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Oggi ho finito di giocare a... la mia piccola recensione

Discussione in 'Videogiochi' iniziata da f5f9, 29 Giugno 2014.

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  1. f a b i o

    f a b i o Healer

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    finito Baldur's Gate II Shadows of Amn,
    party inossidabile con me (monaco), Mazzy (guerriero), Rasaad (monaco, insieme con la prima sono delle vere bestie), poi Viconia (chierico), Imoen (Mago/ladro) e Edwin (evocatore); ospitati anche Korgan, Anomen, Jan e Nalia (che ho riaccolto nell'espansione).
    In realtà ho provato tutti i pg ma alcuni per fugaci apparizioni o una quest...

    L'ho trovato più facile del primo BG e non di poco. Il primo (così come Icewind Dale) mi ha fatto penare più volte.. C'è da dire che Farkraag l'ho lasciato dov'era..
    Ora, sotto con l'espansione
     
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  2. f5f9

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    Adesso ho rapidamente finito anche:
    Resident Evil VIII Village - Le ombre di Rose

    L’”Espansione dei Winters“ comprende diverse cosette. La modalità “Mercenari” si attiva dopo aver completato il gioco e consiste in “sfide” sempre più ardue in cui si dovranno asfaltare orde progressivamente più aggressive di nemici.
    Francamente non l’ho neanche presa in considerazione.
    Più interessante è la possibilità di giocare, finalmente, con la visuale in terza persona. Personalmente l’ho solo provata per circa mezz’ora. Avevo già fatto la mia partita utilizzando l’apposita mod reperibile sul Nexus e, anche se questa versione ufficiale è funziona decisamente meglio, non me la sono sentita di rifare completamente un gioco che ancora ricordo così bene. È però un’esperienza interessante per verificare come la visuale in terza persona sia decisamente più complessa da gestire di quella in prima. I filmati rimangono comunque con la vecchia visuale e le animazioni del protagonista risultano veramente basiche e impacciate.
    In compenso si recupera un po’ dell’impronta originaria della Saga.
    Molto meglio va con “Le ombre di Rose” che è stato rilasciato nativamente con la visuale in terza. In primo luogo Rose è una fanciulla veramente adorabile e l’ansia per la sua sorte sgorga immediatamente e spontaneamente. Inoltre, anche se i movimenti suoi e degli antagonisti si sviluppano con la tradizionale (e funzionale) lentezza tipica del genere, in generale l’azione scorre più fluida e interessante.
    upload_2022-12-23_22-13-59.png Rose è proprio carina...N.B.: non so perché gli screen mi sono venuti così tristanzuoli...a video erano bellerrimi
    L’espansione dura una manciata di ore e si svolge quasi tutta in scenari riciclati dal gioco base. In compenso questi sono tutti arricchiti da nuovi elementi sempre più rivoltanti che fanno il loro sporco lavoro nell’ispirare raccapriccio.
    Naturalmente non ne anticipo neanche uno e mi limiterò a osservare che il ritmo complessivo di questa nuova avventura risulta un po’ più spedito rispetto agli standard tradizionali e che gli enigmi sono più semplici del solito. Insomma e al solito: qualche passo avanti e qualcuno indietro.
    Nel complesso la breve e nuova avventura scorre fluida e veloce, simpatica e gradevole da giocare salvo (IMHO) nel finale dove si trasforma nella solita battagliona con una boss particolarmente laboriosa da asfaltare come in un qualunque Action giapponese.
    In compenso il gioco gronda un bel po’ di simbolismi freudiani (come nei migliori Horror) e approfondisce un po’ il finale del gioco base, quindi mi sento di raccomandarlo assolutamente agli amanti del genere.
     
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  3. baarzo

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    Con l'espansione cambia tutto :D
     
  4. f a b i o

    f a b i o Healer

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    Ho piegato Baldur's Gate II Throne of Bhaal, mitica espansione che si definisce "the final chapter" storico della vicenda, in attesa ovviamente del terzo capitolo.
    La storia coinvolge, atmosferiche le location (in rete c'è tutto un tessere lodi per la fortezza dell'osservatore che tutto sommato condivido), c'è anche un allungare il brodo..

