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Oggi ho finito di giocare a... la mia piccola recensione

Discussione in 'Videogiochi' iniziata da f5f9, 29 Giugno 2014.

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  1. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    dopo un doveroso applauso a @WillowG per la race (una volta tanto estremamente utile ed esaustiva) dell'ultimo DA, arrivo io a tirare giù il livello in quanto ho (diciamo così) concluso

    L’avevo messo distrattamente in wish per le valutazioni “estremamente positive” su Steam. Però mi pareva un simulatore di pesca, ossia di una di quelle tipologie di giochi che mi procurano sbadigli solo a sentirle nominare.
    In seguito, convinto che fosse un piccolo gioco molto breve e dal momento che Prime me ne aveva dato una chiave GOG, ho deciso di installarlo per ammazzare il tempo in attesa di qualche pezzo da 90.
    Prima sorpresa: Dredge è tutt’altro che un piccolo gioco e non è neanche così breve. Seconda sorpresa: dispone di una inaspettata ricchezza di contenuti, soprattutto dal punto narrativo. Terza sorpresa: il gameplay, malgrado qualche grave sbilanciamento, è letteralmente ipnotico.
    L’impatto grafico è estremamente amabile ma attento a non deragliare troppo spesso nel cartonooso più vieto e banale, le meccaniche si apprendono molto rapidamente e, cosa più importante, quasi subito il gioco scatena un’irrefrenabile bramosia di esplorare. La mappa indica cinque grandi arcipelaghi più un buon numero di isole sparse e ovunque si troverà qualcosa di utile o addirittura indispensabile per arrivare alla conclusione della storia.
    Tutto comincia in prossimità di una un delizioso specchio d’acqua su cui si affacciano i piccoli agglomerati di “Midolla Maggiore” e “Midolla Minore”.
    Luogo molto amabile, ma assai presto capiremo che nel nostro futuro non ci sarà solo pesca e relax. In pratica (e cercando di non spoilerare): un misterioso personaggio incaricherà il pescatore di trovare alcuni oggetti sparsi tra le isole. Perché ha scelto proprio lui? Da alcuni incontri verremo a sapere che quel piccolo paradiso è stato teatro di un terribile evento del passato che forse ci riguarda più da vicino di quanto possiamo immaginare. Il “mistero” sotterraneo (anzi: subacqueo) è di stampo smaccatamente lovecraftiano e sospettiamo subito che il nostro eroico pescatore incapperà in terribili pericoli se vorrà venirne a capo.
    I finali sono due e il gioco ci guida inesorabilmente verso il peggiore. ma fortunatamente è sempre possibile ricominciare dall’ultimo salvataggio automatico per contenere i danni.
    L’idea alla radice è ottima e coerente, ma a chi scrive rimasto un po’ di amaro in bocca per l’estrema sintesi con cui nel finale vengono esposte le rivelazioni, avrei gradito che qualche “non detto” fosse stato un po’ più dettagliato con una più brutale ed esaustiva chiarezza.
    Comunque gli indizi si palesano molto gradualmente mentre avanzeremo nell’avventura sforzandoci di potenziare l’imbarcazione e le attrezzature per la pesca. Compito che si rivelerà inaspettatamente “ruolistico”: certe attrezzature e certi potenziamenti di primo acchito possono sembrare inutili ma quasi sempre diventano indispensabili per proseguire e avvicinarci alla conclusione della vicenda.
