Conosciamo già gli Spiders per alcune avventure grafiche ma, soprattutto, per alcuni RPG d’azione di medio successo quali l’interessante Mars War Logs e il suo fallimentare seguito The Tecnomancer, Of Orcs and Men e Bound by Flame. Si tratta di un piccolo gruppo francese (composto da una ventina di persone) pieno di volontà e di ottime idee ma che finora non è ancora riuscito a “fare il botto”.
Con GreedFall si sono impegnati al massimo per emergere davvero, vediamo se ci sono riusciti.
Il gioco è pieno di pregi ma le pecche non mancano, cominciamo da queste ultime.
Contro
Tecnicamente non è certo un miracolo: con la versione per PlayStation 4, i rallentamenti e freeze non mancano, ho sperimentato anche un paio di crash sebbene il dettaglio sia degno di un gioco di dieci anni fa.
Inoltre facce ripetute, muri invisibili, il povero De Sardet scala agilmente pareti alte circa 2,50 metri ma si blocca davanti a una pietra di 15 cm.
Case e città sono affollate di persone meno vivaci di stoccafissi, i palazzi dei governatori sono identici tra loro (quadri compresi) e la stessa sorte tocca a caserme, prigioni, taverne, bordelli (anche loro pieni di statue di cera), e villaggi dei nativi.
Purtroppo il mondo di gioco non si può percorrere con continuità, le varie aree sono spesso molto ampie ma comunque delimitate e, certamente, il sistema degli spostamenti è un po’ insopportabile, forse più per il povero De Sardet che per il giocatore.
Infatti, per ogni quest, l’infelice viene spedito al punto A e poi al punto B e poi al punto C e poi deve tornare al punto A da cui lo mandano al punto D dal quale deve ritornare al punto B e poi di nuovo al punto A e, infine, al punto C dove la storia dovrebbe completarsi… invece no, deve tornare per l’ennesima volta al punto A (e non è detto che l’andirivieni finisca qui).
Purtroppo non sono pochi i casi di missioni che si prospettavano molto interessanti ma che poi risultano chiuse un po’ troppo frettolosamente.
Comunque ogni volta “77777 paia di scarpe ha consumato” e la cosa ha un po’ troppo il sapore di brodo allungato, inoltre il tutto risulterebbe più accettabile se, in precedenza, non avessimo già visitato 77 volte ognuno di questi “punti”.
Anche i viaggi rapidi sono una quaresima: spesso si deve camminare ore per arrivare in un punto in cui è possibile effettuare lo spostamento. Qui giunti si può scegliere la destinazione sulla mappa generale ma, appena partiti, si deve obbligatoriamente fare sosta in un campo base (di infinita inutilità) dove si possono fare acquisti, craftare, cambiare seguaci, ossia eseguire tutte operazioni che erano già possibili sia nel luogo di partenza che in quello d’arrivo. Quindi, per spostarsi, c’è questa inutile incombenza “burocratica” che fa pesare le palpebre e moltiplica i caricamenti (fortunatamente abbastanza rapidi).
A questo si aggiungono certe scarpinate infinite che terminano in un punto cieco e bisogna rifarsi tutta la strada all’indietro.
Si tratta di meccaniche ormai quasi ineluttabili negli open world (o presunti tali) volti a ingigantire il gioco ma che poi finiscono per mettere a dura prova la pazienza di chiunque, anche di coloro che non sono pregiudizialmente ostili al back tracking.
Pro
Ambientazione: il “XVII secolo alternativo/fantasy” è un mondo quasi inedito, nel genere ricordo solo Hard to be a God.
Grafica: artisticamente suggestiva soprattutto negli interni, tutti legni scuri con sciabolate di luce dalle finestre. In alcuni casi sembrano proprio dipinti da pittori olandesi del ‘700.
