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Recensione Diablo III 2016-11-27T11:24:57+01:00
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    Recensione Diablo III

PREPARARSI AL SIGNORE DEL TERRORE

Mi sono preso un bel po’ di tempo per scrivere questa recensione, un po’ come Blizzard che ci ha fatto attendere ben dodici interminabili anni per portare alla luce il terzo capitolo di questa leggendaria saga. Non nascondo che sia stata un’impresa ardua ed una brutta gatta da pelare: prima di tutto si parlava di Blizzard e Diablo, quindi aspettative al top ed onnipresente peso della sua immensa eredità e nostalgia che ne scaturisce; in secondo luogo c’era da sperimentarlo a dovere in tutte le sue molteplici sfaccettature (soprattutto i suoi quattro livelli di difficoltà); infine c’era il rischio di farsi influenzare dai malumori e le ire causate da un continuo disservizio dei server nelle prime due settimane dal lancio del gioco, dovuto principalmente alla criticatissima scelta del “always online”. Non a caso in giro per il web è nato un detto tanto sarcastico quanto drammaticamente realistico: “Diablo III: la vera sfida è riuscire a giocare!”. Ma avremo modo di parlare con calma di questi disservizi perché c’è molto altro da analizzare in questo nuovo Diablo, e prima di tutto bisogna porsi due domande basilari nel giudizio di un gioco con una simile eredità: è un Diablo? E come tale è ancora in grado di rivoluzionare un genere che ormai non si evolve da anni? Ni. Vediamo perché e vediamo soprattutto quanto è cambiata Blizzard dal post-WoW.

Ecco come un vero fan di Diablo si prepara alla Terza Venuta del Signore del Terrore!

SI TORNA A SPACCARE IL MOUSE NELL’UNIVERSO DI SANCTUARY!

Dodici lunghi anni di attesa portano l’hype alle stelle, le aspettative a livelli epici e la community a prepararsi a dovere per la terza venuta del Signore del Terrore. Il lancio del gioco è stato, non a caso, qualcosa di a dir poco epico e spettacolare in tutto il mondo, con eventi organizzati e milioni di fan pronti ad invadere i server di Battle.net, consapevoli di dover passare lunghe nottate all’insegna del “clicca clicca” selvaggio. L’inizio del gioco mostrerà subito la magistrale classe artistica di Blizzard, con un filmato in computer grafica che sfiora il fotorealismo (comparto in cui sono sempre stati all’avanguardia). Senza spoilerare nulla, l’input della trama ci vede costretti a tornare a Nuova Tristram dopo la caduta dal cielo di una misteriosa stella fiammeggiante. Toccherà al nostro Eroe indagare sulla correlazione tra la stella ed il risveglio dei defunti che da tempo riposavano in pace, dopo la sconfitta dei tre Primi Maligni dell’Inferno Fiammeggiante. L’introduzione offrirà anche un breve intermezzo narrativo che presenterà il background della classe scelta. Le classi saranno cinque e disponibili sia in versione maschile che femminile: Barbaro, Mago, Cacciatore di Demoni, Sciamano e Monaco. Ogni classe avrà il suo skilltree personalizzato, equipaggiamento, mosse e combo esclusive, ed uno stile di gioco abbastanza diversificato. Inutile nascondere che le somiglianze con le vecchie classi di Diablo II ed espansione sono evidenti, ma qualche differenza stilistica è stata introdotta, pur non rivoluzionando le classiche tattiche con cui sfruttare ognuna delle classi.

Le classi con cui dovremo massacrare legioni di mostri infernali.

Scelta la classe bisognerà cominciare il gioco dal livello di difficoltà Normale, fino a sbloccare gli altri tre (Incubo, Abisso ed Inferno), con la consapevolezza che la trama rimarrà la stessa ma mostri e boss diventeranno sempre più forti e difficili da abbattere. Attraverso i classici controlli “punta & clicca”, in combinazione con l’uso dei numeri su tastiera (per la quickbar), tirare mazzate è una goduria sia per gli occhi che per il feedback ricevuto da un’egregia combinazione di ottime animazioni e risposte ai colpi da parte dei nemici. Col mouse potremo sferrare un attacco primario ed uno secondario, mentre nella quickbar avremo a disposizione quattro slot in cui inserire apposite skill da attivare. Rispetto al passato, le attuali classi godranno di un’ulteriore differenziazione dovuta all’uso esclusivo di una risorsa che sostituisce la vecchia Mana e che si ricaricherà in modi diversi a seconda della classe scelta. Le mosse a disposizione sono davvero tante, tutte diverse tra loro e spesso collegabili per dar vita a veri e propri attacchi devastanti. Sotto questo punto di vista siamo di fronte ad un passo avanti enorme e che raramente altri Hack’n’Slash sono riusciti a compiere in maniera così magistrale. Oltre alla soddisfazione donata dal lanciare mazzate ai nemici, c’è anche la piacevole presenza di una leggere interazione con l’ambiente, con pezzi di architettura che crollano sotto i nostri colpi, trappole che si attivano, classiche botti da distruggere, ed altro ancora. A livello tattico c’è poco da sperimentare, nonostante le combinazioni tra skill e rune (di cui parleremo dopo) siano davvero una marea. Purtroppo l’efficacia della potenza del nostro PG viene piegata fin troppo al valore di DPS (danno al secondo), e visto che la IA non è certo di quelle piene di pattern diversificati, non dovremo applicare molto il cervello per andare avanti. L’obiettivo finale rimane comunque lo stesso e, cervello poco impegnato a parte, massacrare nemici ed accumulare tesori resta sempre il focus del gioco. Tra una mazzata e l’altra ciò che ci farà compagnia perennemente sarà proprio il drop di oggetti da equipaggiare (che migliorerà in base ad una serie di variabili random, al tipo di nemico ed al livello di difficoltà) e sarà suddiviso nei cinque classici archetipi e colori (grigio/bianco = normali, blu = magici, giallo = rari, arancione = leggendari, verde = set).

