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Recensione Deus Ex: Human Revolution 2016-11-27T11:25:02+01:00
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    Recensione Deus Ex: Human Revolution

Transumanesimo

Mettere mano al seguito di Deus Ex di Warren Spector, uscito ben undici anni orsono, e che ha segnato la storia dei videogiochi, non era un’impresa facile per il neo-costituito team di Eidos Montréal. Visto anche lo scarso successo del secondo gioco, che non sopravvisse alle alte aspettative createsi.
Il primo capitolo, oltre ad una trama superlativa ed un’ambientazione curata ed interessante, fece della flessibilità del gameplay e della libertà di scelta del giocatore i suoi punti di forza, creando un ibrido tra sparatutto ed RPG, che affondando le sue radici in System Shock (1994), ha fatto scuola per il decennio successivo.

La Detroit del 2027.

La Detroit del 2027.

Deus Ex: Human Revolution, chiamato così in quanto prequel del primo e non un vero e proprio Deus Ex 3, ci trasporta nel futuro prossimo venturo, nell’anno 2027, dove l’avanzamento tecnologico nella creazione di protesi ha portato quelli che erano semplici rimpiazzi usati in caso di necessità, a miglioramenti per il corpo, a vantaggio di chi può permettersele. Le premesse ci sono tutte per uno scenario fecondo di squilibri sociali, lotte politiche e dilemmi morali, che fortunatamente Eidos non ha mancato di approfondire, e nel gioco troveremo numerosi e-books, giornali e notiziari che ci forniranno maggiorni informazioni sul mondo del 2027, o come si dice da queste parti, sul lore. Molti dei temi trattati hanno radici nei giorni nostri, in fondo ci troviamo solo 16 anni nel futuro, e il giocatore attento noterà moltissimi richiami alla situazione geopolitica attuale, che donano uno spessore maggiore al gioco, e spingono a riflettere sulle azioni e sulle scelte che andremo a compiere.
Il protagonista che andremo ad impersonare è Adam Jensen, capo della sicurezza di una delle principali multinazionali di protesi cibernetiche con sede a Detroit, che in seguito ad un incidente subisce un pesante intervento di “potenziamento” cibernetico che, volente o nolente, gli permetterà di avere numerose abilità speciali.

I pilastri del gameplay

Per fare fede al suo illustre predecessore, lo stile di gioco è rimasto pressoché lo stesso: ci saranno alcune città che fungeranno da hub, nelle quali, oltre a svolgere le missioni, troveremo i PNG che le affidano, negozi e tutto quello che ci aspetteremmo da una città in un qualsiasi RPG. Non potremo spostarci da un hub all’altro liberamente, ma solo con il progredire della trama, ma data la mole di lavoro che ci impegnerà in ognuno di essi (a loro volta le città sono divise in quartieri), non sarà una grossa limitazione.
Le missioni secondarie, che ci vengono affidate con il procedere della trama, oppure parlando con i giusti personaggi, sono di livello qualitativamente altissimo, e presentano sempre una propria storia, personaggi e molteplici soluzioni, che talvolta porteranno anche a delle conseguenze. Non ci troveremo mai di fronte la richiesta di uccidere dieci topi in un seminterrato, ad esempio.

Il protagonista Adam Jensen.

Il protagonista Adam Jensen.

Le molteplici soluzioni, appunto, sono quelle che resero celebre Deus Ex una decade orsono, ed è quello che rende eccellente il Deus Ex del 2011. In pochi giochi, specialmente uscendo dal panorama degli RPG free-roaming, c’è una tale sensazione di libertà. Non libertà intesa come possibilità di spostarsi in qualsiasi luogo o intraprendere attività, ma la libertà di risolvere una situazione nel modo a noi più congeniale, senza vedere evidenti soluzioni migliori, o che portano a maggiori benefici. Se potete pensare ad un modo di aggirare un ostacolo, probabilmente in Deus Ex: Human Revolution potrete farlo, che sia aggirarlo o abbatterlo, ovviamente.

Se potete pensare ad un modo di aggirare un ostacolo, probabilmente in Deus Ex: Human Revolution potrete farlo, che sia aggirarlo o abbatterlo, ovviamente.

Il gameplay è scandito dai potenziamenti dei quali potremo dotare il nostro Jensen, che spaziano dalla vista a raggi X, al poter sfondare i muri a pugni, saltare a 3 metri oppure diventare invisibili. La varietà non manca, e sebbene non sia possibile sviluppare tutti i potenziamenti al massimo, il giocatore è libero di ritagliarsi un personaggio su misura oppure puntare tutto su una caratteristica. A differenza degli RPG canonici, non sono presenti statistiche o caratteristiche del personaggio, ma solo le abilità, che vengono migliorate attraverso i punti Praxis, guadagnabili ad ogni passaggio di livello, comprati o trovati in giro (in numero limitato). Questa “semplificazione” a livello di statistiche non comporta in nessun modo una semplificazione nella personalizzazione del personaggio e del gameplay, tutt’altro.

I potenziamenti alla vista permettono di vedere attraverso i muri.

I potenziamenti alla vista permettono di vedere attraverso i muri.

