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Recensione Risen 2: Dark Waters 2016-11-27T11:24:57+01:00
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    Recensione Risen 2: Dark Waters

Quasi tre anni fa uscì Risen, atteso ritorno dei Piranha Bytes sulla scena videoludica dopo il deludente Gothic 3 e le concitate vicende da telenovela che seguirono la separazione della software house tedesca dal suo precedente distributore, JoWood, ora fallito.

Risen costituì un’ottima base per i Piranha: fu lasciato alle spalle il brand Gothic, pur attingendo da esso la quasi totalità del suo gameplay e parte del lore. Non fu tuttavia un vero e proprio successo, soprattutto dando uno sguardo al passato; la continua riproposizione di evoluzioni narrative già viste e  personaggi e fazioni altamente ispirati ai precedenti gotici dei Piranha Bytes, diedero la sensazione ai fan di giocare un remake di Gothic 2 con qualche spruzzata del primo capitolo.

A questo aggiungiamo una versione console realizzata in fretta e furia nel giro di sei mesi con risultati deludenti e una distribuzione delle quest durante l’avanzamento del gioco completamente sbilanciata, per capire come il brand Risen non sia ancora riuscito a farsi apprezzare da nuovi fan e deludendo parzialmente i vecchi adepti. L’unico aspetto veramente azzeccato fu il combat system, action ma capace di dar vita a veri e propri duelli dove una mossa sbagliata spesso si rivelava fatale. Insomma, non il solito clicca-clicca tanto caro a certe software house dedite agli action-RPG tripla A.

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Risen 2 – Dark Waters porta invece  i Piranha a puntare nuovamente in alto, realizzando un mondo di gioco di vaste dimensioni e ricco di contenuti.

La scelta di puntare su di un setting sinora poco sviluppato dalla totalità dei generi videoludici, quello piratesco, mette sicuramente in buona luce un titolo che mira più di ogni altra cosa a distinguersi dalla concorrenza, pur mantenendo le solide basi create dalla software house tedesca in oltre dieci anni passati a creare RPG. Impresa impossibile e apparentemente contraddittoria? Vediamo com’è andata.

Un salto epocale

Le vicende di Risen 2 si collocano circa dieci anni dopo gli eventi del primo Risen. Mentre l’isola di Faranga viveva un periodo tardo medievale di ambientazione mediterranea a causa del suo isolamento, il resto del mondo subiva una pesante trasformazione raggiungendo in poco tempo un’epoca storica analoga al tardo 1600 spagnolo.

E’ evidente che si tratta di un triplo salto carpiato, molto rischioso in termini di continuità. Si passa da un gioco cappa e spada ad uno sciabola, fioretti e moschetti.

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L’introduzione delle armi da fuoco è decisamente la discontinuità più grande, vera e propria modifica radicale al gameplay Piranha. Anche la magia subisce una grande rivoluzione, passando dalla classica magia elementale (fuoco, ghiaccio, elettricità) a quella voodoo, più in sintonia con spiagge caraibiche e giungle inesplorate.

Risen 2 ha inizio sull’isola di Caldera. La città si affaccia sul mare ed appare chiaramente sotto assedio da parte di forze naturali di una potenza che va al di là dei semplici esseri umani. Nella cutscene iniziale, le montagne dell’entroterra siano sconvolte da colate di lava ed eruzioni continue.

Dal mare invece giunge la minaccia dei mostri marini che con i loro tentacoli inabissano la maggior parte delle navi di passaggio. Dopo alcuni brevi dialoghi scopriamo che i Titani si stanno risvegliando in tutto il mondo conosciuto e la loro rinnovata attività sta sconvolgendo terra, mare e cielo. Non sono soli: alcuni capitani pirata parteggiano per i Signori dei Titani, veri e propri semi-dei in grado di controllare le creature elementali. Una di essi, Mara, scatena una vera e propria guerra colpendo dalle profondità dell’oceano con il suo esercito di creature chiaramente ispirate alla saga de “Pirati dei Caraibi”.

L’Inquisizione assegna all’eroe una missione ambiziosa quanto rischiosa: privato di ogni titolo e grado, dovrà infiltrarsi tra i pirati e scoprire la verità riguardo il ritorno dei Titani e possibilmente sconfiggerli.

