: non potremo esplorare liberamente le aree di gioco (di dimensioni molto limitate e collegate dai classici trigger di transizione), non potremo alterare l’ordine con cui accedere a nuove aree, e per proseguire dovremo o portare a termine il compito per il quale siamo stati mandati in una data area, oppure raggiungere il trigger di transizione all’area successiva. Non sarà possibile nemmeno tornare in un’area precedentemente esplorata, quindi prima di abbandonarla conviene sempre parlare con tutti gli NPC presenti e interagire con i pochi oggetti che vengono resi interagibili attraverso un’icona a forma di lente di ingrandimento. Questo schema tipicamente “story-driven” azzera i tempi morti o il cazzeggio e si focalizza interamente su una sequenza di missioni in pieno stile “mercenario” (proprio come avviene nel cartaceo), spingendoci obbligatoriamente a proseguire la main quest ed offrendoci giusto qualche piccola deviazione rappresentata da quelle poche side quest presenti. A livello di longevità una simile scelta ne risente parecchio e per concludere la main quest non si impiegheranno più di 10 (massimo 15) ore di gioco. Anche qui molti storceranno il naso, ma nonostante tutto va comunque segnalata la correttezza degli sviluppatori, che avevano preannunciato una prima campagna dalle dimensioni limitate. A questo proposito sono già a lavoro su una seconda campagna (tramite DLC), ambientata a Berlino, molto più corposa e che vedrà la luce nei prossimi mesi (sarà gratuita per i backers del progetto su Kickstarter).

 

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Le aree di gioco sono minuscole, ma l’atmosfera che viene trasmessa da alcune descrizioni della scena a volte ci fanno dimenticare questa opinabile scelta di level design.

 

Un aspetto che però proprio non sono riuscito a mandare giù in questa impostazione “ad area” è il sistema di salvataggio: il gioco non prevede alcun salvataggio libero o quicksave e la partita viene salvata in uno slot solo quando accediamo ad una nuova area. Mi sono onestamente chiesto come sia possibile concepire un simile sistema nel 2013, soprattutto quando si muore in un combattimento e si è costretti a ripetere interi pezzi di gioco già svolti. E no, non parlo di qualcosa in stile Dark Souls (che era un’altra scelta azzardatissima e opinabile per diverse ragioni condivisibili), ma parlo proprio di situazione in cui, per esempio, dopo aver parlato con 5 NPC, aver superato un paio di combattimenti ed aver trovare un paio di oggetti, può capitare di beccarsi un bel Game Over (che arriva solo quando muore il nostro PG principale) e dover ripetere non solo l’ultimo combattimento, ma anche tutto il resto, come se non avessimo fatto nulla. Capirete anche senza toccarlo con mano che una scelta simile ha davvero poco senso in un gioco dove è possibile morire per colpa di una tremenda botta di sfiga (tipo quando in una sparatoria ti becchi un colpo critico che ti infligge danni mostruosi e non puoi fare altro che bestemmiare e ricaricare).