Come potete capire sin da subito, nonostante siano passati 12 anni e siano state introdotte alcune novità, la formula “magica” alla base del padre di questo genere è rimasta pressappoco la stessa, così come quel carisma tipico di una produzione Blizzard. Lo stesso vale per quel senso di “dipendenza” che ci tiene attaccati al monitor per ore ed ore senza riuscire a smettere: “altri 5 minuti e stacco, altri 5 minuti e stacco…” Ed intanto non ci accorgeremo che il sole è sorto dalla finestra ed il nostro povero ciclo circadiano è andato a farsi benedire. Ma Diablo III non è totalmente un mero copia/incolla di Diablo II con qualche piccola aggiunta, perché ci sono un gran numero di differenze che sono state introdotte, nel bene o nel male. Alcune le abbiamo già citate ma andiamo ad analizzare le altre, per meglio capire fino a che punto Blizzard sia stata all’altezza delle immense aspettative e fino a che punto WoW li abbia cambiati nel loro “modus operandi”.

DIFFERENZE – ROUND 1: ALWAYS ONLINE, HACKING, ERROR 37 E LANCIO DISASTROSO!

Se la formula base è rimasta sempre una sorta di droga da cui è difficile disintossicarsi, il mero funzionamento del gioco impone un cambiamento radicale rispetto al passato: per giocare sarà obbligatorio possedere una connessione ad internet perenne anche in single player (con tanto di fastidiosi e sporadici episodi di lag). Potrà sembrare normalissimo per un gioco che anche in passato si è basato molto sul multiplayer, ma il problema di fondo è prima di tutto questa mania di “controllare” ogni cosa che fanno i giocatori, in barba a qualsiasi desiderio di privacy o non volontà di condividere ogni cosa con la community (aspetti che meglio si sposano per un MMO, non per un gioco che teoricamente potrebbe essere giocato interamente in single player). In secondo luogo va citato l’abuso di questa sorta di DRM “mascherato” ed imposto da Blizzard (con l’obiettivo di tagliare fuori la pirateria, i cheater e mantenere sotto controllo i server), che però non ha svolto a dovere il suo reale compito. Non a caso questa scelta è stata a lungo discussa e criticata non appena venne annunciata, ma i frutti ormai sembrano essere venuti drammaticamente a galla: Blizzard non è riuscita ad arginare i fenomeni che temeva ed i problemi sono stati cacciati via dalla porta per poi vederseli rientrare brutalmente dalla finestra. Inatti una lunga serie di eventi stanno, ancora oggi, minando in modo serio le fondamenta del gioco: azioni di scamming mirato (nonché sfruttamento, ancora da dimostrare, di alcune falle nei server di Battle.net), violazioni di account, presenza massiccia di farmers, cheaters e gold sellers (che già si erano dimostrati una vera e propria piaga per Diablo II), presenza di bot e chissà quali altre diavolerie. Risultato? Giocatori frustrati, terrorizzati nel joinare partite pubbliche, terrorizzati dal rischio di vedersi ripulire il proprio PG da oggetti e gold, incazzati nel vedere utenti con miliardi di denaro accumulato illecitamente, con oggetti di alto livello clonati e rivenduti, e con possibilità di sfruttamento di bug ed exploit per livellare in poco tempo. Un disastro insomma, disastro che si sarebbe evitato non puntando totalmente sull’online ma cercando altri metodi per differenziare un PG usato in locale da un PG usato online. Blizzard è corsa subito ai ripari con un paio di patch e con una serie di minacce riguardanti ban di massa per gli account che hanno usufruito di simili trucchetti illeciti, ma gran parte del danno sembra essere attualmente irrecuperabile. A questo scenario già preoccupante, va aggiunto anche il problema del disservizio di cui avevo accennato in apertura, disservizio che nelle prime due settimane dal lancio è diventato una barzelletta sul web. In pratica Diablo è stato spodestato da un nuovo Signore del (T)errore: l’ERROR 37!