Salpati da Caldera si approderà a Tacarigua. Questa prima isola è popolata da diverse creature non troppo complicate da sconfiggere, salvo un paio poste come da tradizione Piranha in zone strategiche in modo da bloccare in maniera elegante l’accesso a particolari dungeon. Si tratta però di casi isolati: l’isola è in sostanza un grosso tutorial che mira più che altro a far apprendere le meccaniche di base del titolo ai neofiti.

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Sempre su quest’isola farete il primo incontro con i famigerati pirati che qui hanno stabilito il loro covo. I Piranha hanno attinto pesantemente dai cliché del genere, realizzando un insediamento davvero scalcinato, corredato anche da una taverna con bordello e distilleria di rum al piano superiore, ovviamente realizzata con parti di recupero di navi affondate. Qui potrete sperimentare un divertente minigame in cui sfiderete autentici ubriaconi da taverna in una gara all’ultima bottiglia per vincere oro e gloria. Potrete fare lo stesso anche in un altro minigame che simulerà un tiro a segno dalla difficoltà decisamente elevata.

Alla fine incontreremo il Capitano Barba d’Argento. Padre di Patty, fa qui la sua comparsa dopo che in Risen ne avevamo conosciuto le gesta e il carattere attraverso i racconti dei pochi pirati presenti sull’isola di Faranga. Purtroppo i Piranha hanno scelto di legare la quest attinente al suo leggendario tesoro (e l’intera isola su cui si trova) ad un DLC disponibile gratuitamente per chi ha effettuato il pre-order di Risen 2 ma altrimenti venduto al prezzo di 9,99 €. Una scelta discutibile che non ha fatto molto piacere ai fans.

A questo si aggiungono altri due DLC, uno dei quali decisamente di spessore e contenente un’altra isola, la cui descrizione menziona un’altra vecchia conoscenza del primo Risen. Ne parleremo più in dettaglio in seguito.

Partendo verso la seconda isola avrà inizio la vera avventura di Risen 2. In poco tempo infatti apprenderete un gran numero di ulteriori particolari riguardanti la trama, sinora poco approfondita.

La difficoltà aumenta discretamente grazie alla presenza di mostri decisamente più forti. Non si raggiungono però le vette di titoli come la Notte del Corvo, a cui Risen 2 si ispira pesantemente. Giocando a livello Difficile, uno dei tre disponibili, i combattimenti all’arma bianca saranno infatti molto impegnativi, spesso quasi impossibili da risolvere unicamente in questo modo sfidando certi avversari. Le armi da fuoco sono una tentazione a cui cederete inevitabilmente nell’affrontare i boss presenti in diverse isole, molto ben realizzati e dotati di abilità davvero divertenti come ad esempio un enorme rospo in grado di rubarvi con la sua lingua, se osate avvicinarvi troppo, l’arma che impugnate in quel momento, lasciandovi completamente indifesi e condannandovi a ricaricare la partita o fuggire in cerca di altro equipaggiamento con cui tentare nuovamente. L’onestà videoludica del giocatore avrà la meglio?

Crescere, che fatica

Risen 2 compie diverse scelte coraggiose nel modo offerto al giocatore nello sviluppare il proprio personaggio. Le basi concettuali però sono le stesse a cui ci hanno abituato i PB dal 2001 ad oggi, seppur con alcune sostanziali differenze. Prima di tutto sparisce completamente il concetto di livello. Non vedrete mai un messaggio a schermo del tipo “Nuovo livello”.

La crescita del vostro alter ego avverrà attraverso il potenziamento di tre categorie riassuntive riguardanti le sue capacità.

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Nella scheda “Attributi” potrete vedere i cinque attributi fondamentali che regolano il gameplay di Risen 2. I punti esperienza guadagnati, chiamati “Gloria” in Risen 2, vengono accumulati dal giocatore, il quale può decidere di spenderli di volta in volta in potenziamenti dei cinque attributi. Ad ogni grado acquisito, il costo incrementa linearmente all’aumentare del valore dell’attributo sino a raggiungere in poco tempo valori in cui dovrete veramente sudarvi gli avanzamenti successivi  e un semplice punto di differenza farà la differenza tra il giorno e la notte.