QUANDO IL WRITING VALE PIU’ DI MILLE CUTSCENES MODERNE 

Le fasi di dialogo seguiranno il classico schema “a ramificazione”, con una finestra che conterrà il ritratto dell’interlocutore, ciò che sta dicendo, l’eventuale descrizione della scena (non ci sono cutscenes in stile moderno) e le risposte che potremo scegliere attraverso il nostro PG. In media avremo quasi sempre da 2 a più risposte da dare, con rami speciali che saranno evidenziati solo nei momenti opportuni (a patto di superare la check sull’attributo chiamato in causa o sull’etichetta). Sin dalle prime battute noteremo subito uno degli aspetti che personalmente reputo essere tra i più curati del gioco: il writing. Gli autori hanno dimostrato che anche in contesti molto limitati è possibile tirare fuori dialoghi di ottimo livello, a patto di avere nel team scrittori degni di tale nome. La qualità si noterà non solo a livello di mera narrazione della trama (che parte benissimo nelle fasi iniziali piene del fascino “noir”, ma poi si perde un po’ in quelle finali, quando subentrano aspetti maggiormente fantasy), ma soprattutto a livello di caratterizzazione di NPC e compagni, con pochissime presenze di riempimento o sottotono (nota di merito per Harlequin, personaggio leggendario nel lore del GDR cartaceo, che anche in questa campagna non delude le aspettative sulla sua particolare caratterizzazione). Certo, non ci troviamo di fronte ad un Planescape Torment o ai livelli di scrittura di sviluppatori come Chris Avellone, ma il risultato finale è davvero molto apprezzabile anche per chi è abituato a standard superiori. I non anglofoni saranno abbastanza scoraggiati da uno stile di scrittura abbastanza ricercato, poiché per adesso l’unica lingua offerta è quella inglese, ma niente paura: è stata già annunciata una traduzione italiana nei prossimi mesi (uscirà in concomitanza con la versione per Linux), quindi basta portare pazienza se si trova troppo ostica la comprensione.

 

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Anche il leggendario Harlequin farà la sua comparsa in Shadowrun Returns.

 

La fase di dialogo non servirà solo ad interagire dialetticamente con gli NPC, ma verrà sfruttata anche per risolvere quest in modi diversi, per evitare la violenza o per avere accesso a informazioni e approcci che verranno resi disponibili a seconda della tipologia di Runner che ci siamo creati. Non sarà possibile superare diplomaticamente ogni situazione, quindi ogni tipologia di PG avrà i dei pro e contro da gestire, soprattutto nei casi in cui (verso le fasi finali del gioco) l’unica soluzione sarà proprio quella della violenza diretta. A tal proposito è consigliabile spendere in modo ponderato i punti Karma guadagnati, onde evitare di ritrovarsi in situazioni in cui il nostro PG potrebbe risultare alquanto inutile. Per capire meglio vi faccio dei brevi esempi: se puntate su un Decker sarà utile alzare le sue skill di Hacking, visto che in diverse situazioni potrete sfruttarlo come incursore nella Matrice per attaccare i sistemi di sicurezza, evitandogli le sparatorie (da gestire con i restanti componenti del party); se puntate su un Rigger converrà alzare la skill che gestisce l’uso dei droni, in modo da poterli mandare in prima fila nei combattimenti; se puntate su uno sciamano potrete usarlo come guaritore in seconda fila, ma al tempo stesso colmare le sue lacune “melee” evocando degli spiriti, e via di seguito con altre casistiche. Un simile ventaglio di strategie e tattiche fa notare valorizza l’impegno speso nel dare un peso quasi ad ogni singola skill presente nella scheda del personaggio e soprattutto alla libertà di approccio sfruttabile. Un altro esempio che potrei farvi, per dimostrare la cura investita, riguarda proprio le fasi di hacking nella Matrice: in questa sorta di cyberspazio il nostro Decker si muoverà attraverso un avatar virtuale  (ogni 3 turni valgono un turno nel mondo reale) e dovrà superare i sistemi di difesa o altri Decker che faranno di tutto per impedirgli di accedere ai vari nodi informatici (con cui potremo prendere il controllo di torrette, telecamere, porte, ascensori e altro). In questo mondo virtuale potremo sfruttare a pieno le skill esclusive del Decker e ci saranno diversi casi in cui dovremo agire in contemporanea anche nel mondo reale, con tanto di fase di difesa del Decker impegnato ad attaccare i sistemi di sicurezza (queste sono le fasi dove è richiesta un’ottima preparazione strategico-tattica).

 

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Avere accesso a rami di dialogo speciali ci permetterà di risolvere alcune situazioni in modi alternativi.

 

Per quanto riguarda le reazioni degli NPC c’è poco da citare, vista la totale linearità della main quest, la mancanza di una simulazione sociale e la scarsa presena di reali bivii con cui poter arrivare ad un finale alternativo. Nonostante tutto, per via del già citato comparto di writing davvero ben curato, la linearità assume comunque un peso relativo se ci si approccia al gioco con la consapevolezza di avere a che fare con un RPG che prima di tutto vuole narrare una storia, pur senza decorarla di scelte/conseguenze pesanti e libertà esplorativa.