I meme si sono sprecati dopo i continui disservizi dei server di Battle.net!

Chi sta leggendo e non ha ancora avuto la sfortuna di provare l’esperienza, probabilmente si starà chiedendo cosa sia questo errore, ma vi basti sapere che impedisce di giocare per problemi di varia natura legati ai server di Battle.net. Oltre a questo codice d’errore ce ne sono anche altri e la lista si allunga in effetti, ma ci interessa poco sapere questo. Ciò che ci interessa è sapere che chi ha pagato 60 € ha sofferto una lunga serie di disservizi per un gioco che, come già anticipato, si sarebbe potuto giocare dall’inizio alla fine senza mai sfruttare l’online. Eppure Blizzard è stata lapidaria sull’accaduto, e pur impegnandosi nella risoluzione tempestiva dei problemi, e chiedendo al tempo stesso tanta pazienza ai fan, ha comunque fatto notare che le condizioni generali sulla scatola del gioco erano chiare riguardo la garanzia al 100% di fruizione del servizio (soliti trucchetti tipici del marketing e figli del nuovo “modus operandi” post-WoW).

Ovviamente questo fattore non decreta di certo la qualità intrinseca del gioco, ma è doveroso segnalare e tener conto di una simile situazione sgradevole, dato che influenza pesantemente il gameplay del gioco (lag?) e la sua fruizione (chi non ha una linea internet non potrà giocare). Inoltre riflettere su simili episodi potrebbero servire a scoraggiare l’utilizzo di questo tipo di DRM in futuro (si spera), perché in fondo un acquirente vorrebbe usufruire almeno del diritto di poter giocare col gioco che ha acquistato, senza dover sopportare problemi non causati da sé stesso.

 

DIFFERENZE – ROUND 2: CASA DELLE ASTE, PAY TO WIN, BILANCIAMENTO E LOOT!

Una seconda differenza sostanziale è l’inserimento della Casa delle Aste, che permette ad ogni giocatore di mettere in vendita oggetti che colleziona giocando, per guadagnarci oro da reinvestire sempre nel gioco o in altri acquisti all’asta. L’inserimento di questa feature (già comparsa sotto forma leggermente diversa in WoW) sarebbe dovuta servire ad evitare soprattutto il proliferarsi di siti esterni in cui i vari farmer e gold seller (per lo più koreani e cinesi) mettevano in vendita oro ed oggetti rari, lucrandoci sopra. L’always online avrebbe dovuto essere di ulteriore supporto in questa direzione, ma qualcosa non ha funzionato. Il risultato è che ora si hanno dei prezzi nelle aste un po’ troppo inflazionati, una continua compra/vendita monopolizzata di oggetti di alto livello (vitali per sopravvivere ai livelli di difficoltà maggiori) ed un proliferarsi di siti esterni per la vendita a valuta reale che già in queste fasi iniziale è abbastanza preoccupante per il bilanciamento dell’economia del gioco. In poche parole: tutto quello che non sarebbe dovuto accadere è invece accaduto all’ennesima potenza.

Un tempo giocavamo per guadagnarci l’equipaggiamento: ora lo si compra all’asta!

Vi chiederete come possa influire così tanto un simile aspetto che dovrebbe, in teoria, rivestire un ruolo di mero contorno al gioco. Eppure ogni cosa è collegata: il problema di fondo nasce dal fatto che la scelta dell’online perenne è figlia di una volontà di promozione (e monitoraggio) della Casa delle Aste e sintomo di un design non più funzionale al “Play for Gear” (come accadeva ai tempi di Diablo II) ma al “Play for Gold” (spingendoci all’abuso delle aste). Tale scelta è stata a sua volta probabilmente dettata dalla volontà di guadagnare qualche introito extra con la futura apertura della Casa delle Aste a Valuta Reale (versione con acquisti a pagamento dell’attuale Casa delle Aste) con cui Blizzard potrà trattenere 1 € a transazione, più un 15% nel caso in cui si decida di spostare il credito accumulato su un conto Paypal. Ed eccolo il drammatico collegamento: un gioco fondato sul “Play for Gear” si trasforma in un “Play for Gold” e conseguente “Pay to Win”. A rafforzare ulteriormente questo drastico cambiamento di rotta si aggiunge addirittura un’incomprensibile riduzione del “Drop Rate” (percentuale che decreta il successo nel droppare equip di buona qualità) che Blizzard ha deciso di imporre (e non aiuta nemmeno aumentare parecchio il valore di “Magic Find” visto la pesante riduzione). In questo scenario ogni giocatore è brutalmente obbligato a doversi rivolgere quasi totalmente (salvo epici colpi di fortuna davvero rari) alla Casa delle Aste per procurarsi un equipaggiamento all’altezza del livello di difficoltà. Tutto questo avrebbe potuto anche funzionare se solo alla base fosse stato garantito il “controllo” che Blizzard pronosticava col famoso online perenne, ma dato che le aste sono ormai state “infette” dalla piaga del farming selvaggio e dallo sfruttamento di bug/exploit (banalmente non testati in fase di sviluppo), ci troviamo di fronte ad un sistema di gioco del tutto piegato al dover accumulare somme di oro impressionanti e proibitive. Ancora tutta da valutare è, inoltre, l’influenza che avrà la Casa delle Aste con Valuta Reale, che potrebbe seriamente rischiare di rovinare ulteriormente il bilanciamento già malconcio del gioco. E c’è solo da pensare ulteriormente in negativo quando verrà implementato il PvP e sarà influenzato da queste meccaniche meramente basate sul “Pay to Win”.

