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Oggi ho finito di giocare a... la mia piccola recensione

Discussione in 'Videogiochi' iniziata da f5f9, 29 Giugno 2014.

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  1. Alice 0.8

    Alice 0.8 Livello 1

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    Ho finito di giocare a Darkest Dungeon.
    [​IMG]
    Finito nel senso che i miei migliori eroi sono stati tutti massacrati dal Supremo Suino e quindi ne ho avuto abbastanza. C'è il permadeath: se per sfiga il boss azzecca quattro critici di fila tu non hai neanche il tempo di contrattaccare e tutte le ore che hai speso a far livellare ed equipaggiare al meglio i tuoi eroi sono state gettate alle ortiche.
    Mi è piaciuta la grafica dark e l'atmosfera lovecraftiana. La soundtrack e la voce narrante sono fantastiche e le classi dei personaggi sono davvero cool... ma tutto il resto è grinding estremo. Il gioco a ogni piè sospinto dispensa malus ai tuoi character che vanno curati nella base e ti servono sempre eroi sostitutivi da far livellare ripetendo innumerevoli volte sempre le stesse quattro missioni in croce. Aggiungiamoci un procedurale dei dungeon abbastanza minimale e a lungo andare l'esperienza si rivela a dir poco ripetitiva.
    Più che un gioco che si ambisce a completare per vederne il finale mi è parso un test alla pazienza dell'utente: su fin dove siamo disposti a spingerci prima di sgonfiarci del sadismo degli sviluppatori. Darkest Dungeon è il tipico esempio di un game designer che ha avuto un infanzia difficile e ha fatto una colletta su kickstater per produrre un gioco che ti odia e non rispetta il tuo tempo imbrigliandoti in una spirale di grinding che pare interminabile.
    La cosa migliore probabilmente è impostarlo a facile perché già a normale siamo al masochismo.
     
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  2. Maurilliano

    Maurilliano Sopravvissuto LiberaPay Supporter

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    anche a facile, non c'è molta differenza... è tosto :)
    parere
     
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  3. Alice 0.8

    Alice 0.8 Livello 1

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    Mi fido del tuo giudizio. Ho provato solo a normale (che normale non è), perché a rifarlo tutto dall'inizio mi prenderebbe troppo tempo. Comunque mi è piaciuto anche se è punitivo in maniera spesso gratuita e la longevità è troppo dilatata dal grinding. Lo consiglio soprattutto a chi ama fustigarsi per lenire lo stress come si usa fare nell'abbazia del gioco. :emoji_nose: Su steam è disponibile il sequel: se vi piace soffrire e lo giocate fatemi sapere!:emoji_ok_hand:
     
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  4. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    sono proprio i giochi che evito (...:emoji_thinking:...beh!...sto giocando a Jedi Survivor....mah!)
     
  5. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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  6. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Finito di giocare Raising the Bar: Redux, una mod Source che ricostruisce Half-Life 2 in una veste completamente nuova (o vecchia, se vogliamo, visto che tutta la trama, il level design, l'atmosfera, i nemici, ecc. si basano sulla versione Beta di Half-Life 2, fortemente diversa dalla build finale).
    Il level design e l'atmosfera sono di livello altissimo. Sembra quasi più uno S.T.A.L.K.E.R. che HL2, in quanto a tinte fosche, ambiente cupo ed opprimente ed "alieno", tensione e ansia.
    Ho adorato tutto. L'unica cosa che ritengo ancora oggi migliore nell'originale Half-Life 2 è il gameplay: nell'originale ogni singolo Capitolo è strutturato in modo da offrire un gameplay unico e soprattutto frenetico e divertente, mentre in RTR:R il gameplay è più lento e diluito, incapace di raggiungere le eccellenze di Valve.
    Ad ogni modo, una delle migliori mod Source mai create e assolutamente un'opera da giocare obbligatoriamente per tutti i fan della saga, perchè giocare Half-Life 2 in un "universo alternativo" è un'esperienza notevole!

     
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  7. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    finito (con speed run per il nervosismo):