    Il gioco può stupire per l’elegante e minimale maestria con cui è realizzato, ma non è esente da sbilanciamenti. Dopo poche ore, infatti, si riesce a potenziate sia il battello che l’attrezzatura al massimo e le finanze diventano presto più che floride, quindi la spinta alla crescita si interrompe di colpo. C’è però da dire che, tramite alcuni artifici, il gioco si sforza di non essere eccessivamente facile. Lo spazio nella stiva e nel magazzino resta comunque limitato, gli indicatori nella mappa sono alquanto scarsi, tanto che conviene munirsi di carta e penna per annotarsi molti luoghi che sono utili ma fuori dalle normali rotte e quindi in posizioni facilmente dimenticabili.
    Inoltre non c’è un vero e proprio diario ma solo un elenco stringato e lacunoso delle missioni, senza alcuna indicazione che distingua quelle facoltative da quelle indispensabili per andare avanti. L’imbarcazione è estremamente delicata: nel buio sembrano materializzarsi ovunque scogli invisibili e basta sfiorare un qualsiasi elemento dello scenario per riportare danni tali da dover ritornare nel più vicino bacino per le riparazioni prima di affondare e ripartire dall’ultimo salvataggio automatico.
    Non mancano, soprattutto di notte, zone brulicanti di creature aggressive e letali, se non si riesce a fuggire in tempo è game over. Questo aggiunge ulteriore pepe e farà felici i giocatori che cercano un po’ di sfida. Però, nei menù, è possibile (anche se non consigliabile) congelare il problema.
    Non dovremo affrontare enigmi complessi, ma chi scrive ha comunque dovuto ricorrere a una guida online dopo essere incappato nella definizione, decisamente fuorviante, dell’azione da effettuare in un certo luogo. Ma forse si è trattato di un’imperfezione nella traduzione.
    Sta di fatto che per gli esploratori/raccoglitori compulsivi “Dredge” è il paradiso. Muoversi in un mondo così aperto alla ricerca di nuovi luoghi, tesori, prede e, in generale, nuove e sorprendenti avventure, genera facilmente dipendenza. Grafica, musiche e direzione artistica fanno egregiamente la loro parte. L’unico problema, dicevamo, è che quando si esaurisce la possibilità di altri potenziamenti, si sono accumulate grosse ricchezze e sia la stiva che il magazzino esauriscono la capienza, l’interesse subisce un calo. Ma a quel punto avremo anche gli strumenti per affrontare il destino e marciare direttamente alla volta dell'end game.
    I dlc non aggiungono grandi eventi inaspettati o nuove avventure di fulminante interesse, ma una volta tanto sono benvenuti perché danno una qualche scusa per riprendere il viaggio verso l’ignoto.
    Insomma: malgrado qualche imperfezione e qualche ingenuità indie, “Dredge” è un gioco incredibilmente avvincente, forse inadatto a chi cerca l’azione allo stato puro, ma che comunque riesce subdolamente a stimolare l’adrenalina.
    L’entusiasmo generale che ha suscitato è certamente dovuto, malgrado le inevitabili ripetitività, al fatto di essere uno di quei rari giochi che si vorrebbe non finissero mai.
     