Una marea di loot di buona qualità è quello che ogni avventuriero si aspetta dopo aver sudato sette camicie per abbattere un nemico tosto.

Per quanto riguarda il looting, oltre alla drastica riduzione del drop rate va segnalata anche un’opinabile castratura della qualità degli oggetti leggendari (platealmente resi molto meno performanti di quelli rari) Eppure, sulla carta, sarebbero dovuti essere uno degli stimoli maggiori nello spingere i giocatori a farmare per ore ed ore, ma evidentemente anche qui ha influito la presenza delle aste.

La difficoltà nel proseguire di atto in atto è frutto di una curva di crescita davvero poco bilanciata e di un testing delle classi che lascia a desiderare. Il livello Normale è facilissimo, Incubo ed Abisso sono molto fattibili, ma il problema sorge a livello Inferno, dove la difficoltà subisce un’ingiustificata impennata verso l’alto ed a tratti diventa davvero frustrante, costringendo ogni giocatore (onesto) a sopperire al gap con ingenti investimenti di oro nelle aste. A questo aggiungiamoci i malus che devono subire le classi melee (che poggiano gli approcci su attacchi ravvicinati) contro gli indubbi vantaggi che hanno le classi ranged (che poggiano gli approcci su attacchi a distanza) ed il quadro non è affatto positivo. Tutto ciò porta il bilanciamento ad allontanarsi totalmente da fattori tipici della filosofia “skill-based” (legati alla bravura del giocatore) e sottomettersi ad una continua richiesta di equipaggiamento di altissima qualità, pena il doversi sorbire la frustrazione e l’impotenza di fronte ad un numero di morti industriali contro gruppi di nemici iper-potenziati rispetto al nostro PG (per lo più i gruppi di nemici Elite e Champion). Eppure non sarebbe stato affatto un problema l’avere un livello Inferno “offlimits” se solo la situazione si fosse potuta contro-bilanciare con un rapporto equo ed appagante tra “ore di gioco investite” e “qualità del loot guadagnato”. La speranza di un miglioramento viene tenuta in vita dalle promesse di una serie di patch che dovrebbero ri-bilanciare la situazione, ma la domanda sorge spontanea: a che cosa sono serviti tutti i mesi precedenti in cui si è svolta la fase di beta-testing? Domanda retorica.

 

DIFFERENZE – ROUND 3: INTERFACCIA, SEMPLIFICAZIONI, INVENTARIO, SKILL E RUNE SYSTEM!

Sotto l’aspetto dell’interfaccia di gioco Diablo III si presenta in maniera elegante ed egregia, ma non sempre intuitiva. Da un lato offre dei tipici menu che sfruttano quickbar comode e che permettono di tenere tutto sotto controllo con pochi click del mouse. Dall’altro lato non tutti sono riusciti a comprendere la scelta di una modalità “tutorial” abbastanza macchinosa e che pur mostrando passo dopo passo come attivare ogni skill e runa sbloccata, comunque non spiegava i motivi per cui non fosse possibile inserire a piacere le skill nella quickbar. Questo sistema inizialmente sembra castrare a tutti gli effetti la libertà di customizzazione, finchè poi non si scopre che bisogna attivare l’ “Elective Mode” (“Modalità Libera” in italiano) dal menu delle opzioni (modalità con cui è possibile settare ogni skill a mano). Nell’ottica odierna questa impostazione sembra essere totalmente figlia di una semplificazione rivolta ad un target più casual, eppure questo banalissimo passaggio è stato impostato in maniera davvero poco intuitiva, facendo a volte sentire un po’ stupido il giocatore che si è trovato spaesato di fronte ad essa.

L’interfaccia è comoda, veloce, ordinata e piena di informazioni per chi volesse approfondire.