    Incauto acquisto.
    Il precedente Spider Man m i aveva divertito e rilassato. Non è stato, per me, un gioco memorabile, ma riconosco che è tecnicamente spettacolare, con una storia piuttosto ben congegnata, personaggi accattivanti, combat vivace, animazioni strepitose ecc.. E poi “volare” tra i grattacieli è veramente esaltante.
    Mi pare che eroi Marvel, che non sopporto più nei film, possano ancora avere qualcosa da dire nei videogiochi, che sono la forma d’espressione più vicina ai comics. Qualche tempo fa “Guardians of the galaxy”, per esempio, mi aveva divertito come pochi altri giochi. Quindi, malgrado qualche pregiudizio, ho deciso di provare anche questo.
    E mal me ne incolse.
    Per carità, dietro c’è sempre un gran mestiere, ogni minimo dettaglio è curatissimo e certe performance del protagonista sono concepite ancora meglio che nell’episodio originale.
    Dalle parti di Disney/Marvel sono passati a una specie di “Spider verso”, nel quale la tutina e i poteri dell’uomo ragno possono essere acquisiti da chiunque altro. Nel caso specifico da tal Miles Morales, personaggio (leggo) già presente nei fumetti dal 2011 e già incontrato nel gioco precedente, quando era ancora bambino, Spider Man era la sua Divinità e un tragico evento aveva segnato la sua vita.
    Questa volta viene sbrigativamente punto dal fatidico ragnetto e comincia a “fare cose” come il suo eroe, impara e, addirittura, sostituisce Peter Parker che decide di prendersi una vacanza.
    Un’ottima trovata è quella di rappresentarne le paure e incertezze, nel vederlo progressivamente superare la sindrome da inadeguatezza e volare con sempre maggiore disinvoltura tra i grattacieli cittadini.
    Fin qui tutto bene. Viene da pensare a un gioco adatto anche all’infanzia, scanzonato, divertente e grondante tenerezza.
    Ma progressivamente il “lato oscuro” emerge con subdola prepotenza.
    Confesso che avevo cominciato a stendere una vibrata denuncia contro questo obbrobrio ma poi ho cancellato tutto per non provocare noia e reazioni. Per cui mi limiterò informarvi che Marvel's Spider Man - Miles Morales è un gioco biecamente razzista che incita all’odio tra etnie diverse finendo per diventare un viscido manifesto del suprematismo nero, tanto zeppo di fake news da far impallidire i “protocolli dei savi di Sion”.
    Raramente stronco un gioco con tanta convinzione, di solito cerco di dare il giusto peso a eventuali lezioncine woke, ma quando è troppo e troppo, questo non è più un videogioco ma un’incitazione alla vendetta e alla violenza declinati in tutti i modi, dai più subdoli ai più sfacciati.
    Bocciato senza se e senza ma, mi spiace solo di non poter più chiedere il rimborso.
     
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  8. Alice 0.8

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    Da me avresti ricevuto solo una standing ovation che quando c'è da sbroccare col woke ci vado a nozze. Quella che fanno non è nemmeno propaganda: è ingegneria sociale per scatenare nei plagiati pulsioni distruttive. Un ideologia che più la portano avanti e più si rivela per quel che è: una visione del mondo distorta, capovolta, eppure sognata dritta da sonnambuli estremisti che si credono dei risvegliati. I seguaci di questa corrente si sentono dei guerrieri della giustizia sociale quando sono solo dei pupazzi in mano all’oligarchia miliardaria: avanguardie finanziate da Vanguard che spianano il terreno alla psicopolizia del presente e del futuro.
     
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  9. Shaun

    Shaun Livello 1

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    Era palese che fosse un personaggio creato appositamente per rimpinguare le quote "black".
    Operazione tanto ridicola quanto quella di affiancare a tutti i costi delle copie al femminile del supereroe di turno: Batgirl, Supergirl, She Hulk ecc. togliendo unicità al personaggio principale.
     
  10. alaris

    alaris Supporter

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    effe quando giocherai il martello di Thor quando avevo 15 anni impazzivo per i fumetti di Thor...ti manca solo questo...mi fa piacere avere un amico giovine...fa sentire anche me giovine:emoji_grin:
     
    Ultima modifica: 29 Maggio 2023
  11. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    grazie della solidarietà, mi è particolarmente gradita quando mi arriva da persone giovani, a volte mi sento fuori tempo...
    già, le famigerate "quote" che, secondo me, offendono e sviliscono chi vorrebbero proteggere
    il fatto è che più invecchio più divento intollerante nei confronti dell'ipocrisia
    In questa roba Harlem è rappresentata come un ridente quartierino più lindo di una cittadina svizzera e abitato da personcine tanto graziose ed educate, tutti sono sorridenti, inclusivi e solidali. L’attività principale è quella di soccorre gli indigenti vittime della bieca società del denaro. Diciamo che Harlem non è certamente il Bronx e che negli ultimi anni stava rifiorendo, ma una versione così perfettina e a questi livelli di edulcorazione non è certo del tutto realistica. L'amabilissima comunità è multietnica anche se esclude qualunque presenza bianca.
    Ma diciamo che fin qui possiamo farcela andare bene, è una rappresentazione fantastica che può (e forse deve) prendersi qualche licenza poetica.
    Succede che in questa specie di arcadia la leggiadra serenità è intaccata da bande criminali dedite al furto e alla violenza. I malvagi praticano crimini terribili, si spingono addirittura a rapire gatti e piccioni e a rubare giocattoli!
    Divertente? Un po’ sì, ma purtroppo presto si comincia notare che tutti i delinquenti sono di carnagione chiara e che il nostro dolce eroe è felice di massacrarli di botte. Ma non c’è limite al peggio.
    Il cattivo vero è un tycoon che, per avidità, promuove esperimenti scientifici allucinanti e allucinati che potrebbero scatenare raccapriccianti devastazioni. Inoltre ha fissato la sede di queste pericolose imprese proprio nel quartiere di Halem, visto che i suoi abitanti secondo lui “sono sacrificabili”. Non si ferma davanti a nulla pur di rendersi ripugnante.
    Naturalmente il mostro è un biondiccio, con occhi azzurri e carnagione chiara come quella dei suoi scagnozzi.
    Per dovere di obiettività, anticiperò che ci sono ben due “compagni che sbagliano” di colore. Però, guarda caso, hanno delle "buone ragioni", lo fanno per vendicare efferati delitti di cui è stata vittima la loro famiglia e/o perché tentano di proteggere amici e parenti. Naturalmente finiranno per capire i loro errori e cercheranno la redenzione a costo del sacrificio.
    Insomma: questo gradevole giochino rivolto anche all’infanzia nasconde un rancore furibondo nei confronti degli “sporchi bianchi” e, neanche tanto subdolamente, fa la sua piccola parte nel veicolare rancori nelle menti dei più giovani, usando lo stesso sistema di fake news dei nazisti e del KKK.
    Non ricordo alcun vg che mi abbia fatto |nç@##@re a questi livelli.
     