Che si prediliga l’approccio alla Marcus Fenix, oppure quello alla Solid Snake, è possibile portare a termine il gioco secondo i propri gusti, addirittura senza uccidere nessuno, salvo i boss (e sapendo che non è necessario farlo uno ci pensa due volte prima di fare secca quella guardia che dorme). Tra l’approccio stealth e quello caciarone ci sono infinte sfumature, infatti, come da titolo, il gioco si basa su cinque pilastri: stealth, sparatorie, esplorazione, hacking e interazioni sociali, ma è importante specificare che il giocatore che vuole dilettarsi nell’hackerare robot da scatenare contro il nemico, ma non disdegna sparare e talvolta diventare silenzioso e defilarsi, può benissimo combinare le varie abilità per arrivare a capo della missione.
Ogni azione viene premiata con punti esperienza o equipaggiamento, che sia l’aver scoperto un percorso alternativo o fatto un headshot, in questo modo nessuno stile di gioco viene penalizzato, il che aumenta prevedibilmente la rigiocabilità, tanto che in alcuni livelli a seconda dell’approccio scelto potremmo non aver visitato alcune aree, magari grazie al fatto di aver convinto un personaggio a lasciarci semplicemente passare.

Le sparatorie, ma anche l’azione stealth, sfruttano il collaudato sistema delle coperture, come in Mass Effect 2 o Metal Gear Solid, che aggiunge quel giusto grado di tatticismo, visto che ai livelli di difficoltà più alti bastano pochi colpi ben piazzati per farci fuori, così come gran parte dei nemici possono essere eliminati con un colpo alla testa. L’intelligenza artificiale non è particolarmente brillante, ma i personaggi reagiscono in maniera realistica a rumori e movimenti, cercano copertura quando sotto fuoco nemico e tendono ad essere buoni tiratori, con il risultato che anche chi abbia deciso di avere un approccio più action al gioco non sarà deluso.

Il sistema delle coperture funziona sia nelle sparatorie che nelle sezioni stealth.

Il sistema delle coperture funziona sia nelle sparatorie che nelle sezioni stealth.

Rembrandt Cyberpunk

Il comparto tecnico visuale è fatto di alti e bassi

Il comparto tecnico visuale è fatto di alti e bassi, da una parte abbiamo alcuni modelli dei personaggi, come quello di Jensen, assolutamente di prim’ordine, dall’altro alcuni personaggi, anche discretamente importanti, che sembrano usciti da un gioco della passata generazione. Il Crystal Engine che ha mosso gli ultimi Tomb Raider, comincia ad avere diversi anni sulle spalle ed anche alcune textures degli ambienti sono piuttosto slavate e a bassa risoluzione. Per fortuna, a fare da contraltare c’è una direzione artistica eccelsa, che ha saputo creare delle atmosfere cupe e cyberpunk ed al tempo stesso ricercate e peculiari, attingendo alle tinte nero ed oro del barocco olandese (si può ammirare la “Lezione di anatomia del dottor Tulp” di Rembrandt appesa in alcune stanze del gioco), ed anche a capolavori della fantascienza come Blade Runner e Ghost in the Shell, sia nella grafica che nei temi trattati. Notevole anche la cura riposta nelle ambientazioni, che non risultano mai spoglie o prive di vita. Anche le animazioni, in special modo del protagonista, sono di ottimo livello, e le scenette di combattimento che si possono ammirare quando stendiamo a mani nude dei nemici sono davvero spettacolari.

Alcuni interni non sfigurerebbero su una rivista di architettura.

Alcuni interni non sfigurerebbero su una rivista di architettura.

I filmati di intermezzo purtroppo non hanno mantenuto lo stesso livello qualitativo di quelli in computer grafica mostrati alla GDC o all’E3, realizzati da Square Enix, e molti sono girati con lo stesso motore del gioco, che tra l’altro non brilla per la resa delle animazioni facciali. Da segnalare la regia durante i dialoghi, che spesso possono essere abbstanza lunghi, con frequenti cambi d’inquadrature che li rende simili ad un film, senza annoiare il giocatore.
Una menzione per la colonna sonora, davvero evocativa e perfettamente adatta al contesto, che aiuta ancora di più ad immergergi nel cupo mondo del 2027.

Deus Ex: Human Revolution è un videogioco maturo, divertente e vario, con una moltitudine di approcci possibili, che saprà soddisfare i palati di molti tipi di giocatori diversi, con un gameplay, una direzione artistica ed una storia di grande qualità.

IL VERDETTO

9.3
A CHI POTREBBE PIACERE?
Un po' a tutti, dai fan dei giochi d'azione, agli stealth, ed ovviamente RPG.
PRO
  • Grande libertà di gioco
  • Eccellente trama e lore
  • Direzione artistica superba
  • Bellissima colonna sonora
CONTRO
  • Grafica con alti e bassi
  • Pessime boss fights

DATI DEL GIOCO

Piattaforme: Windows, Mac OS, PlayStation 3, Xbox 360, Nintendo WiiU

Sviluppatore: Eidos Montreal

Distributore: Square Enix

Data di uscita: 23/08/2011

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PEGI: 18+

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Giocatore sin dai tempi in cui a stupire era la grafica di Alone in the Dark, tra un videogioco e l’altro si occupa delle recensioni su RPG Italia. Quando non gioca per piacere trova il modo di farlo per lavoro, insegnando storia del design con Assassin’s Creed II e cercando scuse accademiche per usare videogiochi un po’ ovunque, dagli ospedali alle università.