A loro volta faranno aumentare tutti e tre i talenti a ciascuno collegati di cinque punti. Ciò permette al giocatore di migliorare in diverse aree del gameplay oltre ad ottenere i requisiti per soddisfare l’acquisizione delle abilità che dovrete imparare da maestri sparsi sulle varie isole. Le abilità più comuni avranno diversi insegnanti potenziali mentre per quelle di eccellenza spesso dovrete cercare quell’unica persona in tutto il gioco in grado di insegnarvele.

Tutte quante sono sottoposte a requisiti legati agli attributi quindi spesso occorrerà uccidere molti nemici e completare tante quest così da guadagnare la gloria necessaria a sbloccare l’agognata abilità. Hanno inoltre un costo in oro, molto alto sin dalle prime battute. Non sarà dunque raro ritrovarvi a contemplare un consistente patrimonio sudato nella giungla e ritrovarvi con le tasche vuote dopo aver potenziato il vostro personaggio.

Le abilità hanno effetti sul gameplay sbloccando nuove mosse, nuove interazioni con l’ambiente e i divertenti pet (scimmie e pappagalli) utili a derubare gli NPC, intrufolarsi in zone altrimenti inaccessibili o distrarre i nemici in combattimento. Inoltre sempre le abilità aumentano in maniera consistente i talenti.

Gameplay

Il gameplay è dunque quello tipicamente Piranha Bytes: vi ritroverete e massacrare la fauna locale e  rastrellare quante più risorse possibile per migliorare il vostro personaggio. Il combat system è discreto e solo ad un’occhiata superficiale può dar l’impressione di esser di fronte all’ennesimo button smashing. Questa “strategia” è attuabile contro i nemici più deboli ma contro i più forti sarà necessario sfruttare i compagni o arretrare costantemente alternando armi da fuoco a spade e lance. L’uso di contrattacchi da effettuare al momento giusto, se avete imparato l’abilità dedicata, donerà maggiore spettacolarità agli scontri. Sono molto difficili da eseguire, azzeccando il tempismo esatto per sferrarli.

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L’IA è abbastanza buona, come al solito le varie creature avranno animazioni differenti a seconda della specie, costringendovi a variare strategia nel confrontarvi con esse. I facoceri tenderanno a caricarvi a testa bassa mentre, ad esempio, le termiti si divideranno attaccandovi contemporaneamente a distanza e nel corpo a corpo. Gli alligatori e i gorilla sono invece terribili per la loro velocità e quantità di danni inflitti in poco tempo. Le animazioni di NPC e personaggio sono un po’ legnose e appaiono un tantino innaturali in certi movimenti. Nulla di tragico ma stonano un po’ a primo colpo d’occhio.

Lo stile di combattimento piratesco è pieno di trucchi e scorrettezze: potrete imparare a lanciare sabbia o addirittura sale negli occhi o sputare fuoco dopo aver ingerito l’apposito olio infiammabile. I calci stordiranno i nemici o nel caso di alcuni NPC li metteranno in condizione di pesante vulnerabilità.

E’ possibile recuperare pezzi di antiche lame e forgiarle a nuovo ottenendo così alcune tra le spade più potenti del gioco. Occorre però esplorare in maniera approfondita ogni singola isola per trovarle tutte.

Le armi da fuoco, vera e propria rivoluzione copernicana per la formula PB, sono abbastanza ben implementate. Imprecise quanto basta per riproporre fedelmente l’esperienza baionetta e moschetto, sono soggette ad un periodo di cooldown che simula una ricarica prolungata, sebbene molto lontana rispetto a quella necessaria nella realtà a ricaricare un moschetto o un fucile settecentesco. Inoltre in questo modo non è possibile abusarne per uccidere agevolmente i nemici più indifesi. All’inizio saranno più una risorsa bellica di ripiego, utile ad ingaggiare nemici lontani e ignari della vostra presenza per poi finirli all’arma bianca oppure per alternarle al combattimento ravvicinato con vere e proprie tattiche di guerriglia. Sviluppando a sufficienza il vostro personaggio in questo ambito potrete specializzarvi totalmente nel combattimento a distanza, cosa sinora quasi impossibile nei titoli Piranha.

Le pistole sono utilizzabili contemporaneamente ad una spada (dovrete però rinunciare a poter accecare i nemici senza ricorrere ad un tasto di scelta rapida, in mancanza delle pistole potrete arrangiarvi tirando noci di cocco con la possibilità di stordire il nemico) ma hanno tempi di cooldown superiori a quelli dei moschetti. I tempi di ricarica di entrambe le categorie di armi possono comunque esser ridotti acquisendo le abilità giuste. E’ inoltre possibile lanciare pugnali, anch’essi soggetti a cooldown.