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  2. Vitbull88

    Vitbull88 Scienziato pazzo

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    Ho cominciato proprio oggi Dredge, vediamo come mi prende :)
     
  3. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    sono curioso di sentire il tuo parere...intanto....mi sono sciroppato anche:

    Stante i tremendi pregiudizi con cui l’avevo iniziato, devo ammettere, con una certa stizza, che questo Veilguard è comunque un giocone. Per carità: brulica di cadute di gusto, ideologiche, di impostazione di base e spesso di qualità, ma alla fine risulta grosso, emozionante e avvincente.
    Miei personali pensierini, impressioncine, giudizietti sparsi:
    A favore:
    - La realizzazione tecnico/grafica è straordinaria, all’inizio pare tutto dorature e sberluccichi ma, progressivamente, si decide a diventare sempre più dark, l’infantilismo si riduce e appare un po’ di spessore, lo sconcerto iniziale lascia il posto alla voglia di andare avanti. Gli scenari sono straordinariamente vari e quasi sempre splendidi e grandiosi. Il motore grafico gestisce miracolosamente ambienti sconfinati e architetture imponenti senza particolari difficoltà anche nelle scene di battaglia più affollate. Chi scrive ha riscontrato qualche incertezza in più nei filmati, ma il pc usato è ormai decisamente datato.
    - La main è estremamente articolata, anche se un po’ confusionaria e con qualche incongruenza. Niente da eccepire, da parte mia, alla parte finale del gioco: incredibilmente tesa e spettacolare. È così ben costruita in quanto vistosamente e strutturalmente ispirata a quella, riuscitissima, di Mass effect 2.
    Piuttosto alto il livello medio delle numerose sub: varie, molto spesso interessanti e non prive di personaggi secondari carismatici.
    - Il combat è essenzialmente action, con una specie di pausa tattica nella quale si possono scatenare i tre incantesimi disponibili e dare qualche semplice istruzione a i due seguaci. Alla fine risulta vivace e moderatamente tattico anche se deluderà chi ama sistemi più classici. Altrettanto basica è la crescita del personaggio, ma è funzionale l’opzione ruffiana di poter, in qualunque momento, spostare i punti esperienza in altri rami.
    - Piacevole è anche la possibilità di poter cambiare quante volte si vuole il grugno del personaggio (ma chi scrive, malgrado numerosi tentativi, ha sempre ottenuto una faccia da scemo).
    - Ottime le animazioni e particolarmente simpatica quella del salto: il nostro eroe spesso deve aggrapparsi e tirarsi su con la forza delle braccia (IMHO dovrebbe diventare uno standard).
    Così, così:
    - Per lo più i seguaci non ispirano particolare simpatia e i loro dialoghi durante le lunghe camminate raramente ricordano la brillantezza che trovavamo nei primi due episodi della Saga.
    - Cevvisiou (che nei sottotitoli è scritto “Treviso”) è una non ridente cittadina siciliana con le strade sostituite da canali (come in certe antiche zone di Las Vegas). Qui, come da tradizione veneta, il potere è appannaggio di alcune “famigghie”, la principale delle quali è quella dei Corvi, retti da una “anziana Donna d’onore” chiamata Chetterignau (nei sub c’è scritto “Caterina”). Da alcuni dialoghi si evince che il piatto tipico di questa area siculo-veneta è la “bagn-acuda” (nei sub c’è invece scritto “bagna cauda”).
    - Gli episodi gotici, in necropoli e tetra villa vittoriana, sono molto divertenti ma mi hanno stonato un po’ in quel mondo fantasy.