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  12. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Completato Half-Life: Echoes, mod espansione per il primo Half-Life.
    Level design pazzesco, livello di sfida molto alto ma mai frustrante, trovate di gameplay davvero geniali e tanta lore.
    Sembra un'espansione ufficiale.
    Tanta roba. Non ho molto altro da dire. Era dai tempi di Opposing Force che non godevo così tanto.
    Voto: 9/10.

    PS: resto convinto che l'I.A. dei mercenari del primo Half-Life sia nettamente migliore di quella dei soldati combine del secondo capitolo e ancora oggi una delle migliori mai create nella storia dei videogame.

     
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  13. Maurras

    Maurras Wanna be Elf , but proud to be Hobbit ! ;)

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    Due giorni fa ho finito Greedfall e devo dire che nonostante i difetti, alcuni più altri meno gravi, ne sono rimasta piuttosto soddisfatta.


    La cosa che meno mi è piaciuta, e questo lo dico subito per togliermi il rospo, sono stati i Prefabbricati ! :emoji_rage:

    Si avete letto bene. Il fatto che tutti gli edifici del gioco si differenziassero soltanto all'esterno, mentre tutte le mappe interne erano identici (La caserma era sempre quella, nei Palazzi dei governatori cambiavano solo i tappetti, e la tua casetta stessa cosa!) all’inizio mi ha dato fastidio, ma col mio senso dell’ironia sono poi riuscita a riderci sopra, diciamo pure superando l’effetto “buhhh” iniziale. (Sarà stato il solito problema dello scarso budget quando sei una ditta ancora in crescita. :emoji_innocent: )


    Tuttavia la mappa in generale, soprattutto nelle parti “selvagge” l’ho apprezzata molto. <3

    Se nel vecchio tecnomancer (sempre degli Spiders) ho sofferto di claustrofobia, qua invece ho adorato l’esplorazione e scoprire i vari paesaggi.:emoji_thumbsup:

    Un po’ meno riuscito, secondo me, il sistema della pausa durante gli spostamenti. Capisco che potesse essere un’idea per dare un tocco di realismo in più, ma allo stesso tempo non puoi mettere la stessa pausa se il viaggio che devi fare, dura meno di 3 ore… :emoji_kissing:


    Ho giocato un personaggio classe Mago puro e mi sono trovata molto bene anche col CS.

    A livello Normale mi è morto poche volte, soprattutto quando era a livello ancora basso.


    Passiamo adesso a qualche considerazione sulla storia del gioco vero e proprio.

    Uso spoiler perché sicuramente ce ne sarà qualcuno. :emoji_kissing_smiling_eyes:



    La Main Mission l’ho trovata carina, ma nulla di particolarmente originale, alcuni cosiddetti colpi di scena erano “telefonati prima” e sfrutta temi abbastanza comuni anche nel mondo del cinema...verso la fine ho notato anch’io le lungaggini di cui accennava @f5f9 , ma se alcune le potevo capire, come ad esempio gli attacchi a San Mattheus e Hikmet, sono rimasta stranita dopo aver completato la Missione “Spezzare i legami”, che mi è sembrato davvero un buco di trama grosso come una casa… si indebolisce davvero il boss finale oppure no?
    Anche a livello normale è stato infatti un combattimento mediamente impegnativo, quindi ancora sto cercando di capire il senso...anche se credo che alla fine si semplicemente si siano “intrippati” e non sapevano come uscirne. :emoji_sweat_smile:

    I due finali proposti poi sono stati meno entusiasmanti del previsto, diciamo in linea col resto in effetti.

    Il primo che ho sbloccato, dove scelgo di uccidere mio cugino è stato quello dove scopro che tutte le mie azioni precedenti hanno dato ottimi frutti, le varie nazioni fanno pace e vissero tutti felici e contenti insomma. :emoji_hugging: Trofeo (“A better world”.) L’unica cosa che ho trovato strano è stato che il mio De Sardet non abbia deciso di unirsi ai Nauti e vivere per sempre in mare col suo Vasco (La mia romance in questa run)


    Pochi minuti fa invece per curiosità, dopo il boss finale, ho invece accettato il patto di fare un legame con Constantine e fa tristezza il fatto che praticamente tutto il lavoro svolto prima (anche per mettere pace tra i vari stati )non sia servito a nulla, quando invece, ad esempio, come minimo avrebbero dovuto unire le forze contro me e lui !:emoji_eye:

    Intanto è anche poco credibile che il numero degli animali in un isola tutto sommato dalle dimensioni contenute sia praticamente infinito, manco fossero insetti, edddai. :emoji_dizzy_face:


    Ad ogni modo, per come si comporta tuo cugino fin dalle prime battute del gioco, ovvero da coniGlione immaturo e irresponsabile, che sembra attratto da te in modo quasi malato... beh: è abbastanza ovvio che merita soltanto un brutta fine. :emoji_eyes:

    Che poi, tra l’altro nei dialoghi iniziali dell’isola, già ben prima di ammalarsi dice di non fidarsi per nulla delle nazioni alleate...…

    anche se devo dire (dato che ho il cuore tenero) che avrei aggiunto un finale “più pietoso” dove magari lo fai arrestare e lo tieni a vita lontano in qualche casetta di campagna dove non possa fare più danni a nessuno. :emoji_disappointed_relieved:




    Fuori dallo spoiler invece posso infine dire di aver apprezzato molto tutti i vari personaggi e le sotto-trame proposte, molte delle quali mi son piaciute più della Main mission come dicevo prima. :p

    Divertente anche il DLC sulla cospirazione di Aurelia De Vespe. :)



    Per quanto riguarda il sonoro ammetto che si poteva fare di meglio: alcuni brani li ho trovati carini, ma nulla di memorabile.



    Ora non sono la persona più indicata per dare un giudizio finale, ma per il mio gusto personale sta tra il 7 e mezza e un “quasi” 8. :emoji_blush:



    E per finire ecco una foto del mio mago-sparatutto Lord de Sardet. :emoji_kissing_heart:
     

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  14. f5f9

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    bella race, condivido tutto, anche il giudizio finale
    io invece sto andando di AG (senza voler fare concorrenza alla nostra avventuriera ufficiale, ossia @Alice 0.8 ;))
    adesso ho finito questo:

    Avevo preso questa piccola AG sulla fiducia. L’autore è quel Jesse Makkonen che già ci aveva regalato il meraviglioso Distraint. Si trattava di un’esperienza interattiva (chiamatela, se volete, “walking simulator”) di stampo dostoevskiano, alquanto cupa e destabilizzante e di grande impatto emotivo, malgrado un comparto tecnico che definire “primitivo” sarebbe fin troppo generoso.
    Questo “Heal” è alquanto diverso. Il primo aspetto che colpisce è la realizzazione tecnica molto buona, con scenari che paiono rapidamente acquerellati e la cui palette trascolora dal delicato all’acido. Il tutto è molto bello.
    Il protagonista unico è un vegliardo (più di chi scrive! :emoji_older_man:), malfermo sulle gambe e carico di rimpianti che deve raggiungere un oggetto di cui, naturalmente, non rivelerò la natura.
    Il gioco è in 2D e il gameplay consiste nel trovare il modo di uscire da vari ambienti risolvendo svariati puzzle. Questi son, solitamente, abbastanza ingegnosi e non troppo frustranti. Ma chi scrive non ne ha gradito alcuni (per fortuna pochi) risolvibili solo tramite tentativi e senza indicazioni di sorta.
    Il gioco è brevissimo e fortemente consigliabile a chi non teme di sforzare un po’ le meningi. Non può vantare la geometrica drammaticità di “Distraint” ma restituisce comunque atmosfere malinconicamente elegiache.
    Da provare.
     
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  15. f5f9

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    Sempre in preda ai miei patetici tentativi di sfoltire il backlog, mi sono sciroppato questo:

