Tra il dire e il fare c’è di mezzo un cratere
Gli Hack’n’Slash non sono mai stati famosi per essere un genere pieno di innovazioni e rivoluzioni e da fin troppo tempo sono rimasti praticamente vincolati ad un certo tipo di concept, che nessuno riesce realmente a svecchiare o addirittura allontanare dal padre storico (Diablo). Basti osservare come lo stesso Diablo III non sia riuscito ad evolvere la formula di base in qualcosa di seriamente diverso ed è abbastanza chiara la situazione in cui questo genere verte ormai da tempo, troppo tempo. Qualche mese fa abbiamo parlato della versione alpha di un Hack’n’Slash che prometteva una ventata d’aria fresca, ma trattandosi di una versione prematura non era ancora chiaro fino a che punto sarebbero riusciti a spingersi gli sviluppatori. Oggi torniamo a parlare di Krater Shadow over Solside, Hack’n’Slash con elementi da RPG e strategico/cooperativo in tempo reale, per vedere se sia riuscito in questa non facile impresa.
Sviluppato dagli svedesi di Fatshark (già noti per Bionic Commando Rearmed 2, Lead and Gold ed Hamilton’s Adventure) in esclusiva su PC, la sua particolarità consiste proprio nelle molteplici premesse che ne hanno ispirato la creazione: una su tutte la voglia di evolvere la formula obsoleta su cui il genere si poggia da troppi anni. L’intento iniziale degli sviluppatori svedesi era quello di offrire un’esperienza abbastanza nuova e fondata su azione, strategia, una narrazione meno dozzinale ed una via di mezzo tra il gameplay tipico di un Hack’n’Slash (che ricorda alla lontana lo stile dei primi due Dungeon Siege), la complessità tattica di un Syndicate o X-Com, e la formula cooperativa tipica di giochi come Heroes of Newerth e DOTA. Purtroppo, come ben sappiamo, quando ci si trova di fronte a premesse iniziali così interessanti la fregatura è sempre dietro l’angolo, e vi è sempre una pesante differenza (in termini pragmatici) tra ciò che si promette e ciò realmente viene implementato nel gioco finale. Pur apprezzando le buone intenzioni, cerchiamo lo stesso di capire i motivi per cui Fatshark non sembra essere riuscita con successo nell’impresa che si era prefissata.
Sapete cosa piace a noi svedesi?
Krater è ambientato in una Svezia post-atomica di un ipotetico terzo millennio, in cui la popolazione umana è stata decimata a causa di un’enorme guerra nucleare. Il mondo di gioco è alquanto bizzarro, molto originale, a tratti buffo e dal design piacevolmente caratterizzato e fuori dalle righe. Non saremo di fronte al solito mondo post-apocalittico pieno di colori spenti e desertificazione, ma ad uno stile artistico difficilmente riconducibile a classici come Fallout o Wasteland. Cominciando una nuova partita dovremo scegliere tra tre livelli di difficoltà, che influenzeranno il quantitativo di vitalità e danni inferti dai nemici, ed il tipo di malus che subiremo in caso di morte di un mercenario (argomento che tratteremo in seguito nel dettaglio). Il giocatore dovrà indossare i panni di un gruppo di mercenari al servizio del miglior offerente di turno e sin dalle prime battute si noterà subito la suddetta atmosfera bizzarra, con un inizio del gioco che farà da pseudo-tributo al film “Hangover” (Una Notte da Leoni). Ripristinato l’ordine dopo una brutta sbornia notturna, cominceremo ad accumulare missioni su missioni al servizio di un’organizzazione segreta, il cui scopo sarà scoprire cosa si nasconde dietro alle azioni violente di un famoso criminale che terrorizza l’intera zona. Da qui avrà inizio la nostra avventura, che ci porterà a visitare gran parte del cratere attorno cui sono situati i maggiori centri abitati e le aree di interesse sopravvissute al conflitto nucleare.
