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I Nostri Scritti

Discussione in 'Lo scannatoio' iniziata da Supernova, 5 Gennaio 2008.

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  1. Varil

    Varil Galactic Guy

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    La morte della poesia

    A lungo ho disperatamente cercato il trascendente
    Ma non l'ho mai trovato
    Non lo avverto, non lo sento, non c'è
    È un'assenza insopportabile
    Che senso può avere la poesia
    Se l'immaginazione non è creazione?
    Che senso può avere la felicità
    Se è solo cerebrale illusione?
    Se non c'è nulla oltre la grezza materialità
    Che è fredda e caotica
    L'arte non sarà mai divina
    Ma solo un umano arbitrario costrutto
    Brucio la poesia della vita
    La trascendenza è morta
    Fatta a pezzi dall'inesorabile consapevolezza
    Dall'annichilente inevitabile disillusione
    Che prima o poi giunge e spazza via
    Ogni onirica speranza, ogni surreale visione
    La poesia è morta
    O meglio, non è mai esistita
    Il significato è assente
    E giace in un'astrazione che non può reggere
    L'aldilà è follia
    L'inferno immanente di questo mondo
    Regna incontrastato sulla mia bugiarda fantasia
    Pervade e ammanta ogni atomo del mio essere
    E ha asservito al suo dominio tutte le cose
    Immaginifiche di un'anima che guardandosi allo specchio
    Si è scoperta solo mera e mortale chimica
     
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  2. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    e io che pensavo di essere il pessimista più disilluso da queste parti...:emoji_disappointed:
     
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  3. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Solitudine abissale

    Onde cosmiche, brillanti veli diafani nel buio
    Fasce fatue leganti anime in simbiosi
    Fati incatenati che fluttuano nell'ignoto
    Nel cuore dell'oscurità abbacinante del Tutto
    Viandanti stellari solcando mari di vuoto
    Ho perso di vista il cuore
    L'ho riesumato nell'oblio infinito amorfo

    Ho lasciato il subconscio a vagare
    Nelle tenebre del male astrale
    Sprofondare nel nero mare
    Nel vortice temporale
    Alla ricerca di mani
    Dall'altra parte della frattura ancestrale
    Ho scorto milioni di dita
    Ma non ho trovato le tue

    Ho lasciato il delirio viaggiare
    Saltando da illusioni ad allucinazioni
    Alla ricerca di occhi
    Dall'altra parte della lesione spirituale
    Ho scorto miliardi di balenanti iridi
    Ma non ho visto le tue

    Sì, questo universo non ha un senso
    Se il tuo spirito è solo e disperso nell'immenso
    Nessuno, nessuno, nessuno...
    Allora infine, stanco, chiudo gli occhi
    È tempo di partorire un mio universo interno
    Che sia questa volta significante
    E non più alienante
    Vedrò infine i tuoi occhi
    E stringerò la tua mano
    Giacché finalmente tu per me sarai quel
    Qualcuno, qualcuno, qualcuno...
     
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  4. alaris

    alaris Supporter

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    Bellissima...mi ha commosso, complimenti!
     
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  5. Varil

    Varil Galactic Guy

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    Addirittura? Haha. Grazie :emoji_heart_eyes:
     
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  6. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    beh, almeno 'sta volta un barlumino di consolazione mi pare di averlo percepito...
     
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  7. kara.bina

    kara.bina Livello 1

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    uh che bello questo thread, non lo avevo mica visto mai!
    Se non vi dispiace ci scrivo qualcosa anche io, di vecchio però, perché sono molti anni che non scrivo più.
    ma qualcosina d'archivio ancora ce l'ho e ve la voglio condividere.

    questa cosa l'ho scritta nel 2007, portate pazienza eh...
    Titolo: Katia
    immagine: di casa mia

    Mio padre è sempre stato un uomo povero, ci è nato, ci è vissuto e ci è morto da povero, da povero e da ignorante. Non ha mai avuto manie di grandezza, anche se tutti i soldi che guadagnava li spendeva per la casa, per la famiglia, per le tv ( prima in bianco e nero e poi a colori), per le biciclette, e per i motorini (quanti motorini...), per arrivare ad un motocarro che ha dovuto abbandonare all'età di 75 anni perché l'arteriosclerosi non gli consentiva più di guidarlo e lui non se ne faceva una ragione dato che il motocarro a sentir lui lo guidava soprattutto con le braccia visto che era dotato di manubrio proprio come un motorino con i comandi sui manubri proprio come un motorino, tranne che per il freno, quello era a pedale, e lui diceva che aveva solo un po' di insensibilità alle gambe. Si dovette rassegnare. Non erano manie di grandezza, non ne sarebbe stato capace anche potendolo, erano manie di piccolezza, gli piaceva stare al centro dell'attenzione ma non avendo strumenti intellettuali per farlo sopperiva acquistando cose, cibo prelibato quando poteva, primizie di stagione. A volte si esaltava quando poteva essere al centro dell'attenzione pur non utilizzando quattrini. Alla nascita della sua quarta figlia decise che voleva lui decidere il nome da darle esattamente come per gli altri tre. Questa cosa gli piaceva molto, la nascita di un figlio lo gasava, poterne decidere il nome dato che non poteva in alcun modo contribuire al parto lo mandava ad ubriacarsi per festeggiare, erano sbronze che si trascinava anche per alcuni giorni, e immancabilmente al momento di registrare i propri figli all'anagrafe combinava qualche casino, ne imbroccò uno su quattro, di due sbagliò data di nascita, di uno il nome. Mia madre si impuntò quel giorno, non voleva chiamare sua figlia col nome suggerito da mio padre, ma mio padre si ostinò e non cedette al nome che mi madre aveva scelto, si stavano accapigliando quasi quando mia madre, per porre fine alla questione, propose un nome lì per lì, preso da un fotoromanzo che stava distrattamente sfogliando e mio padre accettò.
    Katia, era il nome della protagonista fotografata sulla rivista, e Katia fu, ma non del tutto. Per molti, moltissimi anni, Katia era convinta di chiamarsi Katya, mio padre lo avrebbe anche giurato se glielo avessimo preteso, e Katya era entusiasta di portare quel nome che mio padre osannava come fosse una perla rara, e lei lo ricambiava portandolo con sfarzo ed orgoglio proprio come si indossa un abito importante. Ma un bel giorno tutti i nodi vennero al pettine. Una lettera dall'ufficio delle imposte o quacosa del genere arrivò a casa insinuando che dovevamo pagare una multa in quanto due dei miei fratelli risultavano registrati in anagrafe con data diversa da quella riportata sul codice fiscale. Ci fu un senso di smarrimento in casa alla notizia soprattutto perché la contravvenzione da pagare era salata. Quando poi invece scoprimmo che anche il codice fiscale di Katya era sbagliato, in quanto in anagrafe lui l'aveva registrata con Katia, non se ne fece capace, era già vecchio quando lo scoprimmo, iniziava già a vivere di ricordi, belli, e questa notizia per lui non ci voleva, negò per più di un anno, per più di un anno ci pensò sopra. Infine cedette, tutto in lui cedette poco a poco, giorno dopo giorno, definitivamente cedette seduto su una seggiola mentre osservava quello spicchio di mare che ancora reggeva al cemento guardato attraverso il vetro della veranda in una mattina di giugno, cessò semplicemente di respirare. Non è vero che Katia non mi piace, non è mai stato vero, ma io l'ho conosciuta come Katya.