    [​IMG]

    Sul finale ho dovuto dare una ritoccata al party privilegiando i guerrieri, ho rimesso il nano e preso Sarevok, perchè la bossfight è a più fasi ed è implacabile.
    Della serie Dark Souls che?
    Ma forse, Icewind Dale è stato ancora più tignoso..
     
    Ultima modifica: 30 Dicembre 2022
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  5. baarzo

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    Sei riuscito a sbloccare la super armatura con i 3 mutandoni?
     
  6. f a b i o

    f a b i o Healer

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    No, lol.
    Ma ti riferisci all' easter egg? O c'è dell'altro
    Sono andato dal fabbro ma mi ha mandato via a male parole, lasciandomi a combattere contro i monaci senza un aiutino
    Strano perché ho praticamente esplorato ogni baule

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    Ultima modifica: 31 Dicembre 2022
  7. f a b i o

    f a b i o Healer

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    Sì, decisamente impegnativa prevedendo la crescita avvenuta del personaggio.. Una cosa simile accadeva con Tribunal, mi prese un colpo a vedere quanto erano cambiati gli scontri

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  8. baarzo

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    E' una genialata, in poche parole devi portarti dal salvataggio del primo BG dei mutandoni che trovi a inizio gioco, poi un altro paio d'argento li trovi nel 2 e poi nell'espansione trovi il terzo mutandone, portandoglieli tutti e 3 il fabbro ti crea la power armor (una follia visto che quando è stato fatto il primo BG non si sapeva ci sarebbe stato anche il secondo e figurati l'espansione)

    qui c'è la guida completa

    [​IMG]
     
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  9. f a b i o

    f a b i o Healer

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    L'ho visto in azione su un gameplay, peccato non aver completato!
     
  10. f5f9

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    Finito:

    https://callisto.sds.com/
    Gran bel gioco, realizzato con enorme maestria ma il giudizio finale è difficile da definire.
    Per capire cos’è “The Callisto Protocol” dobbiamo innanzitutto riferirci al mitico “Dead Space” che, uscito nel 2008, resta ancora uno dei migliori survival horror mai realizzati. Si trattava di una sorta di Resident Evil in salsa Space Opera e miscelato con Alien, con una realizzazione tecnica già allora talmente sfolgorante da reggere degnamente ancor oggi. Ritmo incalzante, grande varietà di nemici, scenografie grandiose, tensione continua, violenza estrema.
    I due seguiti (2011 e 2013) in realtà non erano molto da meno, ma non riscossero altrettanto successo. Quindi (la solita) Electronic Arts finì per praticare l’eutanasia sulla gloriosa Visceral Games sostenendo che, malgrado la progressiva deriva action dei seguiti, il genere era troppo sofisticato e di nicchia per garantire adeguati incassi.
    Naturalmente l’operazione non fu indolore tanto che, dopo quattordici anni, uno dei principali autori di Dead Space, ossia Glen Schofiel (probabilmente ancora pieno di rancore), è riuscito a rilasciare “The Callisto Protocol” con il neonato “Striking Distance Studios”, un remake neanche troppo velato del gioco originale ma finalmente realizzato senza le troppe pressioni e interferenze dell’avido publisher.
    Fin dai primi annunci l’attesa dei fan esplose spasmodica, dopo l’uscita i giudizi si sono equamente divisi tra entusiasmi e delusioni.
    Vediamo.
    Il primo impatto è strepitoso, la realizzazione tecnica lascia a bocca aperta. Ambienti e personaggi sono realizzati con eccezionale perizia e meticolosità, animazioni allo stato dell’arte, effetti visivi e sonori di qualità eccelsa (un’altra volta: ciao cinema!).
    Il protagonista questa volta si chiama Jacob Lee, è un qualsiasi corriere che, per conto della United Jupiter Company, sta trasferendo un misterioso carico non etichettato da tra due satelliti di Giove, Europa e Callisto. Il lavoro è lavoro.
    Ma, naturalmente, non sarà un viaggio normale, eventi imprevedibili faranno precipitare il nostro sfortunatissimo antieroe nel peggiore degli incubi.
    L’attore che lo interpreta è Josh Duhamel, un ex modello ora attore che è apparso anche nei “Trasformers” e che, fisicamente, è perfetto ma qui in verità esibisce un’espressività inferiore a quella di Pirlo. Però è reso tecnicamente in maniera tanto mirabile da sembrare vivo.
    La storia, rigidamente a corridoio, ricalca abbastanza pedissequamente l’originale del 2008 con qualche variante e aggiustamento ma forse anche con qualche lacuna e semplificazione.
    Qui il fulcro vuole essere il gameplay, decisamente più riuscito ed evoluto anche grazie al progresso tecnico in generale e a un motion capture veramente prossimo alla perfezione.
    Questa nuova versione sbaraglia l’originale nel combat, sia per la gestione assai più puntuale della telecamera che per la varietà delle armi e di quella (discreta) degli antagonisti.
    Inoltre Jacob non “rotola”, come di moda oggi, ma le sue “schivate” possono, quando riescono, a salvargli la pelle in molte situazioni disperate.
    Un altro aspetto più esaltato è quello della truculenza: il povero Jacob si fa spesso largo tra cadaveri decomposti e altre analoghe amenità ad altissimo tasso di repellenza. I nemici sono concepiti per suscitare il massimo raccapriccio possibile, gli smembramenti (anche del protagonista) sono continui e provocano tempeste di sangue.
    Ovviamente non è un gioco adatto a persone impressionabili, anche perché è palpabile lo sforzo per suscitare angoscia in ogni attimo. Obiettivo perfettamente centrato, forse troppo: qualche attimo di respiro avrebbe forse esaltato di più certi jumpscare che così finiscono per diventare prevedibili, quasi un’abitudine.
    A chi scrive è inoltre sembrata discutibile la gestione della difficoltà. Anche l’originale non era certamente un gioco semplice ma qui, anche a livello “Minima sicurezza”, è un continuo trial & error. Così è praticamente impossibile superare qualsiasi scontro al primo colpo ed è necessario provare più volte per studiare e individuare gli schemi d’azione degli avversari, da dove sbucheranno, quale sarà la loro velocità di movimento, come colpiranno, quali contromisure adottare, come posizionarsi all’ingresso nelle arene, quali armi saranno più adatte e, in generale, tutte le strategie necessarie per sopravvivere.
    Questo andrebbe benissimo stante che offre una sfida di alto livello. Il problema è che, nell’ultima parte del gioco, spuntano nemici con forza d’urto e vitalità a livelli assurdi, tanto da costringere a sostenere un numero eccessivo di tentativi.
    Così il pericolo della noia e della ripetitività comincia a serpeggiare.
    La storia si conclude perfettamente, ma un brevissimo spot preannuncia un seguito che senz’altro vedremo, visto che il gioco sta riscontrando un meritato successo commerciale.
    Al ché ancor più incuriosisce l’esito del remake dell’originale Dead Space che EA rilascerà tra qualche settimana. Parrebbe un gesto disperato da parte di un publisher in difficoltà ma, almeno, potrà contare sull’iconica tuta aerospaziale del caro e altrettanto sfortunato Isaac Clarke.
     