Il sistema di controllo sarà quello tipico “punta&clicca”, con telecamera a volo d’uccello e possibilità di selezionare i membri del party (sia col mouse che premendo i tasti QWE, i quali selezioneranno un singolo membro), spostarli nell’area di gioco, farli parlare con gli NPC, oppure ordinargli di attaccare un nemico come accade in qualsiasi altro Hack’n’Slash classico. Nessuno dei membri verrà controllato in automatico dalla IA, quindi saremo sempre noi giocatori a dover impostare una sequenza di ordini ed azioni per gestire ogni situazione. Non ci sarà creazione del party e potremo arruolare al massimo 3 delle 4 classi disponibili: Bruiser, Medikus, Regulator e Slayer. In seguito scopriremo che ogni classe ha una sua variante in versione “Mutante” (cambia l’estetica e le skill), che potremo arruolare pagando appositi NPC. Ogni mercenario possiede 5 attributi: Streinght, Stamina, Focus, Intelligence e Defence. Le classi svolgono le tipiche mansioni da attacco in prima linea, curatore in seconda linea, supporto nelle retrovie e via di seguito, con piccole varianti nelle versioni mutate, ma grossomodo l’uso tattico non cambierà molto. Gli attributi non potranno essere aumentati accumulando e spendendo i classici punti guadagnati man mano che saliremo di livello, ma solo sbloccando appositi slot in cui potremo impiantare degli upgrade sul corpo del personaggio. Tali upgrade andranno ad influenzare i danni ravvicinati o a distanza che possiamo infliggere, l’ammontare di punti vita, la resistenza al danno, ed i tempi di cooldown delle skill. Avremo a disposizione 2 slot da equipaggiamento per mercenario, in cui potremo inserire, rispettivamente, un’arma ed un gadget. Le armi sono eslusive per ogni classe e catalogate in pieno stile Diablo, con nomi di diverso colore (da quelli comuni ai leggendari), diversi quantitativi di DPS (danni al secondo) e vari bonus agli attributi e le skill. Purtroppo le skill sono solo 2 per classe e questo è forse il punto più critico di tutto il gioco, nonché la vera fonte di quella ripetitività che assale spesso questo genere di giochi. Anche salendo di livello (chiamato “Rank”) saremo praticamente obbligati ad usare sempre e solo le 2 skill iniziali, senza possibilità di sbloccarne altre. L’unica customizzazione possibile consiste nello sbloccare, anche qui, degli slot in cui poter applicare altri upgrade (simili a quelli per gli attributi), azione che ci permette di sfruttare alcuni bonus non appena useremo la skill in questione (in pratica funzioneranno come dei buff temporanei). Ergo non vi aspettate lo skill tree del vecchio Diablo II, o quello del nuovo Diablo III, e nemmeno quello dei vari Dungeon Siege II, Titan Quest o Torchlight: per capire i limiti di questo sistema basta calcolare 2 skill per 8 classi, con il risultato di dover “spammare sempre le stesse 16 mosse” per tutto il gioco, e con davvero poche combinazioni o varianti tattiche. Come già detto, è forse questo il vero peccato originale di Krater, che all’atto pratico, pur avendo buone premesse, finisce nello schiantarsi contro un muro di ripetitività a cui è davvero difficile resistere senza abbandonarsi alla noia.
La Svezia è un luogo pericoloso!