    - Non mi è chiaro (e francamente non ho indagato a fondo) quanto le mie scelte incidano sul prosieguo, ma temo non tanto.
    Contro:
    - Direi che nella mia partita l’ambiguo e amletico Solas ha finito per sprigionare un’ingenua demenza in luogo della dovuta cupa grandezza. Ma proprio l’idea di partenza mi è parsa piuttosto infelice, poco ispirata e un po’ forzata.
    - Le lezioncine woke sono insopportabili, arrivano fuori tempo massimo e sono certamente tra le cause del fallimento commerciale. Da un po’ di tempo si è già fortunatamente esaurita la moda di infarcire i dialoghi di schwa. La qunari “non binaria” sarebbe stata, dieci anni fa, un personaggio interessante e di rottura, oggi risulta semplicemente “imposta” e sgradevole, tanto da non suscitare alcuna empatia. C’è da dire che, per “par condicio”, c’è anche un personaggio negativo (e barbuto) che nei sub viene sempre citato con un tripudio di schwa.
    - Sì, lo so che è una mia fissa, ma il doppiaggio in inglese, francese e tedesco ma non in italiano, resta, per me, un vulnus imperdonabile. Né è una giustificazione che la stessa politica era stata adottata negli episodi precedenti della Saga.
    - Tovo sconvolgente la cecità dei vertici di EA: quando un vg diventa mitico e vende tanto (come DAO) è naturale che dia origine a una Saga, è una gallina dalle uova d’oro. Gli episodi successivi possono venire più o meno bene (anche i DEV sono umani), ma tecnica e gameplay devono tassativamente evolversi e rinnovarsi per evitare noiosi more of the same ecc. ecc.. Però è certamente un boomerang stravolgere in modo così radicale gli elementi fondamentali, infilando dentro labili e raffazzonati richiami dell’originale. Ben più astuti, direi e per esempio, sono stati dalle parti di Bethesha laddove, dopo i fasti del terzo episodio, ne hanno lanciato un paio che tentavano di riprodurne i pregi superandone i limiti tecnici, ma senza tradirne brutalmente lo spirito. Il fatto che Morrowind resti insuperato (e forse insuperabile) non ne ha frenato il successo commerciale pur se la loro qualità è decisamente inferiore.
    Invece, a quanto pare, i vertici EA non hanno neanche tentato di far passare Veilguard per uno spin off. Sono convinto che meglio gli sarebbe andata se l’avessero mascherato da nuova IP, i numerosissimi fan del capostipite non si sarebbero scapiccollati a coprire di sterco il gioco.
    È mia modesta opinione che Veilguard sia frutto di un team estremamente talentuoso e strabordante di idee (nel complesso l’ho trovato assai meno sciapo del precedente “Inquisition”), ma che tanto potenziale sia stato piegato alle mode più rozze e caduche, nella convinzione che “mondo = social”.
    Non è così, come quasi sempre il comparto sociale più rumoroso è, alla fine minoritario, ne è la prova lo sconvolgente successo di BG3 (e di Trump in barba al progressismo ipocrita e fasullo di Hollywood che ha finito per favorire il nemico).
    Un’altra carenza che si percepisce in questo povero Veilguard (che deve essere costato cifre immani), è la presenza di un qualche deus ex machina provvisto di buona cultura e spirito critico, quindi in grado limare certi infantilismi e rendere un po’ più brillanti i testi. Chi scrive è un fanatico del lore ma, in questo caso, dopo meno di un’ora ha smesso di leggere codex e documenti vari.
    In definitiva: un’ottima opportunità sprecata.
    Peccato.
     
