Dopo lo strepitoso successo riscosso da Fallout 3 un paio di anni fa, la pubblicazione di un suo seguito era palese. Meno palese che questo (benché non propriamente un seguito, quanto uno spin-off) fosse affidato nelle capaci mani di Obsidian Entertainment, software house con un pedigree di tutto rispetto nel campo di seguiti di RPG, con all’attivo titoli come “Neverwinter Nights II” (Atari, 2006) e “Star Wars: Knights of the Old Republic II” (LucasArts, 2005), ma soprattutto con al suo interno ex-membri dei fu Black Isle Studio, scioltisi nel 2002, i quali avevano dato i natali alla serie di Fallout nel 1997, oltre che all’acclamato “Planescape: Torment”.
Ma andiamo con ordine: come già detto la serie nasce nel 1997 con il primo Fallout ad opera di Black Isle sotto etichetta Interplay, al quale fa seguito Fallout 2 l’anno successivo; si tratta di un gioco di ruolo con visuale isometrica ambientato in un futuro post-apocalittico, ispirato a film come “Mad Max” (George Miller, 1979) o fumetti come “Ken il Guerriero” (Buron Son e Tetsuo Hara, 1983), ma mischiato con un tecnologia retrò da fantascienza anni ‘50 e ’60 tipo “Il Pianeta Proibito” (Fred M. Wilcox, 1956) ed un graffiante humor nero, incarnato dai simboli da sogno americano del Pip Boy e della Nuka Cola, sullo sfondo di un pianeta devastato, dove regnano caos e miseria. Il sistema di gioco era basato su GURPS, invece del più diffuso Dungeons & Dragons, più malleabile ed adattabile a qualsiasi ambientazione, con la differenza principale che le caratteristiche non erano decise da un tiro di dadi, ma dalla scelta del giocatore, quello che vediamo anche nell’attuale New Vegas sotto la forma dello S.P.E.C.I.A.L.
La svolta si è avuta con il passaggio del testimone a Bethesda (creatrice della saga di The Elder Scrolls), che ha terminato lo sviluppo del terzo capitolo nel 2008, portando di fatto il marchio di Fallout nella next-gen. La scommessa di mantenere intatto il fascino e l’umorismo del gioco, nonché una solida esperienza ruolistica, coniugandoli con un’impostazione più moderna ed accessibile, è stata vinta, ed il passaggio alla terza dimensione, la visuale in soggettiva ed il tempo reale non hanno snaturato eccessivamente il gioco, complice un direzione artistica ed una sceneggiatura di prim’ordine, nonché alcuni stratagemmi come il VATS, in pratica una “pausa tattica” da impiegare durante i combattimenti, che permette di scegliere con calma il bersaglio e la parte del corpo da colpire, rendendoli di fatto un misto tra turni e tempo reale, riuscendo ad accontentare i fan di vecchia data e le nuove leve cresciute a pane e Oblivion.
Dietro la facciata da “sparatutto” si cela un gioco di ruolo vero e proprio: il nostro personaggio è governato da sette caratteristiche, che ne determinano forza, velocità, intelligenza, ecc. e da una pletora di abilità liberamente selezionabili, le quali dipendono dalle caratteristiche di cui sopra (ad esempio un personaggio con un alto valore in Forza avrà più punti di partenza per abilità come il combattimento corpo a corpo) che delineano il nostro stile di gioco. Non ci sono classi preimpostate, ma sarà il giocatore con le sue scelte a decidere lo stile del personaggio, se più orientato al combattimento, al commercio, alla persuasione o alle miriadi di combinazioni possibili. Per ogni quest portata a termine ed azione intrapresa ci vengono affidati dei punti esperienza, con i quali passiamo di livello, dove possiamo distribuire i punti guadagnati e scegliere tra i tanti perk, dei tratti caratteristici che contraddistinguono il nostro personaggio. A differenza del precedente capitolo, i perks in questione non saranno unicamente bonus o tratti peculiari, ma daranno allo stesso tempo quasi sempre dei malus o delle caratteristiche svantaggiose, per cui si renderà necessaria una scelta più oculata, inoltre non verranno assegnati ad ogni passaggio di livello.
Per i più hardcore gamer, è stata inserita una modalità “Hardcore” appunto, nella quale anche le munizioni che trasportiamo avranno un peso, gli stimpack (ovvero gli oggetti per curarsi dalle ferite) avranno un effetto diluito nel tempo, e gli arti rotti potranno essere curati solo dai medici, oltre ad inserire bisogni fisiologici come bere (ricordiamo che siamo nel deserto del Mojave) e dormire, rendendo il gioco più realistico ed anche molto più difficile.