Le città, anche se piuttosto simili tra loro, si articolano in dedali di vicoli che sfociano in ampie piazze. Molto belli i costumi, ho particolarmente apprezzato le cuffiette in pizzo di certe dame che fanno tanto Vermeer. Le foreste sono discrete, un po’ monotone ma la fauna realistica e fantastica fa bene il suo lavoro.
Insomma: tecnicamente non è impressionante come certi tripla A recenti, ma gli scorci-gioia-per-gli-occhi certamente non mancano.
Musiche: elegantemente soporifere, c’è un’orchestrona impegnata in brani chiaramente ispirati a Smetana e Dvorak. Buon doppiaggio (inglese) e suoni ambientali nella norma.
Lore: è il vero punto forte del gioco. È un miracolo trovarne ancora uno così originale, coerente e ben approfondito.
Trama: enorme, complessa e che restituisce l’effetto “tubetto del dentifricio”, ossia: sembra sempre che sia finito e invece ha ancora molto da dare (chi legge valuti se è un pregio o una pecca). Molti personaggi sono assai ben delineati dal punto di vista psicologico. Sviluppando una adeguata affinità con i Seguaci, capiterà che questi ci affidino particolari missioni sempre interessanti.
Tra le fazioni è particolarmente riuscita l’odiosità di quella degli Inquisitori. Ma anche l’untuosa ipocrisia dell’Alleanza del Ponte suscita la giusta antipatia. Tra le altre fazioni spicca quella dei Nativi che, naturalmente, brillano per onestà intellettuale e attenzione ai problemi ambientali. Trovo comunque un po’ discutibile il maquillage di moda tra le loro donne.
Sottoquest: numerosissime, alcune assai pregevoli e non già straviste. Molte di esse sono catalogate come “Missioni Secondarie” ma, in realtà, devono essere risolte pena l’inceppamento della main.
Ruolo: dopo qualche ora di gioco viene finalmente e sorprendentemente fuori anche una componente ruolistica abbastanza diffusa.
Oltre al discreto sistema di crescita del personaggio (bisogna scegliere bene visto che non si può massimizzare tutto), la “reputazione” influisce su alcuni risvolti della trama, qua e là le scelte non mancano anche se, alla fine, il nucleo della trama è univoco.
C’è un finale migliore e uno peggiore, ma dipende esclusivamente da una domanda che scatta dopo aver battuto l’ultimo boss. Purtroppo la scelta è piuttosto obbligata.
Nota: all’inizio si può decidere se interpretare De Sardet uomo o donna ma, proseguendo nel gioco, risulta evidente che la storia era stata pensata per un personaggio femminile. C’è anche un editor (di modesta utilità) con cui si possono modificare alcune caratteristiche del personaggio.
Ci sono alcune la possibilità di romance, naturalmente gender free.
Il combattimento, in tempo reale, è abbastanza vario e articolato. È sempre possibile ricorrere a una “pausa tattica” che apre un menù dal quale si possono usare pozioni, tattiche e incantesimi. A difficoltà normale il gioco risulta facile non appena si comprende l’importanza di procurarsi quantità industriali di pozioni per salute e mana.
In definitiva
Questi Spiders non possono ispirare altro che simpatia, è ovvio che si sono buttati in un’avventura più grande di loro, un (presunto) open world con un’enormità di posti visitabili.
Pur non essendo colossi come Bethesda, Ubisoft o Rockstar, sono riusciti a mettere insieme un giocone pieno di spunti innovativi e riuscendo a nascondere piuttosto bene la limitatezza dei mezzi.
Consigliato!
IL VERDETTO
- Lore ottimo e originalissimo
- Missioni ben congegnate
- Personaggi ben delineati
- Atmosfere suggestive
- Graficamente e tecnicamente un po’ arretrato
- Eccessivo riciclo di luoghi e modelli
- Camminate e spostamenti estenuanti
DATI DEL GIOCO
Piattaforme: Windows, PlayStation 4, Xbox One
Sviluppatore: Spiders Studio
Distributore: Focus Home Interactive
Data di uscita: 10/09/2019
PEGI: 18+
GIUDIZIO LETTORI
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