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  4. Mesenzio

    Mesenzio Contemptor Deum Editore

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    Occhio a quello che dici, perché poi ti credo.
    Le uova d'oro arrivano da altri pollai, come ben saprai.
    Questo è quello che mi rattrista sempre di più. I professionisti e gli artisti per queste produzioni sono sempre di altissimo livello, e sono castrati e incafogniti per altre ragioni.
     
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  5. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    Ho appena finito:

    L’avevo già giocato, nel lontanissimo 2002, all’uscita e miracolosamente l’avevo finito, anche se all’epoca ero un fondamentalista fanatico dei salvataggi liberi. Il fatto è che il gioco era appassionante e mostruosamente divertente.
    Non so se qualcuno di voi ha mai sentito nominare John W. Campbell Jr., che nel secolo scorso è stato uno dei maestri della “fantascienza eroica” dell’epoca d’oro e soprattutto editore e curatore della rivista “Astounding Science Fiction” che fu la fucina da cui uscirono i maggiori scrittori scifi dell’epoca (tra cui Asimov, Heinlein e Van Vogt).
    Nel 1937 Campbell scrive “La cosa da un altro mondo” (“Who goes there?).
    La trama è incentrata su una spedizione scientifica che in Antartide trova un antico disco volante sepolto nel ghiaccio. La nave spaziale, per un incidente, finisce distrutta ma viene trovato un blocco di ghiaccio che contiene un bizzarro alieno surgelato. Quando questi viene portato alla base si scopre che non è morto e che, anzi, si libera e comincia a uccidere i suoi scopritori. Peggio: l’essere è un mutaforma, quindi i poveri scienziati finiscono in paranoia non riuscendo a capire se la persona che hanno davanti è un amico o il mostro.
    Naturalmente questo racconto lungo, all’epoca estremamente originale, riscosse un enorme successo, dando origine a varie trasposizioni filmiche.
    La prima e mitica è del 1951 e tra gli autori c'è addirittura la firma di Howard Hawks.
    È un altro caso in cui i limiti tecnici hanno contribuito alla riuscita. In primis l’uso di un inquietante bianco e nero e, soprattutto, i limiti tecnici ed economici che spinsero a mostrare solo fuggevolmente l’entità aliena, che furono complici nel rendere il film uno dei fantahorror più terrorizzanti di tutti i tempi.
    Ma la versione oggi più famosa e imperdibile è quella, più fedele al racconto originale, di John Carpenter del 1982 e che è anche alla base del videogioco.
    Un buon prequel, girato nel 2011, riscosse invece un immeritato insuccesso.
    “La cosa” ha addirittura dato origine a vero e proprio genere, basta pensare alla saga di “Alien” o a “Dead Space”.
    Veniamo al gioco.
    Il gameplay è vistosamente ispirato da quello della fortunatissima saga “Resident Evil”: visuale in terza persona, esplorazione per trovare una via di fuga, carenza di munizioni a fronte di nemici in ogni angolo, salvataggi limitati in determinati punti (qui si usano dei registratori).
    Nota: in luogo del mutaforma del racconto originale, qui i cattivi sono mostri (tipo “alien”) di varie dimensioni e altamente infettivi.
    La remastered non è mal fatta, ma si rilevano varie carenze e sciatterie. Anche se naturalmente ora viene garantita l’alta risoluzione, le texture non sono state aggiornate, i grezzi personaggi restano totalmente inespressivi e i loro movimenti sono legnosi come era normale all’epoca.
    La cosa più grave è che, contrariamente a quando dichiarato su Steam, l’uso del gamepad è tragicamente carente, per esempio non è possibile “abbassarsi” (pare che nelle versioni console questo non avvenga).
    A parte il fatto che talvolta sarebbe utile potersi accovacciare per schivare i proiettili, per alcuni passaggi è necessario ricorrere all’aiuto della tastiera, pena non poter proseguire nel gioco. Altri problemi sorgono con tasti (per esempio quelli della “croce”) che non rispondono a quanto dichiarato nei menù. Chi scrive ha provato sia il pad XBOX360 che quello della PS4 (decisamente preferibile) ma non ha trovato modo di riconfigurare i tasti.
    Tutto considerato, anche se il gioco non presentava formidabili tecniche innovative e non era graficamente molto up to date neanche nel 2002 ai tempi della PS2, le vendite furono più che buone. Fortunatamente questa versione migliora comunque gli effetti particellari, i colori e i giochi di illuminazione, pur continuando a garantire che le atmosfere siano doverosamente cupe e oscure.