    Che in realtà posseggo in versione scatolata!
    BABBABIA come cambiano rapidamente le cose :emoji_scream:, fortunatamente ho anche un vecchio lettore DVD esterno...
    OK che ne diciamo?
    Che Jane Jensen colpisce ancora.
    Come già mi aveva spiegato @Alice 0.8 , “Moebius: Empire Rising” non raggiunge i vertici dei “Gabriel Knight” ma, come in quelli, l’dea di partenza è geniale e il gameplay, nel bene e nel male, segue le stesse impronte.
    Jane questa volta gioca sul “Nastro di Möbius”, ossia su quella figura geometrica impossibile e non orientabile che non ha né inizio, né fine.
    Nastro di Möbius.jpg
    Il fascino e il senso di mistero che questa figura continua a esercitare è forse dovuta al fatto che nella sua estrema semplicità racchiude i vertiginosi concetti di infinito e di eterno ritorno ed è proprio su quest’ultima caratteristica che è basato il gioco.
    Il protagonista, Malachi Rector, è un esperto di antiquariato e archeologia che dovrà affrontare un pauroso complotto contro forze oscure che vogliono sfruttare il “ritorno” di personaggi storici o mitici nel mondo attuale. Malachi verrà incaricato da una (naturalmente) misteriosa organizzazione di raccogliere informazioni sui possibili “reincarnati” e confrontarle con i dati dell’archetipo storico per verificare le consonanze e proteggere le vite degli eletti.
    Ovviamente non aggiungeremo altro.
    Malachi è un personaggio particolarmente complesso. Si intuisce subito che anche lui è un “ritornante” e che è in possesso di doti psichiche ed esoteriche particolarmente potenti.
    Purtroppo paga duramente questa condizione: è del tutto anaffettivo e scostante. Ogni volta che le sue capacità vengono stimolate e/o usate sprofonda in crisi epilettiche che gli provocano sconquassi e sofferenze fisiche indicibili.
    Un’altra sua vistosa caratteristica è la naturale fluidità sessuale. Tenuto conto che il gioco risale a una decade fa, prima dell’esplosione dello sciocchezziario contemporaneo, questa era un’ennesima trovata geniale della Jensen che così facendo introduceva nella storia le intriganti tematiche di Tennessee Williams.
    Il gioco.
    Naturalmente, visto chi ne è l’autrice, la trama è appassionante ed estremamente sfaccettata, anche in virtù del fatto che i sette capitoli si svolgono tutti in scenari diversi. L’inizio di tutto è a Venezia e si conclude addirittura in Quatar dopo aver girato mezzo mondo.
    Jensen esibisce continuamente la sua enorme erudizione storica con un autocompiacimento, diciamo, alla Umberto Eco, ma va bene così, può permetterselo, è evidente che la sua cultura è davvero solida e non deriva da rapide incursioni in Wikipedia.
    In ogni parte del gioco emerge la sua diabolica capacità di creare tensione e interesse anche in contesti assolutamente statici.
    Purtroppo la potenziale geometria narrativa è un po’ guastata dalla parte finale, spettacolare ma conclusa frettolosamente. L’impressione è che i troppo temi non chiariti dovessero essere perfezionati in un successivo capitolo che non è mai apparso. Questo, infatti, è purtroppo l’ultima AG della Jensen di cui si ha notizia. Pare infatti che successivamente si sia dedicata solo alla narrativa con lo pseudonimo di Eli Easton.
    D’altra parte il genere delle Avventure Grafiche old school non gode più di grande popolarità, stante che richiede sforzi talvolta sovrumani per le meningi dei pigri giocatori contemporanei.
    La pubblicazione dello stesso “Moebius: Empire Rising” era stata resa possibile da una Campagna su Kickstarter.
    In realtà la maggior parte degli enigmi non presenta particolari difficoltà. C’è però, in una fase avanzata del gioco, la necessità di decrittare un testo crittografato che mette a dura prova la pazienza di chiunque e rallenta il fluire della storia.
    Graficamente e tecnicamente il gioco risente dei suoi anni, soprattutto nelle animazioni che definire “legnose” è riduttivo, mentre ambienti e scenari reggono ancora abbastanza bene.
    Una nota di merito va al sonoro molto atmosferico, sia al comparto musicale che al doppiaggio (in inglese) particolarmente centrato.
    In definitiva: un ottimo gioco invecchiato abbastanza bene. Avvince anche se poi lascia un senso di incompletezza.
    Se ne vorrebbe ancora.
     
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  16. Alice 0.8

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    Heal lo devo ancora provare. A me Distraint era piaciuto: ricordo che ne avevamo anche parlato qui sul forum.
    Su Moebius sono in buona misura d'accordo con effe. Comunque riguardo al comparto tecnico non è questione di anni sul groppone: è che la Jensen aveva reclutato un team lacunoso e le animazioni del protagonista sono semplicemente scadenti al limite del dilettantesco per via di un pessimo rigging.
     
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  17. Alice 0.8

    Alice 0.8 Livello 1

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    Ho finito Stasis: Bone Totem.
    [​IMG]
    Mi è piaciuto.
    Notevole il comparto grafico interamente realizzato da una sola persona che riesce a donare sempre la giusta atmosfera alle location. Ci sono anche tante cutscenes in CG di buona fattura.
    Ci sarebbe molto di cui parlare in merito alla trama ma come sempre non voglio in alcun modo rovinare la sorpresa a chi vorrà cimentarsi nella vicenda. Diciamo che il lore ruota attorno alla Cayne Corporation, una colossale multinazionale che ha smantellato i residui delle vecchie religioni creando un culto metafisico legato a essa medesima e fabbricando un esercito di schiavi tramite il suo sistema di debito (o strozzinaggio se vogliamo dirlo schiettamente).
    I protagonisti del gioco sono Mac e Charlie, una coppia perseguitata dai creditori che cerca di guadagnarsi da vivere compiendo operazioni di salvataggio in alto mare. I due si imbattono in una piattaforma petrolifera abbandonata nell'Oceano Pacifico al largo delle coste sudamericane; ivi scopriranno terribili segreti discendendo in una spirale dell'orrore con un crescendo di pathos e risvolti drammatici. Con loro ci sarà anche Moses: una specie di giocattolo-androide dalle sembianze di orsacchiotto.
    Sebbene molto fantasiosa e poco verosimile la storia di Bone Totem è anche affascinante e coinvolgente con un ottima caratterizzazione dei personaggi e una certa enfasi posta sui loro legami affettivi.
    Il gameplay è quello classico del punta e clicca isometrico che malgrado sia una formula insolita oltre al primo Stasis ha avuto altri meritevoli esponenti tra cui Sanitarium.
    Gli hotspot sono stati suddivisi in due categorie distinte: quelli verdi passivi che servono a descrivere gli elementi del luogo con un testo che scorre in basso sullo schermo quando ci passiamo il cursore sopra e poi quelli blu che invece riguardano gli elementi con cui andremo a interagire attivamente. Grazie alla possibilità di richiamare un pratico marcatore sapremo sempre dove c'è da andare a mettere le mani e orientarci tra le fitte e cupe ombre dell'ambiente. In giro come da tradizione troverete sparpagliati i diari degli sfigati che lavoravano in quei luoghi e tramite le loro testimonianze si possono ricostruire in parte gli eventi occorsi prima del vostro arrivo. E' una formula narrativa rodata e funzionale allo scopo ma un po' affettata e talvolta noiosa... diciamo che non ci faccio pazzie.
    Per proseguire bisognerà combinare le abilità dei personaggi con Mac che è abile nel piegare e smontare oggetti mentre sua moglie Charlie è geniale nel combinare cose tra loro fabbricando nuovi utensili. Malgrado il sistema d'inventario sia stato ideato apposta per esaltare questo tipo di meccanica non posso dire d'averlo gradito. Difatti l'inventario condiviso va oltre le logiche di Star Trek coi personaggi che saranno perennemente irraggiungibili tra loro ma si trasferiranno in continuazione oggetti l'un l'altro. Non mi frega della spiegazione pretestuosa che il gioco da di questa magia: avrei preferito una soluzione di game design più verosimile.
    Gli enigmi nel complesso sono abbastanza semplici e non aspettatevi bivi o scelte narrative perché Bone Totem è del tutto lineare ma va bene così: i The Brotherhood volevano raccontare una storia dai risvolti ben precisi e hanno saputo come renderla drammatica e coinvolgente.
    In conclusione Bone Totem è un degno successore del primo Stasis che piacerà quasi certamente agli amanti del genere.
     