Tornando alle skill, siamo di fronte ad un altro pesante cambio di direzione rispetto a Diablo II: il classico skilltree con tipica assegnazione di skillpoint (sistema che ha praticamente settato gli standard di questo genere per anni a seguire) è stato sostituito da un sistema in cui le skill si sbloccano automaticamente con l’aumento del livello del PG (il quale level cap per ora è fissato a 60). Non ci sono più i classici Punti Attributo da piazzare ad ogni level up (seppur permangano i quattro attributi base), non ci sono più skillpoint, ma bisognerà solo scegliere quale skill inserire nell’apposita quickbar e quale delle cinque rune attivare, man mano che si sbloccano al salire del nostro livello. Anche l’uso delle rune è totalmente cambiato, ed ora non sono più legate ai socket dell’equipaggiamento ed alla formazione di “Parole Runiche”, ma servono a cambiare totalmente le caratteristiche di ogni skill, trasformando skill offensive in difensive, skill con danno ad area in danno a singolo target, e via di seguito con altre combinazioni. In totale il giocatore avrà a disposizione un ingente numero di combo con cui sbizzarrirsi, anche se si è perso parte dell’appagamento nella customizzazione singola di ognuna di esse. Questo è stato un altro tema molto discusso e criticato ma cercare di stabilire quale tra i due sistemi sia il migliore è impresa fin troppo ardua, visto che entrano in ballo troppe variabili. Cercando di semplificare il discorso può essere utile comprendere una differenza sostanziale alla base dei due sistemi: se da un lato l’impressione è quella di una perdita di profondità tattica dovuta all’eliminazione dell’investimento di punti attributo e skill (sistema che rendeva abbastanza unica e particolare ogni build), dall’altro ora non si rischia più di ritrovarsi con una build inefficiente a livelli di difficoltà alti. Infatti va ricordato come Diablo II obbligava ogni giocatore ad investire i punti attributo in maniera abbastanza fissa e schematica, pena il non poter equipaggiare alcuni gear ed il non poter proseguire contro nemici di un certo livello. Questi rischi, di fatto, potevano anche costringerci a dover addirittura abbandonare una build mal gestita e dover ricominciare una nuova partita con una build diversa. In Diablo III questo non può accadere e non si corre più il rischio di dover buttare via ore ed ore di gioco. Col nuovo sistema ogni classe è in grado di contrastare qualsiasi tipo di nemico, poiché è possibile cambiare skill e runa in qualsiasi momento, sbloccando nuovi tipi di attacchi e combo. Ovviamente non è un sistema esente da difetti ed a livelli alti spesso si è costretti a dover usare build ormai dimostratesi più efficaci di altre in qualsiasi situazione (oltre ad abusare delle già citate aste). Eppure va apprezzata la volontà di Blizzard nel voler rinnovare uno dei comparti più importanti dell’economica del gioco, che purtroppo resta comunque influenzato negativamente da un design che si piega troppo al “Pay to Win” e quasi per nulla allo “Skill-based”.

Ecco una parte dello skilltree del Monaco, dove potremo attivare una delle cinque rune per sbloccare nuove combinazioni micidiali.

Un altro aspetto semplificato riguarda l’eliminazione totale delle pergamene di identificazione e di teletrasporto e la nuova gestione delle pozioni di cura. Adesso potremo identificare qualsiasi oggetto raro col semplice click destro del mouse e potremo sfruttare il portale di teletrasporto tramite un apposito tasto nel menu sottostante, senza alcuna limitazione e stando solo attenti nel calcolare i 10 secondi di tempo che il nostro PG impiega per aprire il portale. L’uso delle pozioni di cura (quelle del mana sono state eliminate) ora hanno un tempo di cooldown da attendere prima di poterle usare di nuovo e per colmare l’attesa avremo la possibilità di droppare dai nemici sconfitti alcuni globi rossi, che ricaricheranno all’istante parte della nostra vitalità non appena li raccoglieremo. Da un lato queste semplificazioni sembrano rivolte ad uno snellimento di determinate meccaniche ripetitive o all’aumento della difficoltà (come per esempio il non poter più caricarsi di pozioni e sfruttare la cura immediata), ma dall’altro vanno a diminuire parte della strategia di gestione dell’inventario (dove in passato era vitale saper conservare e sfruttare a dovere qualche pergamena ed un ingente numero di pozioni). Nulla da segnalare sul versante dei vari altari, rimasti identici al passato nell’offrire dei bonus al danno, all’armatura, al magic find o all’accumulo di esperienza ed oro.

 

DIFFERENZE – ROUND 4: ESPLORAZIONE, EVENTI RANDOM, LONGEVITA’, COOP, CRAFTING E MALUS!