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  11. f5f9

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    sono proprio instancabile :emoji_sunglasses:, ne ho finito un altro (molto corto, eh!), ossia:
    The Chant

    Lo scopo dei survival horror è quello di tenere sempre desta l’attenzione del giocatore e di palpitare per la sorta del protagonista. In questo possiamo asserire che “The Chant” centra l’obiettivo.
    Il filmato iniziale già riesce a incuriosire: una setta di sciroccati è impegnata in un rito esoterico il cui esito, inevitabilmente, sarà catastrofico.
    Successivamente facciamo conoscenza con Jess, una ragazza tormentata da un tragico passato che ha segnato indelebilmente la sua vita e la sua psiche.
    La sua amica Kim, anch’essa coinvolta in quella tragedia, pensa che entrambe potranno trovare conforto in una comunità terapeutica sita in un’isola meravigliosa (Glory Island) e la invita ad unirsi a lei per un percorso terapeutico.
    l’isola è effettivamente di una bellezza abbacinante, ma noi abbiamo già intuito che le cose non andranno come le fanciulle speravano.
    Jess conoscerà da subito i pochi altri pazienti presenti nell’isola e il “Santone” (una sorta di Charles Manson impomatato) che tiene le fila del presunto percorso di terapia psichica.
    Naturalmente l’incubo non tarda ad arrivare.
    Tutti sono mentalmente fragili e di Jess, in particolare, dovremo tenere costantemente d’occhio tre parametri: “Mente, Corpo, Spirito” e l’inventario per cercare di garantirle la sopravvivenza tra i tanti orrori assortiti che dovrà affrontare e tre sono anche i finali possibili che varieranno a seconda delle risposte date e dell’uso dei poteri.
    D’altro canto la strutturale debolezza di Jess rischia continuamente di scaraventarla in uno stato di panico e prostrazione in cui non è più in grado di difendersi e di offendere.
    L’inventario, come da norma, è limitatissimo e le risorse assai scarse. In compenso la sfortunata fanciulla potrà saltuariamente ricorrere ad acquisiti “poteri psichici” capaci di rallentare e danneggiare gli aggressori.
    Fortunatamente in “The Chant” non ci troveremo mai a subire i famigerati QTE oggi tanto di moda, qui c’è un vero e proprio “combat” anche se privo di frenesia come da dettami del genere.
    La trama, rigidamente guidata, nel complesso porta poche innovazioni ma, d’altra parte, ormai ci siamo rassegnati al fatto che in questo genere l’originalità si era già esaurita coi primi Resident Evil e Silent Hill. Però il tentativo di introdurre continuamente elementi nuovi e ambienti diversificati è evidente e lodevole, la relativa brevità del gioco contribuisce a evitare la noia.
    Altri elementi vivacizzanti sono i semplici enigmi ambientali, i numerosi collezionabili (lettere, documenti, filmati amatoriali ecc.) che ricostruiscono la storia del luogo e dei suoi orrori, la ricerca di chiavi bislacche che sono ormai un must dai tempi dei primi Resident Evil.
    Tecnicamente il gioco si presenta abbastanza bene anche se il fotorealismo (per esempio) dei Submassive è assai lontano, il livello è comunque sufficiente e adeguato, addirittura “buono” per una SH indie al suo esordio.
    La visuale è in terza persona come negli originari RE e SH e non banalmente in prima come nei milioni di cloni di “Amnesia”. In compenso purtroppo questo sottolinea la triste constatazione che i personaggi posseggono una sola espressione, tra l’ansioso e il corrucciato, che deve andare bene in tutte le situazioni. Probabilmente il budget non consentiva più opzioni per il motion capture e la cosa vale anche per le animazioni che riescono però a guadagnare la sufficienza.
    Nel complesso il gioco riesce ad appassionare e intrattenere, l’entusiasmo e la volontà di divertire da parte dei Dev esce prepotentemente da ogni pixel e l’obiettivo è stato centrato.
    Concludo con una confessione: avevo addirittura pre acquistato il gioco sia in quanto amante del genere, sia per la completa localizzazione in italiano e ben me ne incolse: la drammatica avventura è decisamente più immediatamente fruibile e il doppiaggio nella nostra lingua è più che dignitoso.
     
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  12. WillowG

    WillowG Ombra Grigia Ex staff

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    Teminata una nuova Visual Novel. Dairoku: Agents of Sakuratani, solo in inglese e disponibile su Nintendo Switch.