    Personalmente sono convinto che più che una remastered, un gioco di questa caratura meriterebbe un vero e proprio remake, come sta egregiamente facendo Capcon con i primi Resident Evil.
    Il gioco dura una manciata di ore e, una volta tanto, non ci sono rallentamenti e/o zone morte.
    Difficile staccarsene.
    La difficoltà, in origine estremamente frustrante, è stata leggermente alleggerita con qualche espediente (autosave e mira più guidata), a “Facile” le munizioni addirittura non mancano mai.
    La prima metà è concepita come il più classico dei “survival”, poi diventa un frenetico TPS con un gunplay ben gestito anche per merito di un buon ventaglio di mezzi offensivi.
    La trama, abbastanza canonica, è funzionale nel legare sorprese e imprevisti. Resta il vecchio e purtroppo mediocre doppiaggio in italiano (comunque meglio di niente).
    Ma l’elemento che più scioccò all’uscita era la gestione dei seguaci.
    Infatti il nostro sfortunato J. F. Blake, nella sua folle corsa per sopravvivere e sventare la catastrofe, potrà almeno disporre dell’aiuto di ingegneri (indispensabili per aprire porte e riattivare macchinari), medici (che curano) e soldati (più efficaci e resistenti contro i nemici). Potrà contare su un massimo di quattro seguaci spesso indispensabili per proseguire la storia, ma sarà anche responsabile della loro sopravvivenza. I poveretti, viste le condizioni estreme in cui devono operare, al primo incontro sono diffidenti e si rifiutano di collaborare, inoltre vengono trovati disarmati e sarà nostro compito equipaggiarli e se necessario curarli per guadagnarci la loro fiducia. Durante le azioni possono essere feriti e uccisi, anche dal fuoco amico, o addirittura venire infettati trasformandosi in mostri assassini.
    È opportuno osservare che, in alcune circostanze, la trasformazione avviene comunque per esigenze di trama.
    Inoltre può capitare che tornino a essere ostili se, per errore, li colpiamo o non siamo abbastanza efficaci negli scontri e si ritrovano sulle spalle l’intero onere del combattimento, o esauriscono le munizioni, o non siamo pronti a curarli se feriti. Insomma: a fronte di un numero assai limitato di istruzioni che possiamo dargli, la loro reattività spesso sfocia (comprensibilmente) nell’isteria, riducendoli magari a essere paralizzati dal terrore fino a rifiutarsi di obbedire e/o a prendersela con noi.
    C’è anche un altro problema (ma come mai i giochi di una volta erano così mal ottimizzati? :emoji_smiling_imp:): i seguaci sono abbastanza lenti e ottusi: capita che si incaglino nello scenario o smettano di seguirci contravvenendo al nostro ultimo ordine. È quindi necessaria una grande attenzione per non perderli rischiando di incorrere in qualche vicolo cieco. I rapporti coi seguaci sono resi possibili tramite appositi menù abbastanza macchinosi (come tipico dell’epoca), ma che dopo un po’ di pratica percepiremo come abbastanza funzionali anche se è continuamente necessario controllare per evitare brutte sorprese. Dopo tanti anni non ho mai trovato alcun gioco che abbia almeno provato a ricreare una meccanica così intrigante e sofisticata. Peccato: con i mezzi odierni (e le varie “Radiant AI”) si potrebbero veramente conseguire risultati entusiasmanti.
    C’è da dire che certi malfunzionamenti primitivi finiscono per aumentare la tensione, così come la straniante sensazione di precarietà generata dall’assenza di una mappa. In realtà nelle scene all’aperto e in mezzo alle bufere c’è quasi sempre una fila di luci di emergenza che ci indirizza qualche modo, anche se molti oggetti utili li possiamo trovare solo vagando alla cieca, mentre la barra della resistenza al gelo cala a velocità vertiginosa costringendoci a cercare affannosamente un riparo.
    Lo stesso vale per le labirintiche installazioni scientifico/militari le cui dimensioni sono comunque abbastanza contenute da non risultare fastidiosamente dispersive.
    La tensione è continua e si muore facilmente.
    In definitiva si tratta di un vecchio (quasi) capolavoro ingiustamente a lungo dimenticato. Mi auguro che questa versione rimasterizzata abbia abbastanza successo per dare finalmente origine a quel fantomatico seguito che, visto il successo commerciale, era programmato ma non vide mai la luce a causa del fallimento dell’editore.
     