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  18. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    Grazie per l'ottima race! Penso lo giocherò a breve
    Nel frattempo ho appena finito:

    Su PS4, l’avevo un wishlist ma l’ho fatto non appena mi è stato gentilmente elargito da Sony col Plus.
    È, Innegabilmente, un gioco bellissimo e di sofisticazione estrema, quasi estenuata ed è anche la prova che certi talenti indie, se lasciati a briglia sciolta, riescono veramente a portare una ventata di novità pur se il risultato finale lascia qualche margine di insoddisfazione.
    L’aspetto che più immediatamente colpisce è l’incredibile direzione artistica intelligentemente favorita anche dall’uso del bianco e nero. L’ispirazione deriva evidentemente dalle opere cinematografiche dei maggiori registi giapponesi del secondo dopoguerra, in modo particolare dagli epici film sui Samurai di Akira Kurosawa.
    Il quale resta, evidentemente, il mito di qualsiasi occidentale che intenda ambientare un vg nel medioevo giapponese.
    Nello splendido “Ghost of Tsushima”, per esempio, è possibile attivare il “Kurosawa mode”, rinunciando alla splendida palette cromatica a favore di un bianco e nero leggermente sfocato ma estremamente suggestivo.
    “Trek to Yomi” è stato già da subito concepito esclusivamente in “Kurosawa mode”.
    Le immagini sono in quei toni di grigio che ricordano le pellicole di celluloide vecchie e consunte, qua e là addirittura un po’ sbiadite e rigate.
    È una scelta audace che però alla fine paga. I rischi di noia e uniformità sono brillantemente evitati non solo con la relativa brevità del titolo (sei o sette ore), ma dall’assoluto splendore degli scenari (tutti!) e talvolta da loro imprevedibili trasformazioni nel corso dell’azione.
    Tempeste e catastrofici incendi sono restituiti con un senso della fisica e dello spettacolo che raramente troviamo perfino in tanti Tripla A che contano budget miliardari. A questo si unisce una grande sapienza nell’uso delle inquadrature.
    Il gioco è tutto realizzato in 3D ma “si spaccia” per un 2D a scorrimento laterale. Spesso il nostro Hiroki si può spostare in tutte e tre le dimensioni per esplorare e raccogliere oggetti, ma il percorso giusto è sempre in una direzione laterale.
    Anche gli scontri sono rigorosamente in 2D. Il combattimento si svolge soprattutto con la katana, ma andando avanti il nostro Samurai potrà disporre anche di alcune armi a distanza, il cui uso si dimostrerà imprescindibile nei passaggi più impegnativi.
    Il combat non è rivoluzionario ma si attesta su un buon livello per questo genere e, proseguendo nel gioco, si impareranno utili combo offensive e difensive che ridurranno la ripetitività.
    Il problema (su PS4) è un certo ritardo di reazione ai comandi che si manifesta abbastanza frequentemente e in maniera casuale, costringendo a tediose ripetizioni.
    Fortunatamente i punti di salvataggio sono piuttosto frequenti. Avvengono presso piccoli altari in cui Hiroki ripristinerà istantaneamente tutta la salute e l’energia.
    Il combattimento occupa la maggior parte del gioco ma il suo punto forte è certamente l’esplorazione. È sempre opportuno esplorare ogni possibile diramazione o angolo degli scenari sia per le munizioni che per i numerosi collezionabili (spesso piuttosto interessanti) e per trovare le teche che aumentano punti salute ed energia.
    Sulla trama è opportuno tacere anche se ai conoscitori della mitologia giapponese il titolo stesso del gioco svela il colpo di scena che scoppia dopo la prima mezz’ora dedicata al tutorial. La storia è piuttosto semplice e classica, ma non priva di accadimenti sorprendenti. Buona e coerente la sceneggiatura.
    In alcuni punti sono presenti degli pseudo enigmi ambientali, ma sono di una semplicità talmente estrema da non potersi neanche definire tali.
    Si può scegliere tra tre livelli di difficoltà ma, anche a quelli più bassi, il boss finale rappresenta una sfida estremamente severa, addirittura sbilanciata rispetto al resto del gioco.
    Altro punto forte è il sonoro, con musiche ed effetti ambientali appropriati e di altissimo livello. Il gioco offre i sottotitoli in italiano mentre per l’audio si può scegliere tra l’inglese e il giapponese. Ovviamente quest’ultima è la scelta obbligata se si vuole ritrovare il tono brusco e scricchiolante tipico dell’eloquio dei Samurai.
    Le note negative sono poche e irrilevanti e forse conseguenti alla piattaforma usata.
    Su PS4 i caricamenti sono di una lunghezza estenuante e già abbiamo accennato alla spesso scarsa reattività dei comandi. Chi scrive è anche incorso, in due circostanze, a bug invalidanti che lo hanno costretto a chiudere e rilanciare il gioco.
    In definitiva Trek to Yomi non raggiungerà forse la perfezione, ma resta splendido da vedere, avvincente e realizzato con una maestria e una grandiosità incredibili e che sembrerebbero irraggiungibili da parte di un piccolo team indipendente.
     