    Una VN che devo dire mi ha lasciata inizialmente confusa: uno di quei casi in cui dapprima pensi: "vuole, ma non può", ma poi capisci che invece il caso è "può, ma non vuole perché è felice così".

    Per cominciare, l'incipit: Shino Akitsu ha sempre avuto l'abilità di vedere ciò che la gente di solito non può: fantasmi, ayakashi e via dicendo. Ma durante una selezione per un tranquillo lavoro governativo, viene scoperta da Tokitsugu Semi, Onmiyoji e capo di una delle squadre di Ayakashimori della Sesta Divisione, o "Sixth", organo governativo creato ormai da secoli per contenere e proteggere Ayakashi e vari tipi di creature soprannaturali. La Sesta Divisione in particolare si occupa degli Ayakashi direttamente in Sakuratani, mondo/realtà alternativa creato appositamente per gli Ayakashi per vivere per conto proprio distanti dagli umani.

    Così Shino, dopo un addestramento celere, si ritrova a lavorare nel mondo degli Ayakashi, combattendo più con la burocrazia che contro esseri soprannaturali. Rapporti scritti da consegnare in orario, mancanza di personale qualificato perenne, superiori governativi arroganti, agenti gelosi di altri dipartimenti, sono i peggiori nemici della squadra della Divisione Sei. Aggiungiamo che la magia di Sakuratani sia in lento declino e la documentazione per rinnovare la barriera tra il mondo umano e quello degli Ayakashi è stato perso nel corso dei secoli, provocando scompensi nei quartieri e una ritenzione di potere negli Ayakashi, e a posto così.

    Sakuratani è diviso in tre distretti principali, ognuno governato da uno Shire: Amatsuna, governata dai Tengu, Kikutsune dai Kitsune, Makatsuhi dagli Oni. Fare ronde per questi distretti è il lavoro principale degli Ayakashimori, ed il modo principale per Shino di incontrare e conoscere i vari love interests.

    La caratterizzazione dei personaggi è il punto focale del gioco, che sotto una presentazione a prima vista tutt’altro che seria (un Oni appassionato di gattini, un Tengu Ikkikomori, un Kitsune che ama la moda?) cela storie a volte anche piuttosto mature e non si lascia intimidire da discorsi anche seri seppur non curandosi di approfondirli troppo. Ed è in questa dualità che Dairoku mi ha sorpresa: se da una parte abbiamo la mondanità del lavoro d’ufficio e delle bevute con i colleghi, dall’altra abbiamo spettri che possono portate la gente al suicidio, oppure Oni che ricordano la loro trasformazione da umani in Ayakashi per aver visto il proprio villaggio trucidato, e così via.

    Ma Dairoku non si sofferma mai troppo su questi fatti, che pur importanti, non vogliono essere il punto focale della trama. Dairoku può prendere una svolta drammatica alla Cafè Enchantè, ne è consapevole e lo paventa al lettore, ma non vuole. Vuole prendere in giro il collega di Shino innamorato di una effervescente Nekomata che non capisce i sentimenti romantici umani, vuole i bimbi Ayakashi fare scherzetti a tutti e infiochettare le acconciature degli Oni, i Kappa fare casini con le tubature dell’acqua e così via.

    Il tono è quindi principalmente leggero e non drammatico, non ci sono morti brutte o altri traumi per la nostra protagonista (grazie, zia Otomate!) e ogni route ha tre finali: uno romantico, uno di amicizia, e uno in cui Shino e il ragazzo di turno si separano o vengono separati da eventi di forza maggiore.

    I love interest sono cinque:

    Shiratsuki, kitsune Shire di Kikutsune, un allegro e scherzoso volpacchiotto che tende a parlare come un anzianotto e con la fissa per la moda.

    Hira, pigrissimo Tengu Shire di Amatsuna, letteralmente preso calci dal suo assistente perché faccia il suo lavoro. Con pessimi risultati.