In Risen 2 vi sono diverse tribù di selvaggi, nativi delle terre scoperte dall’Inquisizione. Non saranno però carne da cannone indifesa ma avranno in dotazione lance acuminate che potrete imparare ad usare. Non saranno devastanti come un proiettile ma fanno comunque il loro sporco lavoro. Nel corpo a corpo sono limitate nel numero di attacchi possibili. Fa un po’ ridere perché vi vedrete, anche al valore del talento correlato al massimo, gesticolare con un bastone mentre anche l’ultimo dei selvaggi si esibirà in vorticose mosse e capriole. Decisamente sono un aspetto del gameplay che è stato un po’ trascurato.

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La forgiatura di armi da taglio e la fabbricazione di armi da fuoco, previa acquisizione di schemi appositi molto costosi, permette di ottenere anzitempo armi molto potenti disponibili altrimenti in aree difficili da trovare alla prima partita. Tuttavia le già citate armi/reliquie ridimensionano parecchio l’utilità della forgiatura, poco conveniente anche per far soldi facili.

Molto meglio invece concentrarsi sul crafting delle armi da fuoco, molto più soddisfacente per la gamma di oggetti che  è possibile ottenere.

La magia voodoo

Ampiamente chiacchierata in questi mesi ma mai veramente approfondita dagli addetti stampa e sempre definita come “diversa” dai PR della sofware-house, si dimostra appunto tale. Non avrà quasi mai un risvolto offensivo sul gameplay e dovrà essere accompagnata da un’altra arte bellica. La scelta ricadrà inevitabilmente sull’arma bianca dato che il titolo porrà l’utente di fronte alla decisione di allearsi con l’Inquisizione e quindi diventare un abile tiratore o con i selvaggi e apprendere il voodoo. Scegliendo una fazione verranno precluse le abilità avanzate dell’altra, assicurando così un’elevata rigiocabilità per assaporare le differenze di gameplay. Diventando maghi non potrete quindi assumere il look del pirata esotico ed accedere a soluzioni di risoluzione quest alternative.

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Tornando al voodoo, possiamo definirla veramente come una magia di contorno, utile ad indebolire e manipolare i nemici attraverso l’utilizzo di bambole e come ottimo espediente narrativo per fornire soluzioni poco ortodosse al completamento delle quest, le quali andranno ben oltre l’uccidi, raccogli e passa oltre. Non mancano però le famigerate missioni da fattorino.

L’utilizzo di scettri in combattimento per scoraggiare i nemici o manipolarne la volontà è una scelta efficace e astuta ma dimostra di avere poco mordente nel ripeterla più volte, riportando inevitabilmente allo scontro frontale. E’ anche possibile evocare uno spirito in aiuto nel combattimento, dotato di una forza proporzionale al talento correlato.

Il crafting consente di estrarre particolari ingredienti dalle creature uccise, altrimenti non disponibili, fabbricando così potenti amuleti che andranno ad incrementare i valori dei talenti oppure cimentarsi nella creazione di pozioni via via più potenti a seconda del vostro talento nel maneggiarle ed in grado appunto di incrementare i talenti legati a quegli attributi che per scelta  (vostra o imposta dalla trama) non avete sviluppato. I boost offerti sono alti per gli aumenti temporanei mentre molto contenuti per quelli permanenti.

Sempre tramite crafting si possono assemblare scettri e bambole, quest’ultime con capelli delle vittime predestinate per il controllo magico. Sono però poche e limitate allo sviluppo della trama, non potrete mai pretendere di controllare un NPC qualunque.

Il voodoo appare quindi come una brillante aggiunta dal punto di vista del lore e dello sviluppo coerente di un settore di gameplay inevitabilmente condizionato dal particolare setting scelto dagli sviluppatori. Non è certamente alla portata di tutti ma rivolto più ad un gruppo di giocatori che cerca soluzioni alternative al classico approccio d’assalto. A discapito dei pronostici, le armi da fuoco appaiono enormemente più convincenti e divertenti della tanto celebrata magia voodoo.