 

SE QUALCUNO È DISPOSTO A PAGARE, UN RUNNER È DISPOSTO A SVOLGERE IL LAVORO

La vita da Runner è dura e le missioni che ci verranno affidate saranno di vario tipo. L’importante è che ci sia sempre qualcuno disposto a pagarci. Ma prima o poi ci capiterà quella situazione dove la dialettica non sarà sufficiente e servirà chiarire le idee degli interlocutori con le maniere forti, chiamando in causa la componente strategico-tattica. I combattimenti si svolgeranno a turni tattici e ogni nostro componente del party avrà da 2 a 4 Punti Azione (AP) da spendere. Prima di ogni missione potremo decidere quanti compagni portarci dietro (da 2 a massimo 4), selezionandoli (previo pagamento per la prestazione) da una lista di Runner. Questa fase strategica si svolgerà quasi sempre nel Seamstresses Union (una sorta di locale gestito da una delle fazioni di gioco che fungerà da hub principale) e richiederà una gestione ponderata delle nostre finanze (anche se alla fine di ogni missione verremo talmente ben compensati da non sentire mai la mancanza di denaro). Per le ragioni di cui vi parlavo poche righe fa questa fase assumerà un certo peso, poiché ci saranno missioni in cui sarà richiesta la presenza quasi obbligatoria di determinati tipi di Runner, senza i quali la situazione rischierebbe di diventare molto complicata. Sul campo di battaglia il tempo si fermerà e potremo spostare le nostre “pedine” su caselle quadrate che ci mostreranno il raggio di azione sfruttabile in base al numero di AP a disposizione. Ogni turno ci permetterà di muovere (senza un ordine prestabilito) tutti i componenti del party, per poi passare la mano agli avversari. È quindi indispensabile non sottovalutare alcuna mossa e soprattutto sfruttare un aspetto cardinale come le coperture. A livello pratico quando ci piazzeremo dietro ad un oggetto o parete guadagneremo un bonus al nostro valore di difesa, riducendo sia la probabilità di essere colpiti e sia i danni subiti. È consigliabile non restare mai scoperti sotto il fuoco nemico e “sprecare” un punto AP per piazzarsi in un luogo da cui poter attaccare in piena sicurezza.

 

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Ogni AP speso nelle fasi di combattimento potrà decretare il nostro successo o un prematuro fallimento.

 

La fase di attacco si svolgerà puntando il mouse su un avversario, azione che farà comparire la percentuale di successo della mira in base alle nostre skill ed al tipo di attacco che vogliamo sferrare (armi da fuoco, esplosivi, incantesimi, armi da taglio, mani nude, ecc…). I consueti calcoli in background faranno il resto e ci diranno se l’attacco è andato a buon fine o meno. Nel caso di incantesimi ed evocazioni avremo un tempo di cooldown da rispettare e se decideremo di anticiparlo perderemo punti salute (all’azzeramento dei quali il personaggio si accascerà inerme a terra ed avremo solo 3 turni per poterlo curare, altrimenti lo perderemo). Per i più tattici ci sarà l’opportunità di sfruttare un comando speciale chiamato “Overwatch”, che permetterà al nostro personaggio di spendere tutti gli AP, indirizzare i suoi attacchi verso una zona precisa dell’area di combattimento (attraverso un cono di colore arancione) e sferrare una sorta di “attacco di opportunità” non appena un nemico entrerà nella sua linea di visuale (tattica molto utile per infliggere danni extra ai nemici che entrano da una porta chiusa o da dietro un angolo, per esempio). Come supporto tattico avremo anche una serie di abilità passive in grado di buffare/debuffare le nostre skill, la percentuale di mira, i danni e tanto altro, dando vita a un comparto tattico davvero piacevole da sfruttare. Tutto questo viene ulteriormente reso piacevole dalla possibilità di aggiungere innesti cibernetici al corpo del nostro Runner (per ogni innesto consumeremo dei punti “Essenza” che  aumenteranno i tempi di cooldown di alcune skill attive), innesti in grado di potenziare la vista, i danni inferti, i punti vita, la resistenza ed altre variabili molto utili in combattimento.