Ciò che faremo per la maggior parte del tempo è, ovviamente, combattere ed accumulare loot di vario tipo. Le fasi di combattimento consisteranno in una via di mezzo tra un tipico Hack’n’Slash ed uno strategico in tempo reale, dove dovremo essere lesti nel selezionare i membri del party ed ordinargli di attaccare i nemici (soprattutto perché non c’è una pausa tattica da poter sfruttare). In queste fasi ci viene in aiuto un’interfaccia molto comoda, semplice ed immediata, dove nella parte bassa avremo la classica quickbar con cui poter attivare le skill o i gadget (anche attraverso i tasti numerici da 1 a 6), mentre a sinistra avremo i ritratti dei 3 mercenari, la barra di vitalità e le ferite che hanno subito. Aprendo i vari menu in basso avremo accesso ad un inventario diviso in 4 tipologie di oggetti collezionabili (Weapons, Valuables, Blueprints e Upgrades), oppure potremo osservare la scheda del nostro mercenario ed implementare eventuali upgrade agli attributi e le skill. Le già citate ferite sono una piacevole aggiunta che ci stimolerà a prendere sul serio i combattimenti, senza lanciarci a capofitto come se stessimo grindando l’ennesimo capitolo di Diablo III. Infatti la loro particolarità è legata al livello di difficoltà scelto all’inizio di una nuova partita: a livello Casual subiremo una ferita (ovvero un malus ad un attributo o skill) se un mercenario verrà stordito per 4 volte di fila e potremo accumulare massimo 3 ferite attive, senza mai rischiare di far morire definitivamente il personaggio; a livello Normal subiremo una ferita ogni 4 stordimenti e se accumuleremo 4 ferite il mercenario morirà permanentemente; a livello Hardcore subiremo una ferita ad ogni stordimento e sarà morte permanente dopo la quarta ferita. Sicuramente è un sistema in grado di stimolarci a ponderare bene i combattimenti e la gestione dell’accumulo di malus, anche se non è del tutto punitivo e ci offre, previo pagamento, la possibilità di poter guarire le ferite attive (rivolgendoci ad un dottore nei centri abitati).
La IA dei nemici si limita a pattern classici, attivandosi non appena ci vedono nelle vicinanze e tendendo ad attaccare il personaggio che procura più danni. Ogni tanto alcuni nemici possono sfruttare skill speciali per paralizzare un nostro mercenario, per curarsi, per procurare danni ad area, per rallentarci o per farci subire danni extra (tipo da avvelenamento), ma non hanno un ventaglio di attacchi particolarmente ampio e vario (soprattutto se paragonato alla concorrenza). Il più delle volte punteranno il curatore, ma basterà usare attacchi che infliggono ingenti danni col Tanker e li vedremo subito cambiare target. A livello tattico le premesse dietro al gioco, purtroppo, decadono di fronte a poche varianti, pochi tipi di nemici, pattern ripetitivi e, come già anticipato, pochezza dello skill-tree. A conti fatti possiamo affermare che quasi un buon 80% degli scontri si potranno risolvere con la stessa sequenza di mosse classiche: Tanker che attacca in prima fila, attira i nemici e provoca ingenti danni immediati; Slayer che gli fa da supporto infliggendo meno danni ma con maggiore durata nel tempo; Medikus che cura un singolo target o ad area; Regulator che stordisce o rallenta i nemici ed è utile anche con i suoi attacchi a distanza micidiali (ma lenti). Questa formula, ripetuta per un numero di volte indefinito, alla lunga porta alla noia e non ci stimola a sperimentare chissà quali altre tattiche. La situazione migliora un po’ sfruttando i gadget, in grado di infliggere danni extra (tipo le bombe a mano) o buff ad alcuni attributi, danni e skill, ma in questo ambito il paragone con i vari X-Com o DOTA è davvero a sfavore di Krater e rimane solo tanta amarezza nel veder sfumare i buoni presupposti iniziali. Potremmo pensare che le varie combinazioni di tipologie di mercenario (soprattutto le versioni mutate) siano in grado di evitare tutta questa ripetitività, ma il risultato non cambia molto, e sinceramente in un gioco in cui si combatte così tanto questo non è certo un difetto da poco.
Non si vive di sole mazzate!