    Akuro, Oni assistente dello Shire di Makatsuhi, ma principalmente bambinaio degli Oni, massa di ubriaconi accumulatori compulsivi otaku che passano il loro tempo tra videogiochi e giochi da tavolo (ma hanno anche dei difetti).

    Shu, Ayakashi serpente autoproclamatosi Shire di un gruppo di Ayakashi non facenti parte dei distretti principali. Tsundere classico.

    Tokitsugu Semi, caposquadra burlone che adora prendere in giro tutti, e compagno di bevute (spesso durante i giri di ronda) di Akuro.

    Inoltre, c'è una route non romantica dedicata alla protagonista, dove alcune trame lasciate in sospeso trovano una risoluzione.

    Ci sono parecchi punti in cui Dairoku merita un voto sufficiente ma non altissimo: in primis i background. Spogli, poco particolareggiati, e nella maggior parte dei casi tutti tendenti al violaceo. Capisco il voler dare l’idea che in Sakuratani sia sempre notte, ma le mie povere retine! E in secondo luogo, il comparto artistico: nonostante un character design ben curato, molte, troppe volte le CG non sono all’altezza: una debolezza che no notato l’artista Suoh (ho già giocato una VN illustrata da lei, Bad Apple Wars) non sembra superare. E mi spiace, perché il suo stile così particolare non mi dispiace per nulla.

    A pieni voti le canzoni di opening ed ending, cantate da Toshiyuki Toyonaga, che doppia anche Tokitsugu Semi.

    Qualche errore di traduzione qui e là, dove i personaggi si chiamano per nome invece che per cognome e viceversa, e alcuni bug minori sull’autosalvataggio che a volte non registra alla prima una scena già vista.

    Alla fine: Dairoku è una sorta di Visual Novel comfort food: non vuole essere una storia riguardante Sakuratani, ma i suoi abitanti e gli Ayakashimori che vi lavorano ed intrecciano amicizie e legami, una lettura tranquilla e allegra con qualche sprazzo di avventura ed intreccio, risate e sorrisi assicurati.
     
    Ultima modifica: 10 Gennaio 2023
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  13. f5f9

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  14. WillowG

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    (e comunque, Akuro è materiale da marito, e Hira è il mio animale guida.)
     
  15. f a b i o

    f a b i o Healer

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    Mi congedo oggi da Icewind Dale II dopo un finale complesso, epico e caotico.
    Ancora una volta arrivo alle fasi conclusive col fiato corto: poche pozioni e un marasma di scroll non usate, come nel primo ID e Throne of Bhaal, segno che mi manca esperienza in questi giochi e delle regole, ma l'ho sfangata.

    Un gioco ''conservativo'' pubblicato quando ormai altri offrivano la tridimensionale ma dal fascino integro, solito gameplay granitico e atmosfera da vendere, merita assolutamente tanto quanto gli altri "Infinity".

    I personaggi si sa, sono creati dal giocatore o comunque optabili come bande di avventurieri di conseguenza latitano dialoghi e introspezione ma a mio parere parte del fascino gelido della serie risiede anche in questa scelta: a parlare sono i nostri comandi, i talenti e le vittorie nel sangue delle battaglie. E una tantum, la trama è persino comprensibile!
    Nota di merito per il doppiaggio in italiano, ben realizzato.

    P.S.
    Mi ero tenuto il drago per il finale e invece non è stato possibile affrontarlo, peccato. Era una belva tremenda a metà gioco...
     
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  16. PRobbia

    PRobbia Bardo Mancato LiberaPay Supporter

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    Penso che a livello grafico, soprattuto gli scenari, sia invecchiato decisamente meglio rispetto a Neverwinter Night e contemporanei in 3D.
     
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  17. WillowG

    WillowG Ombra Grigia Ex staff

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    Tra una partita a Mario+Rabbids e l'altra, ho concluso Bustafellows, visual novel che avevo da terminare da eoni.