 

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Le skill sono influenzate dal valore degli attributi, ma per aumentare tale valore avremo bisogno di completare le missioni assegnateci ed accumulare punti Karma.

 

La pecca che mi sento di denunciare è la curva di difficoltà bilanciata in modo davvero poco ottimale: terribilmente facile fino a metà della main quest (anche se settato al livello di difficoltà massimo), tanto da spingerci a sfruttare pochissimo le variabili tattiche (colpa anche di una IA non certo eccelsa in diversi casi), per poi impennarsi di colpo verso le fasi finali (in cui viene fuori il meglio del combat system e delle varie situazioni che si sarebbero potuto sfruttare con maggiore frequenza). In pratica viene da chiedersi il motivo per cui non si sia puntato subito a tipologie di combattimento simili a quelle che ci vengono mostrate nelle fasi finali (davvero ottime), perché il risultato sarebbe stato molto più appagante sotto diversi punti di vista (soprattutto a livello di appagamento nello sfruttare diverse tattiche). Certamente non siamo di fronte ad uno Jagged Alliance o un X-COM, precisiamolo prima che si possa dar vita a fraintendimenti, ma il potenziale mostrato nelle fasi finali dimostra come si possa comunque raggiungere ottimi risultati pur senza avvicinarsi ai “mostri sacri”.
Sul fronte dell’interfaccia non ho molto da recriminare, perché si presenta abbastanza pulita ed in piena sintonia con le scelte artistiche ed il setting. Una critica però sento di farla alla mancanza di alcune voci per spiegare, per esempio, cosa comporterà la scelta di una determinata etichetta nella fase di creazione del personaggio, oppure a cosa servano determinati tasti posti nel classico menu che fungerà da quickbar. Infine una parolina sulle musiche va spesa: azzeccatissime, forse poco varie, ma in combo con un design artistico di tutto rispetto rendono davvero molto piacevole l’atmosfera di gioco e molto concitanti le fasi di combattimento (in pieno stile “elettronico”).

 

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Le fasi nella Matrice sono tra le migliori del gioco, soprattutto quando in contemporanea dovremo difendere il Decker dagli attacchi subiti nel mondo reale.

 

CONSIDERAZIONI FINALI

Arriviamo alla risposta che attendete dal primo paragrafo: ha deluso le aspettative che si sono create attorno al fenomeno del crowdfunding oppure è stato all’altezza del suo compito? *rullo di tamburi*Dal mio punto di vista di backer, Shadowrun Returns ha prima di tutto rispettato le promesse, cosa non da poco di questi tempi. In secondo luogo, pur con tutti i difetti ampiamente citati nelle righe precedenti, è stato comunque all’altezza del suo difficile compito, e non si può certo dire che si tratti di un progetto fallimentare. Infatti tutto quello che avevano promesso è stato inserito nel gioco e ciò che hanno potuto sperimentare nel breve periodo di sviluppo è stato in qualche modo mostrato. Al tempo stesso non va assolutamente nascosta quella sensazione di avere tra le mani un “assaggio” di tutto ciò che potrebbe ancora essere offerto, e non va messa da parte nemmeno la pesante critica alla troppa linearità della main quest, alla breve longevità che offre e soprattutto al ridicolo save system che, forse per colpa del caldo che da alla testa, si sono inventati. Tutto sommato, chi ha seguito l’evoluzione dello sviluppo del gioco attraverso i vari update su Kickstarter si è ritrovato in mano un qualcosa che corrisponde ai proclami annunciati, con la consapevolezza che uno degli obiettivi principali sarebbe stato soprattutto quello di offrire un editor in grado di creare nuovi contenuti e nuove campagne. Per quel poco che ho potuto smanettare con esso, posso affermare che di potenziale ce n’è parecchio, anche se non si tratta certo di qualcosa accessibile a tutti. Un esempio che voglio citare è la possibilità di creare aree molto più grandi della campagna base, senza essere costretti a spezzettare l’esplorazione in tante piccole aree claustrofobiche e spingerci ad una tipologia di linearità inutilmente forzata e sequenziale. Alla luce di queste osservazioni, nutro due speranze per il futuro. La prima è che si possa formare una community di modders seria, numerosa ed in grado di sfruttare a pieno tutto questo potenziale (soprattutto sul fronte dei dialoghi ramificati, magari amplificando il comparto di scelte e conseguenze). L’altra speranza la ripongo nel prossimo DLC ambientato a Berlino, in cui potrebbero inserire tutto quello che non sono riusciti a testare a dovere per Dead Man’s Switch (e vista la qualità degli scrittori, ho grosse aspettative sul comparto narrativo).