L’esplorazione non è certo un punto di forza della saga, ma più che altro è sempre stato uno stimolo per spingere i giocatori a scovare oggetti segreti, scrigni o gruppi di nemici particolari, nella speranza di droppare oggetti rari. Il level design è abbastanza lineare e non c’è rischio di smarrirsi nemmeno nei dungeon più lunghi e pieni di corridoi, ma un altro cambiamento apportato consiste nel reset di ogni area di gioco esplorata ad ogni nuovo login. In pratica adesso anche se esploriamo una fetta di zona X e poi usciamo dalla partita, al nostro ritorno in gioco quella zona verrà rielaborata a random, cambiando il suo design e stimolandoci a doverla esplorare di nuovo. In Diablo II, invece, le parti esplorate rimanevano fisse e la randomizzazione avveniva solo ad una nuova partita. Il respawn di nemici, invece, è rimasto lo stesso. Non è ancora chiaro il motivo alla base di un simile cambiamento (si suppone sia dovuto al voler evitare di appesantire i server dovendo mantenere in memoria troppi dati) ma almeno un nuovo aspetto davvero positivo è stato introdotto: la presenza di “Eventi Random”. Questi eventi randomizzati offrono un buon numero di varianti, di citazioni del passato, di incontri a sorpresa e stimolano il giocatore a superare una serie di sfide al limite del possibile. Ciò che ne giova maggiormente è la longevità, già attestata su livelli davvero notevoli e tipici della saga. Ma non è solo la durata del gioco a stimolare il giocatore, ma anche l’inserimento di una marea di achievements legati a determinate azioni ed imprese, tutto congegnato per mantenere sempre vivo lo stimolo nel provare una nuova classe. Per coloro che si annoiano ad affrontare in solitario orde di nemici, c’è anche una comoda modalità cooperativa, in cui sarà possibile aggiungere amici, crearsi una lista, unirsi a loro in partite pubbliche ed affrontare insieme intere parti del gioco. In questa modalità la difficoltà aumenta, viene calibrata in base al numero di componenti (si potrà giocare massimo in 4 giocatori) ed il bottino sarà esclusivo per ogni giocatore. Per chi attende la modalità Player vs Player è sicuramente un buon incentivo e garantisce comunque un aumento della longevità e del divertimento (soprattutto se si forma un party di amici in grado di affrontare i livelli più difficili). E se tutto ciò non bastasse c’è anche una sorpresa per i più assidui cacciatori di tesori: un livello segreto sulla falsariga del Cow Level di Diablo II (lascio a voi la scoperta).

Uno dei tantissimi eventi randomizzati che prevede il gioco. Ce ne sono di vario tipo, ma di solito consistono sempre e solo nel massacrare qualcuno o qualcosa.

Altro aspetto innovativo e stimolante è la presenza di un sistema di crafting che, rispetto al passato, ora può vantare un fabbro ed un gioielliere in grado di salire di livello (previo investimento di risorse e monete d’oro) e craftare oggetti di qualità sempre maggiore. Il fabbro unisce in sé sia i servigi del vecchio incantatore e sia, in parte, quelli del famoso Cubo Horadrim di Diablo II, permettendo al giocatore di scomporre oggetti per ricavarne materie prime con cui poter creare equipaggiamento normale, magico, raro, leggendario o addirittura facente parte dei preziosi set “verdi” (a patto di aver trovato i progetti per crearli). Il gioielliere sostituisce il Cubo nella combinazione delle gemme (diminuite in varietà, ma con più livelli di upgrade) e ci permette di inserirle o toglierle dai pezzi di equip con i consueti socket. Peccato che il costo di determinati upgrade e servigi sia stato calibrato abbastanza male e spesso è meno dispendioso rivolgersi, ancora una volta, alla Casa delle Aste per comprare equip o gemme utili (altro aspetto che sulla carta dovrebbe aumentare lo stimolo della ri-giocabilità, ma che Blizzard dovrà limare con apposite future patch, altrimenti risulterà solo una mera presa in giro).

Fate amicizia con questa schermata, perché ve la ritroverete davanti molto spesso.

L’usura degli oggetti è rimasta intatta ma questa volta la riparazione sarà a carico dei normali mercanti, previo pagamento di una piccola somma d’oro. Quest’ultimo aspetto potrà sembrare banale, ma di fatto influenza totalmente il peso del fattore “Morte” dopo essere stati sconfitti ed aver subito un malus che, rispetto al passato, prevede soltanto la perdita del 10% dell’integrità dell’equipaggiamento indossato. Bassissimo costo delle riparazioni e bassa percentuale di usura inflitta dopo una morte, sono due fattori che non ci stimoleranno affatto ad essere cauti contro i nemici, spingendoci più ad atti da kamikaze che ad attuare qualche piccola tattica. In Diablo II, invece, il solo pensiero di rischiare di perdere somme di denaro, punti esperienza ed esser costretti a dover tornare ogni volta nel luogo della nostra ultima morte (per riprenderci l’equipaggiamento dal nostro “cadavere”)  erano tre malus in grado di rendere il nostro approccio molto meno votato al suicidio. Anche in questi aspetti si nota ancora una volta la volontà di semplificazione rivolta ad un target meno abituato a determinate sfide e meccaniche.

 

DIFFERENZE – ROUND 5: NARRAZIONE, DIARIO, FOLLOWER, BOSS FIGHT, GRAFICA E SONORO!