Chi ha giocato Fallout 3 troverà pochissime differenze in questo spin-off, il che significa che ne ricalca anche i moltissimi pregi. Il gioco si configura come un free-roaming, ovvero il giocatore si ritrova in un mondo totalmente esplorabile, potendo fin da subito andare in qualsiasi parte dello scenario. Non essendo però il livellamento automatico dei nemici, come accade in Oblivion, alcune aree saranno di fatto precluse, data l’eccessiva potenza dei nemici presenti, che renderebbero il nostro viaggio assai breve. Salvo questo, il giocatore è libero di esplorare come più gli aggrada, anche se la storia e la quest principale sono un elemento fondamentale del gameplay e non solo un mero contorno, con missioni distribuite in modo da viaggiare per tutto lo scenario di gioco. L’ottima strutturazione delle quest e delle location, fa sì che viaggiando da un punto all’altro seguendo il filone principale della storia, non possiamo fare a meno di imbatterci in accampamenti o villaggi, dove troveremo altre avventure, sempre avvincenti ed in linea con il resto del gioco. Senza contare i numerosi edifici che magari cattureranno la nostra attenzione ed il nostro spirito esplorativo, spingendoci a curiosare al loro interno, per trovare magari ancora nuove quests e personaggi.
Da vero gioco di ruolo, in Fallout: New Vegas è possibile quasi sempre risolvere le quests in molteplici modi, ed interpretare il personaggio che abbiamo creato in totale libertà.
Da vero gioco di ruolo, in Fallout: New Vegas è possibile quasi sempre risolvere le quests in molteplici modi, ed interpretare il personaggio che abbiamo creato in totale libertà. In base alle caratteristiche che avremo sviluppato, potremo risolvere le situazioni che si pareranno di fronte a suon di piombo (o plasma o laser se preferiamo l’alta tecnologia, senza contare gli esplosivi), oppure con la nostra abilità oratoria, o ancora possiamo tradire chi ci ha affidato il compito e favorire la fazione avversa. Insomma le possibilità sono davvero molte, e non c’è una soluzione “migliore” rispetto alle altre, ma ognuna porta a conseguenze diverse, favorendo di fatto la rigiocabilità del titolo.
Per ogni azione che andremo a compiere ci viene affibbiato del karma positivo o negativo, che va a delineare l’allineamento buono o malvagio del nostro personaggio, così come avveniva in Fallout 3, con le conseguenze del caso sulle relazione con i PNG, e la possibilità o meno di affrontare alcune quests.
ogni nostra azione nei confronti di una determinata fazione, corrisponde un aumento o diminuzione della nostra reputazione presso di loro
In Fallout: New Vegas, questo sistema di reputazione è stato ulteriormente ampliato, con l’introduzione delle fazioni. Queste erano presenti anche in Fallout 3, ma il loro approccio nei nostri confronti veniva determinato solo da quest specifiche. In New Vegas invece, ad ogni nostra azione nei confronti di una determinata fazione, corrisponde un aumento o diminuzione della nostra reputazione presso di loro , un po’ come accadeva in “S.T.A.L.K.E.R. Clear Sky” (GSC Game World, 2009), lasciando quindi al giocatore una libertà interpretativa ancora maggiore, limitato non solo allo svolgimento di specifiche quest, ma al suo comportamento in generale.
Altri miglioramenti riguardano il crafting e le modifiche alle armi. Il primo è una sorta di “alchimia” per mutuare un termine dei giochi di ruolo fantasy, che ci permette, usando apposite ricette ed ingredienti, di creare cibi o “pozioni” dai vari effetti; anche le armi possono essere smontate per ottenerne materie prime da impiegare per realizzare munizioni o altri componenti. Le armi inoltre possono essere modificate o potenziate aggiungendo, mirini, silenziatori, caricatori maggiorati e quant’altro, modificando di conseguenza le loro caratteristiche.
La gestione dell’inventario, così come delle caratteristiche avvengono mediante il Pip-Boy, un dispositivo da polso che ci viene consegnato all’inizio della partita e che ci permette di visionare la mappa, gli oggetti in nostro possesso e di ripararli, lo status del personaggio, le quests, le radio e le note. Anche questo aspetto non ha subito modifiche rispetto a Fallout 3, e c’è da constatare una certa confusione nelle liste degli oggetti e armi, identificate solo attraverso il nome, senza icone o divisione per tipologia, il che rende la loro ricerca un po’ macchinosa.