Level design

Il level design segna un’importante traguardo per i Piranha Bytes. Storicamente abili nel creare ambienti vivi e credibili ma di dimensioni relativamente ridotte, quanto carenti nel gestire progetti più ambiziosi (Gothic 3 docet) hanno trovato il giusto compromesso nello sviluppo di Risen 2.

L’intero titolo è suddiviso in isole di grandezza variabile, separate dall’oceano. Per spostarsi tra di esse è necessaria una nave. Ciò ha permesso di creare un titolo molto grande, con diverse aree e una varietà di ambientazioni considerevoli ma allo stesso tempo ha dato la possibilità ai PB di esprimere al meglio le proprie qualità grazie alla suddivisione in aree più piccole.

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Non a caso il level design torna allo splendore di Gothic 2 o della Notte del Corvo. La giungla e gli insediamenti appaiono credibili come non mai, la possibilità di arrampicarsi dà accesso a zone nuove e inesplorate, spesso ricche di ricompense. 

Gli scenari inoltre sono veramente ben realizzati, con colori sgargianti e panorami da cartolina. Vi sembrerà di muovervi in un film de “Pirati dei Caraibi” o nel più profondo “Mission” sino all’area più vasta del gioco, la Baia di Maracai, pesantemente ispirata ad “Apocalipse Now” e pensata dai Piranha per essere esplorata per molte ore senza l’ausilio di alcuna mappa tanto che diventerà facilissimo perdersi nella natura selvaggia. Senza riferimenti cartacei inoltre non si potrà accedere al fast travel, assolutamente meno frequente e preciso di quello modello GPS implementato da Bethesda. Dovrete cavarvela da soli.

Le aree di dimensioni ridotte permettono di far girare agevolmente il gioco anche su configurazioni poco performanti. Si nota in generale un’ottimizzazione superiore a quella di Risen quindi potrete godervi il titolo anche su PC più antiquati. Per ottenere il massimo delle prestazioni in Full HD con un alto framerate, vi basterà una AMD HD 6870 o nVidia GTX 460.

Un buon compromesso non accontenta pienamente nessuno…

Non mancano le note negative ovviamente. Oltre ad una politica DLC molto discutibile, permane la sensazione di ritrovarsi di fronte ad una serie di semplificazioni molto marcate e fatte unicamente per venire incontro ad un utenza che ama “la pappa pronta”, pur mantenendo un livello di difficoltà comunque superiore alla media videoludica attuale. Alcuni cambiamenti sono azzeccati e assomigliano più ad una razionalizzazione come l’assenza di livelli subordinata però ad un sistema di crescita del personaggio coerente, nel quale potrete portare gli attributi a livelli importanti ma potrete farne eccellere al massimo un paio, garantendo così un’elevata longevità oppure l’introduzione di punti di interesse all’interno delle isole attraverso i quali poter viaggiare velocemente: sono solamente l’integrazione delle vecchie rune di teletrasporto con la mappa di gioco.

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Criticabile è anche l’introduzione dei compagni. Di per sé non sono necessariamente una feature negativa ma a metterla in cattiva luce è il modo in cui è stata implementata. Abbastanza triste l’hub del proprio galeone, dove attendono di parlare con il protagonista attraverso dialoghi risicati e che non approfondiscono più di tanto la loro personalità. Immaginate una Normandy in cui il membro del party di turno scambia poche parole inconcludenti… Apprezzabile l’idea di reclutare personaggi diversi a seconda della fazione che scegliete di appoggiare, Inquisizione o indigeni. Portarseli dietro risulterà utile nelle prime battute quando il vostro personaggio farà anche fatica a stendere l’inerme NPC di turno ma i giocatori più smaliziati li abbandoneranno probabilmente per preferire un’avventura in solitaria.

Il solo compagno che sicuramente ricorderete e si guadagnerà un angolino speciale nei vostri ricordi videoludici è lo gnomo Jaffar. In grado di parlare la lingua degli umani, l’ha però appresa dagli scurrili pirati naufragati sulla sua isola. Inutile dire che, data la situazione, sia entrato in contatto con i peggiori epiteti da bucaniere, da lui rielaborati in una forma infantile e totalmente naturale, come se “fuck yes” (“sì, cazzo” nei sottotitoli) fosse un intercalare comune. Una vera e propria macchietta insomma, però molto simpatica per i suoi siparietti.