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  6. Alice 0.8

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    La Cosa lo giocai una vita fa trovandolo allegato in qualche rivista (probabilmente Giochi per il Mio Computer). Piaceva molto a mio fratello mentre io rammento che non arrivai neanche a finirlo: l'ho trovavo un po' difficile e non ero riuscita capire come si ammazzava il boss finale: come survival preferivo di gran lunga i primi Resident Evil perché erano più simili ad Avventure Grafiche. Ovviamente parlo di gusti miei che non tollero nemmeno di andare con una pistola in mano a sparare alla gente perché mi sembra pacchiano.
     
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  7. f5f9

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    beh! ti capisco, in effetti la seconda parte diventa un TPS a tutti gli effetti però, per l'epoca, era molto ben fatto e anche abbastanza innovativo, soprattutto nelle scene tra la neve la tensione c'era e a palate
    e capisco anche la tua preferenza (che condivido) per i RE, ma quelli sono fuori competizione e hanno veramente creato un genere da zero, questo ha molti meno enigmi e adesso c'è un'opzione a "facile" (che mi pare mancasse all'epoca) per cui si completa in una manciata di ore, anche in virtù di scontri che diventano difficili da perdere (boss finale compreso)
     
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  8. Alice 0.8

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    Mi sono cimentata in un prodotto mainstream. :emoji_scream: Ovviamente di 10 anni fa perché la mia schedina grafica ultracheap non può reggere alcun bestione odierno.
    [​IMG]
    Life is Strange, che a fiuto sospettavo fosse troppo osannato... però da amante delle storie interattive con decisioni da prendere che influenzano gli eventi volevo finalmente dargli una possibilità e mi è piaciuto abbastanza fino al capitolo conclusivo di cui parlerò più avanti. Premesso che in genere non apprezzo quelle trame basate sui saltelli temporali dal momento che il nostro cervello è felicemente tarato e stabilizzato sulla linearità e coi se e coi ma ci si riempiono solo le fosse: giocare a interpretare una geek col potere di riavvolgere il tempo è divertente ma il valore, l'importanza e la profondità delle scelte è proprio dovuta al fatto che ogni treno passa una volta sola. A lungo andare questa meccanica imho danneggiava la consistenza narrativa ma è proprio il finale a demolire tutte le scelte intraprese in una sbrodolata peggio di Bioshock Infinite dove personaggi ed eventi vengono accartocciati come una pallina di carta, gettati nella spazzatura, ripresi, scartocciati per poi ripetere l'operazione fino a sfinirmi e far sorgere in me il desiderio di impiccare gli sceneggiatori. Poi alla fine quello che gli premeva davvero era solo far passare il loro assurdo messaggio ecologista da propaganda brainwashing coi sensi di colpa nemmeno velati che vogliono instillare nel giocatore indegni della peggio pretaglia medievale.
    Comunque a parte un finale deplorevole e l'eccesso di elementi da moderno teen-drama il gioco non è male: l'impianto narrativo è ispirato al poco famoso quanto mediocre film The Butterfly effect, ma mi viene da citare anche l'assai più celebre Donnie Darko. E' stato realizzato con l'Unreal Engine 3 e ha frullato senza mai un rallentamento a dettaglio grafico elevato sulla mia scheda video imbarazzante: non mi ha fatto impazzire il character design e la sincronia del labiale fa schifo ma in compenso le location sono carine e l'illuminazione ambientale molto buona.
    In scala da 1 a 10 come voto, per generosità, gli do 4.
     
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  9. Mesenzio

    Mesenzio Contemptor Deum Editore

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    Ammetto di non averlo notato, per quanto non mi stupisca visto la svolta che ha poi presto Dontnod.
    C'è il tornado alla fine, ma tutta la storia non era con il serial killer?
     
  10. WillowG

    WillowG Ombra Grigia Ex staff

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    Life is strange è uno di quei giochi che mi hanno fatto dire: "non ho più l'età per queste storie adolescenziali". Non potevo fare a meno di odiare metà del cast, e l'altra metà il gioco voleva spingermi ad odiarla, ma non ci riusciva.
    Non era il gioco per me, ed ho mollato a metà del secondo capitolo. Disinstallato e restituito alla mia amica (il bello delle copie fisiche).
     