Sul fronte dell’esplorazione ci muoveremo in aree divise tra centri abitati (in cui potremo interagire con vari NPC, tra cui mercanti, dottori e quest giver) e dungeon da ripulire (pieni di nemici e loot). Come già anticipato, il setting è atipico e le classiche lande desolate sono sostituite da vegetazione, colori atipici e bizzarre strutture architettoniche. Graficamente il gioco si presenta bene, ed oltre alle già citate bizzarrie del lato artistico, sfrutta un engine in grado di gestire buona parte degli effetti tipici delle DX 10/11, con texture decenti, luci ed ombre in tempo reale, buoni effetti dell’acqua, ed una profondità di campo che simula bene l’effetto blur sugli oggetti in primo piano. Le animazioni sono di buona fattura, così come alcuni effetti grafici durante i combattimenti. Il level design dei dungeon è molto lineare ed impostato alla Torchlight (su più livelli di profondità), con nemici piazzati a gruppi di varie dimensioni, senza mai presentarsi in orde disordinate alla Diablo. Una piacevole sorpresa è la presenza di una World Map in stile La Battaglia per la Terra di Mezzo (viene riprodotta in grafica tridimensionale l’intera zona circostante il cratere), priva di fast travel ed a cui avremo accesso uscendo da un centro abitato o dungeon. Potremo spostarci liberamente da una zona di interessa all’altra tramite un puntatore che indica la nostra posizione (alla Fallout, per capirci) e durante questi spostamenti può capitare di dover affrontare alcuni brevi “Random Encounter” (in cui di solito l’obiettivo è ripulire una piccola area dai nemici e raccogliere il loot, con piccole varianti in cui incontreremo dei mercanti intenti a venderci oggetti speciali). In questa fase noteremo anche come sia stato implementato un rudimentale ciclo “giorno/notte” che, all’atto pratico, influenza solo la tipologia di nemico che si può affrontare negli incontri casuali. Potremo, inoltre, decidere liberamente di esplorare aree della mappa senza seguire la main quest, dando libero sfogo alla ricerca di loot prezioso, di oggetti utili per il crafting o di nemici di livello superiore al nostro. Non c’è alcun livellamento dei nemici e spostandoci di parecchio dagli obiettivi della main quest non sarà raro fare i conti con aree di gioco “offlimits”. Se da una parte questa libertà stimola piacevolmente lo spirito esplorativo e la sfida nel superare scontri fuori portata, dall’altra risulta quasi impossibile vincere contro nemici di diversi livelli superiori al nostro. La causa di ciò va ricercata nell’opinabile scelta di limitare il level cap a massimo 15 livelli di Rank, cosa che ci obbliga a dover grindare parecchio nella speranza di scovare (o acquistare) upgrade per attributi e skill, oppure armi con un maggior valore di DPS.
La gestione iniziale del “level up” del nostro team di mercenari è un’altra di quelle scelte di design che si fatica a comprendere. Inizialmente avremo a disposizione mercenari che possono raggiungere massimo il Rank 5 ed andando avanti con la main quest avremo accesso a determinati NPC che potranno farci arruolare (previo pagamento) nuovi mercenari di Rank superiore (che vanno da 1 a 10, per finire con quelli da 1 a 15). Questa scelta comporta due pesanti conseguenze: la prima, che ci obbliga a dover abbandonare i mercenari che raggiungono il loro level cap massimo, sostituendoli con altri di Rank superiore; la seconda, che ci obbliga a dover ripetere di nuovo tutta la fase di “livellamento” per portare un nuovo componente al suo Rank massimo (cosa che crea anche diversi problemi di bilanciamento se ci troviamo in zone “offlimits” per un team composto da nuovi elementi che partono dal Rank 1). Dopo numerose polemiche da parte della community, non è un caso che Fatshark abbia rilasciato una patch che permette ad un apposito NPC di promuovere e sbloccare il Rank limitato di un membro del nostro party. In questo modo è stato possibile evitare di arruolare nuovi membri ed aumentare direttamente il range del Rank di un singolo membro fino a quello massimo (almeno si evitano ripetitivi processi di livellamento).
Questa Svezia ci sta un po’ stretta!