Lascia inoltre un po’ l’amaro in bocca il finale. Sarà il 2012 che influisce negativamente sulle prestazioni narrative degli sceneggiatori quando si avvicinano a scrivere la conclusione delle loro storie (ogni riferimento a Mass Effect 3 è puramente casuale) ma i Piranha Bytes cadono anche loro nella trappola delle ultime ore di gioco, in maniera analoga a quanto accaduto per il primo Risen.

Di nuovo il problema non è tanto legato alla narrazione, scorrevole e resa più coinvolgente dall’uso di brevi cutscenes ingame, ma allo scontro finale. Il boss che dovrete affrontare sarà paradossalmente uno dei più facili da sconfiggere, soprattutto se farete ricorso alle armi da fuoco. L’area dello scontro è poi di dimensioni ridotte quando invece si sarebbe potuto sviluppare magari un lungo dungeon finale.

Prima di questo scontro l’epicità e la grandezza del titolo raggiungono buone vette, incrementandosi ad ogni nuova isola che sbloccherete attraverso colpi di scena ben orchestrati e un level design anch’esso in progredire che sfrutta molto bene la dimensione verticale degli ambienti con zone nascoste e tesori da trovare sepolti nel terreno.

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La sensazione è, come spesso accade con le software house di piccole/medie dimensioni, che si siano ritrovati a dover concludere in fretta o al limite dei tempi fissati per il completamento del level design. Il gioco tuttavia ha pochissimi bug, un numero infinitesimale rispetto alle precedenti opere dei Piranha Bytes e per lo più costituiti da localizzazioni imprecise o letterali oppure compenetrazioni di texture visibili durante le arrampicate.

L’isola del Tesoro

Completato il download di circa 50 mb potrete iniziare questa avventura parlando con Patty la quale tirerà in ballo un vecchio cuoco a bordo della nave di Barba d’Argento e un diario a lui rubato contenente un enigma. Assieme ad una piccola chiave saranno gli unici elementi da cui dovremo partire per raggiungere l’agognata Isola del Tesoro. Si tratta di una delle faccende in sospeso lasciateci in eredità dal primo Risen. Una volta ottenuta la rotta sarà possibile raggiungere l’ultimo covo conosciuto del più temuto capitano dei Mari del Sud.

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La difficoltà di questa isola è discretamente alta: se affronterete il DLC con un personaggio dotato di attributi di basso livello allora dovrete sudare parecchio. I mostri scelti nel popolare gli ambienti sono tra i più forti del gioco e spesso si incontrano a gruppi.

La durata del DLC dipende quindi anche dallo sviluppo del vostro personaggio. Le 5-6 ore dichiarate verranno rispettate se utilizzate un pirata alle prime armi e con una difficoltà di gioco molto alta. Viceversa potreste addirittura risolvere il tutto in un paio d’ore.

Le ricompense non sono particolarmente sconvolgenti, vi consigliamo questo DLC solamente se Risen 2 vi ha convinto da subito e quindi tanto vale fare un pre-order: perché perdere un contenuto gratuito?

Altrimenti a meno che non siate fan sfegatati della saga si può passar oltre. Non vi perdete nulla ai fini della trama principale.

Conclusioni

Risen 2 – Dark Waters segna il ritorno dei Piranha Bytes sulla scena videoludica, portando in dote quanto di buono fatto da loro negli ultimi dieci anni ma adattandosi inevitabilmente alle logiche di mercato del 2012. Sono state fatte molte semplificazioni e piccole rivoluzioni ma il core della loro esperienza RPG può dirsi intatto. Rappresenta poi un passaggio fondamentale nella loro crescita professionale dato che con un intelligente stratagemma sono finalmente riusciti a costruire un RPG di grosse dimensioni senza rimpinzarlo di bugs, qui veramente ridotti all’osso se non totalmente assenti nella versione PC, come per Gothic 3. Consigliato a tutti i fan storici capaci di accettare l’evoluzione videoludica che inevitabilmente gli ultimi anni hanno portato. La voglia di esplorare la natura selvaggia e varcare la linea dell’orizzonte si sentiranno inevitabilmente durante le vostre peregrinazioni nei Mari del Sud.

DATI DEL GIOCO

Piattaforme: Windows, PlayStation 3, Xbox 360

Sviluppatore: Piranha Bytes

Distributore: Deep Silver

Data di uscita: 27/04/2012

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