La trama è divisa in quattro Atti, dura circa 10 ore ed offre una narrazione che alterna molti dialoghi con NPC a scene di intermezzo in cui il nostro personaggio commenterà gli eventi in corso. Come in Diablo II, tra la fine di un atto e l’inizio del successivo, verremo intrattenuti da epici filmati in computer grafica di ottima fattura tecnica ed artistica, ma gli eventi narrati ed il writing in se non brillano certo per originalità e qualità. Svolgono comunque un ottimo lavoro di facciata, con tanto di alcuni colpi di scena, in un gioco dove la trama non è certo primaria. Di ottima fattura è invece il comparto narrativo e di approfondimento del lore della saga, che sfrutta un quantitativo impressionante (per un Hack’n’Slash) di libri ingame memorizzati nel diario, in cui vengono racchiusi dei veri e propri audio book pieni di racconti e curiosità. Alcuni di essi riassumono le vicende dei primi due capitoli e spiegano anche alcuni passaggi oscuri, il tutto con la comodità di poterli riascoltare con calma ogni volta che ne sentiremo il bisogno. Scovando determinati libri potremo sbloccare anche alcuni eventi random e compiere delle imprese legate ad un Achievement.

Ecco uno dei filmati che introduce il background di una classe. Durante la main quest ne vedremo diversi e tutti doppiati con la voce della classe scelta.

A farci compagnia durante la nostra epica missione non ci saranno solo libri, NPC, mostri e loot, ma anche tre follower: un Templare, un Lestofante ed una Maga. Il loro ruolo non sarà più quello di meri mercenari silenziosi, gestiti dalla IA ed utili solo per attirare le ire dei nemici, ma ognuno di essi è stato egregiamente inserito nella narrazione degli eventi e nella trama. Potremo portare con noi solo uno dei tre e gli altri due ci attenderanno nei vari accampamenti allestiti in ogni atto. Nelle fasi di esplorazione scopriremo che sono dotati di una personalità propria (così come il nostro PG) e di un ingente numero di dialoghi e battute che non mancheranno di riempire i vuoti nelle fasi di esplorazione. Saliranno di livello insieme a noi, potranno indossare equip personalizzato e potranno sfruttare quattro delle loro otto skill sbloccabili (saremo noi a scegliere quale skill attivare man mano che saliranno di livello).

Nelle scorribande a caccia di tesori dovremo continuamente fare i contri con vere e proprie orde di nemici, la cui IA è molto basilare ma fa egregiamente il suo lavoro di metterci continuamente sotto pressione. Il meglio del bestiario viene offerto dalla sua varietà e da quattro particolari categorie che si alternano a quella dei nemici comuni: avremo nemici con aura blu (i Campioni), con aura gialla (Elite), boss minori e boss di fine atto. Campioni ed Elite funzionano come in passato e sperimentando i 3 livelli di difficoltà successivi a quello Normale dovremo fare i conti con un sistema di “prefissi e suffissi” molto severo e che abbinerà poteri random ad ognuno di essi, garantendo ogni volta una sfida diversa. I boss minori spunteranno in punti fissi proseguendo con la trama principale e varieranno sia per potenza che per poteri. Mentre i boss di fine atto saranno quelli col maggior numero di attacchi diversificati e pattern, e saranno parte integrante della trama. Inutile precisare che lo stimolo principale viene offerto dal dare la caccia a queste quattro tipologie di nemici, dato che garantiscono anche le migliori possibilità di droppare equipaggiamento di alta qualità (grazie soprattutto allo sfruttamento del Nephalem Valor, che si attiva non appena avremo sconfitto un gruppo di nemici Elite o Campioni con un PG di livello 60, ed aumenta drasticamente la percentuale di ritrovamento di oggetti magici – a patto di non cambiare il set di skill). Certo è che se prima Blizzard non bilancia un po’ il drop rate, parte di questo stimolo viene praticamente a mancare.

Sì è lui, il vecchio Re Leoric in uno di quelle cutscenes che preannunciano un’epica battaglia.

Sul versante grafico non siamo di fronte ad un lavoro proprio eccelso, ma in effetti le polemiche erano nate già dalle prime immagini comparse nel 2008, dove l’influenza dello stile grafico di WoW, ed una presenza massiccia di luce e colori, andavano in pieno contrasto con lo stile dark/gotico dei primi due capitoli della saga. Nonostante tutto, non manca di certo una quantità industriale di sangue, violenza, gore, esplosioni ed ambienti da cui traspare la presenza dei Signori degli Inferi Fiammeggianti. Purtroppo le texture usate non sono proprio degne degli standard del 2012, ma resteremo stupiti dalla bellezza di alcuni scenari, da alcuni effetti grafici e, come già anticipato, dal comparto delle animazioni, capace di donare feedback ad ogni colpo lanciato o subito.

Il comparto sonoro è di buona fattura e tipico degli standard Blizzard, ma va segnalato un pesante riciclo di alcuni effetti sonori e brani che sono ormai sono parte integrante della saga (come ad esempio il famosissimo brano di Tristram). Molto probabilmente questa scelta nasce dal voler sfruttare anche un certo fattore di nostalgia e continuità, ma qualche brano o effetto in più non avrebbe di certo guastato. Sul versante del doppiaggio, invece, non si è badato a spese e ci ritroveremo una buona quantità di dialoghi e filmati interamente doppiati da alcuni dei migliori doppiatori italiani.