    Credo sia la Visual Novel otome a più alto budget che mi sia capitato di giocare. Molti dei background sono estremamente particolareggiati e pesso animati (le luci di un treno in lontananza, una fontana, gli schermi sulla via principale, o anche solo la nebbiolina sul ponte, ecc...) così come alcune scene (come la fuga con l'elicottero) e ogni sprite. Il feeling è quello di star vedendo un anime poliziesco, dato che è scritto e diretto proprio come se fosse un serial tv. Ogni capitolo ha una sigla, ed è chiamato proprio episodio, con tanto di anteprima ad ogni fine capitolo. E tanto è vero che il sequel che uscirà nei prossimi mesi in Giappone è chiamato Bustafellows: season 2 (ovviamene non ci sono notizie se arriverà in occidente :emoji_cry:)

    La storia si svolge a New Sieg, metropoli statunitense di fantasia, dove il crimine è di casa. Qui Teuta, giornalista freelancer (doppiata e adorabile) dopo aver assistito all'uccisione dell'avvocato Limbo Fitzgerald, decide di usare il suo potere per salvarlo: la ragazza infatti ha la capacità di tornare indietro nel tempo a suo piacimento, ma solo per poco tempo, e nel corpo di un totale sconosciuto. Questa buona azione la farà trovare invischiata con i Fixers, gruppo che si accolla di arrivare dove la giustizia normalmente non può, e di cui Limbo è membro.
    La storia si svolge tra inseguimenti e crimini, dove argomenti come droghe, omicidi, sfruttamento, violenze, traffico di persone e sviluppo di armi batteriologiche illegali non mancano. Ciononostante, i momenti di svago e risate non sono rari.
    La parte romantica è piuttosto povera, ma di qualità, e si svolge quasi tutta nei capitoli dedicati ai ragazzuoli, che si sbloccano principalmente attraverso un test in game alla Cupid Prasite (e che non imbroccherei una volta se non grazie ai walkthrought online). Una volta visti tutti i finali positivi dei ragazzuoli, si sbloccano due capitoli che vanno a concludere la maxitrama sulla società criminale Ruy Lopez a cui sono connessi la maggior parte dei crimini risolti durante il gioco.

    Essendo un titolo non Otomate (che è la maggiore casa di produzione ed importazione in occidente del genere), devo ammettere che subito sono rimasta un po' spaesata dai comandi differenti, ma non ho riscontrato problemi su Switch, mentre pare che la versione di Steam possa dare qualche problema. La traduzione mi pare buona e non ho notato errori di battitura, ed il difetto principale è che ogni volta che c'è un cambio scena, per dar un senso più cinematico, il front scompare per il tempo di una frase o due, e per capire ciò che viene detto bisogno andare nella cronologia di lettura, cosa non proprio comoda.

    Nonostante ciò, Bustafellows è un'ottima visual novel a stampo poliziesco noir, con ottimi personaggi sia nel cast principale che nelle comparse secondarie, una buona storia che non si fa problemi ad essere macabra, e qualche licenza poetica su chirurgia plastica e nanomacchine che però possono essere perdonate, visto che abbiamo Teuta tornare indietro nel tempo regolarmente, con tutti i problemi che ne possono derivare.
     
    Ultima modifica: 31 Gennaio 2023
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  18. f5f9

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    l'ho cercato su steam e ho visto:
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  19. WillowG

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    :emoji_confounded:
    e si deve già ringraziare che viene tradotto in inglese...il secondo capitolo ancora non si sa se e quando arriverà, anche perchè Pqube, il publisher/traduttore, pare che abbia fatto dei bei casini con alcuni giochi indie, e si pensa che alcuni dei progetti di porting siano sospesi/annullati... in compenso, perchè tutto il mondo è paese, non hai idea di quanti giocatori prendano pure in giro chi si gioca queste VN in inglese e non si impara il giapponese per giocarle...:emoji_expressionless:l'elitarismo non è solo italico...
     
  20. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    volevi mica dire "l'etilismo"? :emoji_laughing:
     
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