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  19. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    ariecchime implacabile!
    ho finito:

    Su Steam i giudizi sono “estremamente positivi” e non capita spesso, come in questo caso, che una valutazione sia così condivisibile.
    Chi scrive ha conosciuto la saga Yakuza con “Like a Dragon”, il primo gioco della Saga apparso su PC con i sottotitoli in italiano. Il primo impatto era stato un po’ destabilizzante. Il protagonista, Ichiban Kasuga, irrompe come un imbecille allo stato nascente ma, nel corso della storia, evolve e finisce per ispirare simpatia.
    “Judgment” è uno spin off della Saga principale che, già quando uscì nel 2019 per PS4, intendeva portare una ventata di novità pur rispettandone i fondamentali.
    Il protagonista, Takayuki Yagami, ricorda Ichiban solo per la bizzarria nel taglio dei capelli, ma è un personaggio tormentato di grande intelligenza e profondità di pensiero. Aveva cominciato da giovane avvocato nel modo più brillante, facendo incredibilmente assolvere un presunto assassino che aveva tutte le prove contro. Purtroppo, poco tempo dopo, l’imputato si era macchiato di un crimine ancor più efferato.
    In preda a complessi di colpa, Yagami aveva abbandonato quella promettente carriera aprendo uno studio da investigatore.
    Da queste premesse comincia a svilupparsi una storia estremamente lunga, complessa e contorta. Naturalmente non anticiperemo niente se non che le sorprese vi piomberanno addosso in un crescendo rossiniano fin quasi a titoli di coda.
    La principale preoccupazione dello Studio Ryu Ga Gotoku sembra quello di non lasciare prendere fato al giocatore accumulando colpi di scena a ripetizione, in minima parte telefonati, più spesso veramente imprevedibili.
    Il tutto è sostenuto da una sceneggiatura altrettanto pirotecnica ma molto profonda e attenta.
    La scrittura è molto più “americana” di quella degli altri episodi della Saga, ma fortunatamente non mancano le sceneggiate pompose da teatro kabuki che finiscono per alzare il tasso drammatico.
    La sospensione dell’incredulità e un po’ di complicità con gli sviluppatori restano, naturalmente, necessarie per godere appieno tanto vistosi sviluppi.
    Con un approccio formidabilmente manieristico, quei volponi dei Ryu ga Gotoku Studio hanno assorbito le migliori suggestioni dei generi cinematografici più amati: triller, revenge movie, legal drama, noir, mafia, polar, mistery, suspense, hard boiled ecc. ecc.. Il tutto abilmente miscelato e restituito con impronta e ambienti giapponesi.
    La trama, per esempio, è labirintica come quella dei romanzi di Hammett e Chandler, certe tessere del puzzle che ci troviamo in mano all’inizio trovano il loro posto dopo magari venti ore di gioco…
    Bravi!
    Un altro punto forte è nella formidabile galleria dei personaggi, tutti fisicamente e psicologicamente definiti con inusuale profondità.
    L’impronta generale sarebbe tendenzialmente seriosa, ma la maggior parte delle numerose missioni secondarie abbonda di spunti comici (talvolta addirittura goliardici, come nel caso del “ladro di mutandine”) che portano un po’ di leggerezza e finiscono per esaltare la drammaticità del versante narrativo principale.
    Judgment è veramente “tanta roba”.
    La main porta via almeno venti/trenta ore, le sub sono in gran numero e il più delle volte lunghe, articolate e risolvibili in fasi successive. Di solito sono anche divertenti e interessanti.
    Alcuni degli ingaggi arrivano spontaneamente ma, da un certo momento, Yagami verrà contattato se avrà raggiunto un determinato grado di “reputazione”. Questa si guadagna in vari modi: risolvendo casi, facendo acquisti o favori a qualcuno de numerosi NPC con cui si potrà interloquire ecc.. La conseguenza è che, se si vuole veramente “spolpare” il gioco, converrà frequentare (anche ripetutamente) i luoghi pubblici e i numerosi locali commerciali cercando di attaccare bottone con tutti.
    Può addirittura essere opportuno controllare se certe aree private sono visitabili.
    Anche le attività secondarie sono innumerevoli.
    Nelle case da gioco potremo impegnarci in partite di Poker, Blackjack, simil/Baccarat, Dadi ecc. Troveremo anche i più classici giochi da tavolo magari in versione giapponese (Scacchi, Domino ecc.). Potremo esercitaci e gareggiare con i droni (necessari anche in alcuni punti della storia).
    Nei “Club SEGA” ritroveremo alcuni classici della casa degli anni ’80 e ’90.
    Fanno il loro esordio sezioni sthealth e di pedinamento in uno stile “Assassin’s Creed” rivisitato.
    E molto altro ancora.