 

ROUND FINALE: È UN DIABLO IN GRADO DI RINNOVARE UN GENERE?

Nonostante quest’analisi approfondita, rispondere in modo netto al quesito di cui sopra resta comunque un’impresa difficile. Ci sono molti fattori che potrebbero sembrare lontani dal funzionamento intrinseco del gioco, ma che invece lo influenzano in una maniera davvero impressionante. E sono quegli stessi fattori che tracciano un taglio netto col passato in molti aspetti, e che testimoniano una volontà di rinnovamento influenzata forse troppo dal successo di WoW e da nuove politiche alquanto opinabili in casa Blizzard.

Scelte come l’online perenne garantiscono sicurezza da una parte, ma al tempo stesso influenzano brutalmente la fruizione del gioco, il suo gameplay, il bilanciamento, la longevità, lo stimolo nel rigiocarlo, la caccia ai tesori, e tra down del server, malfunzionamenti, manutenzione, hacking, cheating e quant’altro, il bollettino di guerra finale non è certo esente da pesanti critiche nei confronti dell’operato del colosso Blizzard. Al che ci dovremmo chiedere: 12 anni non sono bastati? Evidentemente no, perché infondo qui stiamo parlando di Blizzard, onnipotente software house con anni ed anni di esperienza nel campo e leader nel mondo dei MMO, non di una casa qualunque. Una simile riflessione di fondo credo sia dovuta nei loro confronti, soprattutto quando li vediamo trattare in modi poco piacevoli il loro brand forse più famoso nella storia. E purtroppo è fin troppo palese la direzione che Blizzard sta da anni prendendo: business prima del divertimento. Certo, non stiamo parlando di una Onlus, sia chiaro, ma l’influenza post-WoW li ha cambiati parecchio e Diablo III ne è l’ulteriore conferma.

Gli achievements sono una marea ed è quasi impossibile non trovare qualcosa di stimolante.

VERDETTO DIABOLICO

Ergo, la prima domanda iniziale era: è un Diablo?

Beh, diciamo di sì, perché riesce ancora a “drogarci” mantenendoci attaccati al monitor per intere nottate e mantiene ancora intatte alcune caratteristiche basilari. Ma ha perso una buona fetta del peso storico che aveva avuto in passato ed ha deciso di allontanarsi da alcune meccaniche che avevano fissato gli standard dei moderni Hack’n’Slash. In pratica invece di rivoluzionare nuovamente un genere, si è pensato più che altro a creare una nuova “Gallina dalla Uova d’Oro”, assicurandosi introiti a sostituzione della fine del successo di WoW (ormai in fase di declino). Una simile decisione non porta sempre a risvolti positivi e Blizzard, pur vendendo comunque a palate, dovrebbe dare maggiore ascolto ad una fetta della fanbase che da anni gli chiede di non subordinare ogni suo brand al successo riscosso da WoW, perché quella formula non funziona allo stesso modo in un Hack’n’Slash del calibro di Diablo.

La seconda domanda era: è ancora in grado di rivoluzionare un genere che ormai non si evolve da anni?

Qui mi sento di dover esporre un secco “No!”, perché se da un parte si è notato lo sforzo di inserire un ingente numero di novità (alcune anche molto gradite), dall’altra è fuori dubbio che determinate scelte e semplificazioni siano state volontariamente piegate a precise regole di mass market, facendo smarrire quel fascino che aveva in passato e rendendo totalmente vane le già citate scelte volte al rinnovamento. In fondo da Blizzard ci si aspettava molto di più, inutile nasconderlo.

In conclusione: milioni di copie sono state vendute, record battuti, e mentre mezza community bestemmiava contro i cambiamenti o i disservizi, Blizzard brindava al mega successo ottenuto. Potremo prendercela quanto vogliamo per tutto questo, ma il mass market funziona da sempre in questa maniera. Le polemiche di oggi col tempo (e le patch) si smorzeranno e la community tornerà a passare intere nottate in balia di orde di nemici e speranze di drop, dimenticandosi di tutti i problemi appena elencati. Proprio come accadeva ai tempi del buon vecchio Diablo II, pieno di cheater e furbetti. Il tempo ha cancellato i cattivi ricordi e sono rimasti solo i ringraziamenti da parte del nostro martoriato ciclo circadiano.

DATI DEL GIOCO

Piattaforme: Windows, Mac OS, PlayStation 3, PlayStation 4, Xbox 360, Xbox One

Sviluppatore: Blizzar Entertainment

Distributore: Blizzar Entertainment

Data di uscita: 15/05/2012

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PEGI: 16+

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Webdesigner e grafico per hobby, troll di professione. Gli è apparso in sogno il suo unico Dio (Chris Avellone) e da quel giorno pensa di essere il suo araldo. Se ne va in giro per forum e social network a predicare il “Verbo del Sacro Ruolismo” e portare un barlume di speranza nei luoghi in cui Bioware e Bethesda hanno lasciato solo macerie.