Se una cosa bisogna riconoscere agli svedesi di Fatshark, è la volontà di supportare e migliorare il gioco con continue patch. Sembra strano nell’odierno panorama videoludico, ma sono uscite circa una decina di patch in meno di un mese ed ognuna ha limato un difetto o aggiunto qualche ritocco notevole. Purtroppo anche dopo le patch alcuni problemi sono rimasti e continuano a limitare parecchio la formula di gioco. Per esempio il level cap è rimasto sempre troppo basso per un gioco che, in teoria, offre un sacco di dungeon ed aree della mappa in cui poter accumulare una mare di punti esperienza. Questa scelta limita parecchio la longevità e dopo aver portato tutte e 8 le classi al Rank massimo (operazione che, a differenza di molti altri Hack’n’Slash, non richiede decine e decine di ore di gioco, ma è molto più breve), l’unico stimolo nel continuare a ripulire i dungeon sarà quello di scovare un loot in grado di aumentare i DPS, o upgrade in grado di aumentare i valori degli attributi e dei buff temporanei delle skill. Qualcuno potrà trovare stimolante questa impostazione basata maggiormente sul “play for gear”, ma ricordandoci sempre della ripetitività con cui si viene costretti ad impostare ogni combattimento, non ci vuole molto a capire come l’endgame di questo Krater arrivi fin troppo presto alla cosiddetta “frutta”. Questa impostazione molto limitante crea anche una sorta di conflitto tra l’ingente numero di aree esplorabili (in totale ce ne sono più di 50), il bassissimo level cap, e il bilanciamento della difficoltà che viene richiesta nell’affrontare le aree in cui vi sono i nemici di livello maggiore (ovvero i nemici che lasciano a terra il loot migliore e che, una volta massimizzato il Rank, funge da unico spiraglio di potenziamento dei membri del team).
A limare leggermente questi conflitti vi è la presenza del crafting e dei mercanti, con cui potremo creare numerosi oggetti di qualità superiore, oppure acquistare upgrade per attributi e skill. I migliori oggetti ed upgrade non si potranno acquistare direttamente dai mercanti ma bisognerà prima trovare gli appositi schemi di creazione, per poi usare il banco di lavoro finalizzato al crafting. Qualche colpo di fortuna nell’algoritmo che gestisce il loot potrebbe, in teoria, aiutarci e permetterci di avere accesso ad oggetti in grado di abbassare la difficoltà nei dungeon più difficili, ma il tutto è randomizzato in pieno stile Diablo e potremmo impiegarci diverse ore di gioco prima di beccare un oggetto o schema realmente utile.
L’ironia scandinava che tenta di farci dimenticare una beta
Sul fronte narrativo qualche premessa interessante si è rivelata piacevole. La trama svolge un lavoro accettabile per un Hack’n’Slash, così come i dialoghi (in inglese, non tutti doppiati, ma con alcune voci davvero simpatiche ed in sintonia con i personaggi alquanto bizzarri che incontreremo). Il sistema di dialogo si svolge in un’apposita finestra in cui potremo anche scegliere alcune risposte tra diversi rami, ma non aspettatevi stat check o scelte/conseguenze, perché non ve ne saranno. Il writing, pur non eccellendo, resta comunque piacevole, soprattutto perché pieno di toni ironico/sarcastici in grado di caratterizzare abbastanza alcuni NPC. Alcune battute, o citazioni, sono tipiche della cultura scandinava (come per esempio la citazione alla famosa industria IKEA) ma non tutti saranno in grado di coglierle. La cosa che più noteremo in questi frangenti è la totale mancanza di caratterizzazione dei membri del nostro party, che risponderanno sempre nello stesso modo anche se verranno cambiati. Tra un dialogo e la pulizia di un dungeon, avanzeremo nella main quest (divisa in 5 capitoli), con tanto di breve intermezzo in cui vengono mostrati degli artwork statici ed una voce narrante che commenta il proseguo della nostra avventura (in questo aspetto è simile a Diablo). A livello sonoro è stato fatto un ottimo lavoro: effetti piacevoli, doppiaggio simpatico e musiche davvero in sintonia con il tipo di ambientazione (con brani tendenti al genere elettronico).