    Un altro sottogioco piuttosto divertente è quello della “seduzione”. Yagami coltiva le amicizie virili ma è assai sensibile al fascino femminile, quindi gli sarà possibile avviare romances con varie incantevoli fanciulle. Le candidate sono di vario tipo, ma che siano Lolite o signore sofisticate (una è bionda!) sprizzano sempre quella leziosa grazia da geishe, tutte ammiccamenti e risolini (finto) timidi, che tanto intrigano anche noi occidentali.
    Insomma, “Judgment” cerca di essere un “gioco totale” anche in virtù di un combat in tempo reale assai divertente.
    Gli scontri sono da tipico “Picchiaduro” e infarciti di amabile truculenza. Il nostro eroe massacra gli avversari di botte ma le armi sono appannaggio esclusivo dei “cattivi”. Naturalmente, nel corso del gioco, impareremo numerose combo e potremo dotarci di potenziamenti e medikit.
    Come negli altri giochi della Saga il nostro eroe incapperà continuamente in squadracce di delinquenti. Solitamente gli scontri sono divertenti ma a forte rischio di ripetitività. In compenso garantiscono Punti Esperienza e una buona dose di finanziamenti, visto che spesso i passanti ringraziano Yagami con mazzette di banconote (o altro) per aver ripristinato l’ordine.
    Una novità sono le “ferite mortali” che riducono permanentemente la barra della vita e che sono guaribili solo contattando l’unico (bizzarro) medico presente nel quartiere.
    Nel complesso e a difficoltà normale “Judgment” è una passeggiata. Con un minimo di padronanza delle combo e dei potenziamenti la maggior parte dei boss è battibile al primo tentativo.
    Lo stesso vale per i dialoghi a scelta multipla: in pratica non è possibile fallire perché il gioco, in caso di errore, consente sempre d provare anche le altre risposte limitandosi a elargire un numero minore di Punti Esperienza.
    Il gioco è un falso open world che si svolge (come in tutti gli altri episodi) in Kamurocho, un quartiere di fantasia modellato su uno simile di Tokyo e che, gioco dopo gioco, viene sempre modificato e adattato alle evoluzioni del gameplay e delle storie.
    È un luogo estremamente vivace e denso di luoghi di interesse, tra zone degradate, edifici sontuosi e un enorme numero di attività commerciali.
    L’area di gioco non è vastissima ma spesso capiterà di dover ricorrere a taxi per raggiungere altre zone della città.
    La perfezione non esiste: infatti un aspetto fastidioso è la presenza di muri virtuali che impediscono permanentemente di accedere a zone visibili nelle quali, però, passeggiano liberamente le comparse.
    Di più: in certi passaggi della storia queste barriere trasparenti, sulle quali campeggia una “X” rossa, spuntano ovunque come per incanto inibendo la possibilità di usare percorsi alternativi. Sono situazioni fortunatamente non frequenti ma che stridono con la normale sensazione di libertà di movimento.
    La versione PC corrisponde a quella rimasterizzata per PS5 e il motore grafico fa letteralmente miracoli: infatti il livello di dettaglio è formidabile e viaggia stabilissimo sui 60 FPS con tutte le impostazioni al massimo su un sistema di circa cinque anni fa.
    Comparto sonoro e musiche eccellenti, sottotitoli in italiano ma doppiaggio solo in inglese e giapponese.
    Considerazione finale: penso che acquisterò al più presto il seguito e la relativa espansione, raramente mi sono imbattuto in un gioco a così alto tasso di divertimento.
     
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  20. f a b i o

    f a b i o Healer

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    Paranoia 2: Savior

    Paranoia è una serie survival-horror FPS basata sull'engine di Half-Life. Due episodi di cui uno stand-alone, che si appoggiano su un mondo di gioco a sè (niente a che fare con Black Mesa..), la cui atmosfera è davvero unica e considerando i mezzi, seconda a nessuno.

    Questo è il sequel del primo gioco di culto e si torna nel laboratorio bunker
    che nasconde orribili segreti e mutazioni
    , così ben realizzato che immagino ispirato a luoghi reali.
    Qui si approfondisce l'aspetto survival, avendo più a che fare con l'oscurità e le esigue munizioni. L'atmosfera è se possibile, ancora più inquietante della prima esemplare mod e ci si trova più spesso in solitaria in luoghi fatiscenti e abbandonati, in cerca di documenti top-secret prima e della via d'uscita poi.
    Una colonna sonora azzeccata ed effetti ambientali fanno da perfetto contraltare disturbante a ciò che si trova ad affrontare per la durata dell'esperienza, che dura quanto basta.
    Ringrazio Varil per il link al gioco!

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    Ultima modifica: 28 Ottobre 2023
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