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  11. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Io sono un eterno teenager, ecco perché mi era piaciuto.
    C'è anche da dire però che lo giocai ormai ben 10 anni fa :emoji_scream:
     
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  12. Alice 0.8

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    @Mesenzio
    Si, ma il gioco si apre e chiude col tornado ed è pieno di riferimenti alla minaccia del climate change presentando anomalie a ogni episodio. Il messaggio finale è proprio che la protagonista per salvare l'habitat in cui vive deve essere pronta a sacrificare ciò che ama di più. In ogni caso è una conclusione che rende inutili tutte le scelte operate dal giocatore: insisti tossicamente nel salvare Chloe e Arcadia Bay verrà distrutta ergo tutte le tue decisioni finiscono sotto le macerie oppure decidi di resettare il tempo, far morire l'amica del cuore (che per quale santo la sua sopravvivenza dovrebbe scatenare un tornado vallo a capire) e tutto ciò che hai fatto nel gioco in pratica non sarà mai avvenuto. A quei tempi i sottointesi politici erano più subdoli e insinuavano, non gridavano come fa quello che oggi viene chiamiamo wokismo. Ma pure negando questa mia interpretazione il finale per me resta una boiata a prescindere.
     
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  13. Varil

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    Secondo me il messaggio ecologista è impalpabile e se voluto non è certo palese.
    I disastri ecologici sono causati dai poteri di Max, quindi l'inquinamento dell'uomo non viene minimamente menzionato. Credo sia solo una tua interpretazione
     
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  14. Shaun

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    Non ricordo nessuna lezioncina neanch'io, e dire che ero partito anche abbastanza prevenuto. Sarà che erano altri tempi quindi si era meno attenti a certe sfumature rispetto ad oggi.
    Credo che sia più che altro una semplice citazione all'effetto farfalla di Lorenz sul battito d'ali di una farfalla in Brasile che causa un tornado in Texas.
    Era un prodotto obiettivamente ben confezionato, belle musiche, una buona regia, una bella messa in scena. Banalotto forse ma una volta finito mi lasciò una bella sensazione.
     
    Ultima modifica: 28 Marzo 2025
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  15. Kelben

    Kelben Supporter

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    Anche a me Life is Strange era piaciuto. E non nascondono che un piccolo nodo in gola mi è venuto alla fine.
    Trovavo belle e azzeccate anche le musiche. L'armonica della chitarra acustica dei brani faceva davvero tanto.
     
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  16. Mesenzio

    Mesenzio Contemptor Deum Editore

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    A me questo succede spesso con i JRPG.
     
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  17. Shaun

    Shaun Livello 1

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    A giudicare dai loro giochi l'aspettativa di vita media in Giappone si attesta sui 18 anni.
    C'è da dire che solitamente sembrano un po' più grandi della loro età. Per dire, i liceali dei vari Persona paiono in realtà universitari fuori corso, però è un peccato che non puntino ogni tanto anche su personaggi un po' più maturi inseriti in contesti più adulti.
     
    Ultima modifica: 29 Marzo 2025
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  18. WillowG

    WillowG Ombra Grigia Ex staff

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    Dipende molto dalle serie. Ma sì, ho lasciato perdere da tempo buona parte della produzione jrpg anche per la scia adolescenziale, oltre che per quanto fromulaiche e sempre uguali le storie sono.
    Un piccolo applauso di apprezzamento ai Ryu Ga Gotoku che sfornano gli Yakuza/Like a Dragon e i Judgement.
     
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  19. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Mentre invece personaggi che sono palesemente bambine esteticamente, vengono spacciate per individui adulti o addirittura esseri mitologici centenari o millenari. Tutti escamotage narrativi patetici e viscidi, nonché pessimamente velati, per assecondare le perversioni pedo radicate nel profondo della malatissima e frustratissima società nipponica.
     
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  20. Mesenzio

    Mesenzio Contemptor Deum Editore

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    Persona 4 mi era piaciuto molto infatti. Il 5 mi è venuto a noia abbastanza presto, ma sarà che non ho più la pazienza per i combattimenti a turni. Sto giocando ora Lost Odyssey, che ha guardacaso protagonisti adulti e per ora mi sembra un bel gioco.
    Miglior serie del ventennio.
    Meno male che c'è la disney a fare da arbitro morale, così la nostra superiore cultura occidentale non si piegherà mai a tali depravazioni.
     
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