Sicuramente è piacevole notare un’impostazione narrativa che tenta un minimo di caratterizzare la trama, alcuni NPC ed il proseguo della main quest, sfruttando bene anche grafica e sonoro. Ma l’endgame del gioco non tarderà a farsi sentire ben presto ed a farci notare come Krater sia stato pubblicato in una fase poco lontana da quella beta. Durante il periodo di pubblicizzazione gli sviluppatori svedesi avevano promesso di aggiungere una modalità cooperativa ad un mese dall’uscita, ma ad oggi ancora non se ne sa nulla. Questo, e tante altre scelte di design, fa riflettere molto sullo stato di sviluppo del gioco e ci spinge a chiederci se non fosse stato più saggio aspettare qualche mese in più, così da tirar fuori un prodotto maggiormente completo e, soprattutto, in grado di offrire una modalità cooperativa come ulteriore stimolo nel continuare a giocare. Per correttezza va precisato che in fase di ultimazione gli sviluppatori hanno dovuto fare i conti con diversi problemi finanziari, ma seppur possa essere comprensibile la scelta di pubblicare un gioco non ancora completo, al tempo stesso non vuol dire che sia una scelta da non criticare. La modalità cooperativa sarebbe stato un incentivo davvero utile, pur non dando alcuna garanzia di miglioramento delle basi su cui si poggia il gioco (a causa sempre della già ripetitività dei combattimenti). Su questo fronte ormai non ci resta che attendere l’inserimento di tale modalità, per vedere se aumenterà un minimo lo stimolo a continuare a giocare e ripulire i numerosi dungeon inesplorati.
Considerazioni finali
Krater si presentava con tante premesse interessanti, con una voglia di portare un bella ventata di aria fresca in un genere ormai stantio, e con un formula che avrebbe dovuto unire diversi aspetti presi in prestito da generi diversi fra loro. Come abbiamo notato, su alcuni aspetti è riuscito leggermente ad offrire qualcosa di diverso, ma al tempo stesso ha peccato su aspetti troppo importanti per un Hack’n’Slash, puntando su scelte di design davvero poco condivisibili. Offrire un mondo liberamente esplorabile e pieno di dungeon da ripulire, è una di quelle scelte che difficilmente riescono a convivere con un level cap di solo 15 Rank e con un gameplay che ci obbliga a dover sfruttare sempre e solo le stesse 2 skill per ogni personaggio. Alla lunga è davvero difficile combattere contro la noia, soprattutto quando si viene praticamente costretti a dover grindare per ore se si vuol battere il boss finale (che è davvero tosto). A questo aggiungiamo anche la spiacevole sensazione di avere in mano una versione beta e la pesante mancanza di una modalità cooperativa che, dato il tipo di gameplay, sarebbe dovuta essere praticamente il cavallo di battaglia, ed il quadro globale non è dei migliori.
Non mi sento di condannare del tutto i volenterosi sviluppatori scandinavi, soprattutto perché stanno dimostrando di aver capito l’errore e di voler riparare al più presto, ma certe scelte sono difficili da comprendere ed il risultato finale ci mette davanti ad un gioco che prende la sua bella lista di buone intenzione e poi la strappa inspiegabilmente, per dar spazio a ripetitività esagerata e limitazioni incomprensibili. Se siete dei veri fan degli Hack’n’Slash con gameplay a metà tra Dungeon Siege, Diablo e cooperativi alla DOTA, allora potreste provare a dargli una possibilità, magari chiudendo un occhio su alcune scelte opinabili. Ma se ritenete già alquanto ripetitiva la formula alla Diablo o Dungeon Siege, e magari vi aspettate anche un alto livello di tattica, allora statene alla larga e dedicatevi ad altro. Da parte mia rimane solo la delusione nel vedere come Fatshark abbia sprecato una così ghiotta occasione, proprio nel periodo in cui Diablo III aveva dimostrato la sua incapacità nel rivoluzionare e svecchiare un genere statico come quello degli Hack’n’Slash.
IL VERDETTO
- Setting originale e bizzarro
- World Map liberamente esplorabile
- Dialoghi ironici
- Malus delle ferite
- Ottima colonna sonora
- Gameplay troppo ripetitivo
- Level cap troppo basso
- Pochissime skills
- Poca tattica
- Mancanza della modalità co-op
DATI DEL GIOCO
Piattaforme: Windows
Sviluppatore: Fatshark
Distributore: Steam
Data di uscita: 12/06/2012
PEGI: 16+
GIUDIZIO LETTORI
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