 

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Un Runner non accetta mai un lavoro senza garantirsi la sua fetta di torta.

 

Indi per cui, se siete dei backer del progetto non penso possiate lamentarvi più di tanto (e probabilmente lo avrete già spolpato a dovere), mentre se non avete contribuito alla campagna su Kickstarter e volete comunque capire se ne valga la pena o meno, posso solo dirvi di andarci preparati. I difetti ve li ho ampiamente elencati, così come i non meno importanti pregi, ergo sapete cosa aspettarvi e cosa no. Personalmente consiglio Shadowrun Returns agli amanti degli RPG a turni tattici, ai fan del GDR cartaceo (il setting, seppur bizzarro, merita parecchio a mio giudizio), e a coloro che sacrificano le fasi di free roaming in cambio di un writing di alto livello (merce rara negli odierni RPG del mainstream, purtroppo). Lo sconsiglio invece a chi non sopporta le forzature che nascono da un’impostazione drasticamente troppo lineare, a chi si aspetta una un alto tasso di longevità, ed a chi non se la sente di bestemmiare tutto il calendario per colpa di uno dei peggiori save system che siano mai stati ideati in un RPG.
Per coloro che sono interessati il gioco è acquistabile su Steam alla modica cifra di 13,99 euro e personalmente non mi resta che lasciarvi alle vostre considerazioni da Runners rodati: deciderete di “correre” (il rischio) e sfidare voi stessi con un altra “Run” o lascerete perdere, appenderete al chiodo le scarpette da corsa e non vi tufferete in questo bizzarro mondo che mescola i complotti della “KA$TA” con Blade Runner, Tolkien e Matrix? Infondo nessuno vi aveva detto che sarebbe stata facile la vita da Shadowrunner.

 

 

IL VERDETTO

8
A CHI POTREBBE PIACERE?
I backers che hanno contribuito su Kickstarter e gli amanti degli Story Driven lineari che valorizzano la cura del writing.
PRO
  • Writing e dialoghi di ottimo livello
  • Direzione artistica ispirata
  • Buon uso delle check
  • Tattica nelle fasi avanzate del gioco
  • Hacking nella Matrice
CONTRO
  • Linearità troppo forzata
  • Scarsa longevità
  • Difficoltà altalenante
  • Save system da denuncia

DATI DEL GIOCO

Piattaforme: Windows

Sviluppatore: HareBrained Schemes

Distributore: HareBrained Schemes

Data di uscita: 25/07/2013

Sito Ufficiale

Spazio dedicato nel forum

PEGI: 12+

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Webdesigner e grafico per hobby, troll di professione. Gli è apparso in sogno il suo unico Dio (Chris Avellone) e da quel giorno pensa di essere il suo araldo. Se ne va in giro per forum e social network a predicare il “Verbo del Sacro Ruolismo” e portare un barlume di speranza nei luoghi in cui Bioware e Bethesda hanno lasciato solo macerie.