Aspetto Tecnico
Complice il dominio del mercato console, l’avanzamento tecnologico forsennato che aveva accompagnato lo sviluppo videoludico degli ultimi dieci anni è notevolmente rallentato. Un gioco con la stessa grafica del predecessore, per di più mosso da un motore vecchio di quattro anni sarebbe stato impensabile all’inizio del XXI secolo, mentre oggi è quasi la norma. In questo caso si tratta del Gamebryo Engine, motore grafico sviluppato da Emergent Game Technlogies, il quale ha mosso titoli del calibro di “The Elder Scrolls IV: Oblivion” (Betehsda, 2006), “Fallout 3” (Bethesda, 2008), “Divinity II: Ego Draconis” (Larian, 2009) e altre decine di giochi più o meno noti.
Ne consegue un impatto grafico non strabiliante, ma comunque in linea con le produzioni attuali, e soprattutto forte di una direzione artistica di alto livello, che riesce a supplire alle carenze puramente tecniche con una cura certosina per i dettagli. Alcuni aspetti, come le animazioni, risentono maggiormente della vetustà del motore grafico, tuttavia i paesaggi, la distanza visiva e le ambientazioni in genere sono realizzate con grande maestria e pur non lasciando di stucco, non si può nemmeno rimanere indifferenti ai panorami che ci si pongono di fronte. La gestione delle luci è eccellente, con ombre ben delineate e passaggi tra giorno e notte davvero evocativi.
Anche gli effetti speciali svolgono il loro lavoro, il motion blur durante i combattimenti con lo SPAV, gli effetti delle armi, le esplosioni e le fiamme sono di buona qualità e rendono i combattimenti discretamente spettacolari, grazie anche a inquadrature particolarmente ispirate, che donano un taglio cinematografico ad ogni scontro. Le textures sono state migliorate rispetto a Fallout 3, ed ora personaggi e paesaggi sono maggiormente definiti, salvo rare cadute di tono, specialmente i volti dei personaggi ne hanno guadagnato in realismo, oltre all’implementazione di nuovi shader ed effetti di riflessione, in special modo sulle armi.
C’è da segnalare la presenza di alcuni bugs, che dovrebbero essere risolti a breve grazie ad una patch, che non rovinano l’esperienza di gioco ma possono risultare fastidiosi, come comprenetazione di poligoni, personaggi incastrati o che impugnano fucili invisibili; dettagli di poco conto, ma che su un motore rodato come il Gamebryo sono poco scusabili.
Il sonoro è realizzato con particolare cura, per quanto riguarda effetti, dialoghi e musiche. I primi sono ben campionati e godono di un ottimo posizionamento, così che è facile capire da che parte provengono (a patto di possedere un sistema audio adeguato, ovviamente), oltre a cambiare a seconda della distanza, così che udire una sparatoria in lontananza è molto diverso dal suono di una pistola ad un paio di metri di distanza. Lo stesso per i suoni ambientali, molti e ben curati, che rendono bene l’impressione di trovarsi nel deserto del Mojave.
La recitazione dei personaggi è veramente ottima, le voci sono caratterizzate bene e grazie a questo i dialoghi non risultano mai noiosi o piatti (per quanto una regia alla “Mass Effect” non ci sarebbe stata certo male). Le musiche meritano un discorso a parte: sono presenti quelle d’ambiente che ci accompagnano per tutta l’avventura, mai invasive o noiose, che cambiano a seconda della situazione, con motivi più calmi durante l’esplorazione, a composizioni più sincopate durante i combattimenti. Oltre a queste ci sono diverse stazioni radio sparse per il mondo di gioco, ascoltabili grazie al Pip-Boy, che trasmettono classici degli anni ’50 caratterizzando ancora maggiormente la peculiare atmosfera del gioco.
Commento Finale
Fallout: New Vegas riprende tutte le caratteristiche di quel gran gioco che è stato Fallout 3 ed aggiunge alcune novità che ne migliorano addirittura l’esperienza. Va da sé che chiunque non abbia gradito il capitolo precedente farà bene a tenersi alla larga anche da questo, ma tutti coloro che non si sono ancora stancati delle avventure nel mondo del dopobomba o che se ne vogliono avvicinare per la prima volta, possono prenderlo ad occhi chiusi, certi di trovarsi di nuovo di fronte ad un grande gioco.
IL VERDETTO
- Mondo di gioco reattivo alle azioni del giocatore
- Grandi possibilità interpretative
- Enorme numero di quest
- Ottimo sonoro e musiche
- Alcuni bugs
- Rallentamenti grafici
DATI DEL GIOCO
Piattaforme: Windows, PlayStation 3, Xbox 360
Sviluppatore: Obsidian Entertainment
Distributore: Bethesda Softworks
Data di uscita: 19/10/2010
PEGI: 18+
GIUDIZIO LETTORI
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