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  8. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    :emoji_grin: ma poi anche :emoji_cry:
     
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  9. kara.bina

    kara.bina Livello 1

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    eh, ero tristarella all'epoca :D
    --- MODIFICA ---
    Sempre nel 2007 :)


    Odore di crostata al forno

    nel piano sottostante la mia abitazione abita una gradevolissima signora, la conosco da tutta la vita e da che ho memoria mi ha sempre incuriosita.
    a lungo ha vissuto da sola con sua madre - donna dalla passione smisurata per le piante d'appartamento con le quali addobbava non solo la sua casa, ma anche tutti i pianerottoli delle scale, un piacere salirle fino all'ultimo gradino (piano in cui io abito), scomparsa una ventina d'anni fa, o giù di lì. non ho mai parlato con questa donna - molto più grande di me - almeno fino a poco oltre un anno fa, il fatto curioso che la contraddistingueva, e contraddistingue ancora in parte ora, è la sua capacità di svicolare con maestria ad ogni incontro vis a vis, lesta come un animale selvatico svaniva dietro una triplice mandata – fu la prima della palazzina ad essere fornita di blindato – impedendo a chiunque un semplice “buongiorno”. ogni rumore proveniente dalla sua abitazione - che non fosse il consueto appuntamento della domenica mattina, di ogni domenica mattina con la musica classica sparata al massimo del volume - era un evento particolare:
    poteva essere il tecnico della lavatrice, oppure suo fratello che veniva ad accertarsi che fosse ancora viva, o semplicemente il fabbro – questo solo in questi ultimi tempi – che veniva a sfondare la porta perché la donna aveva dimenticato le chiavi all’interno, o, nel caso più eclatante, quando lei stessa venne a suonare alla mia porta perché accusava uno strano malessere, e il suo telefono non era funzionante. ovvio che chiamammo il 118 (o è il 113? faccio confusione coi telefilm americani, ah no, quelli mi pare abbiano il 911), ma stendiamo un velo pietoso sull’ambulanza e la sua equipe, che se non fosse stato per la donna stessa, la quale non sapeva spiegare i propri dolori e proprio in virtù di questo s’impuntò però come una bambina per farsi portare in ospedale, cocciuta come un somaro la spuntò, per sua fortuna, non avrebbe retto altre due ore. era natale, dopo circa un mese uscì e ringraziando me e la mia famiglia la sentii per la prima volta pronunciare più di una parola in fila, ed anche di senso compiuto. ci era molto grata e da quel giorno se ci incontriamo nelle scale mi saluta, ma se può, se capisce di poter fare in tempo, gira ancora la tripla mandata.
    è una bella signora, l’età è ormai avanti ma lei è sempre bella, da giovane lo era indubbiamente molto di più anche se la moda con lei non ha lasciato nessun segno, porta ancora lo chignon in testa, solo per gli abiti si è omologata un po’, ora predilige felpe e scarpe da ginnastica, un tempo ancora gonne molto lunghe e maglioni a coprirla interamente.
    l’ho pensata tante volte in quella casa da sola, mi soffermavo a pensare a me, che di diverso da lei, a ben guardare, c’è poco, pensavo al mio computer che lei non ha, solo un giradischi e una tv, ora forse anche un cellulare. e cercavo di immaginarmi le sue giornate, che vive, è indubbio questo; tante volte mi vedevo catapultarmi verso il suo blindato e bussare pregandola di farmi entrare, con una scusa qualsiasi, per farle compagnia, per raccontarle di me, per sentire la sua voce.
    ieri sera salendo le scale con mia madre, all’altezza del terzo pianerottolo sentimmo un odore forte di crostata, o ciambellone; mia madre fa:”deve’essere V.”
    mi sono ritrovata quell’odore prepotente sulle narici, e per quanto il blindato, doveva fuoriuscire dal foro della serratura, se non dai muri stessi; quell’odore era palpabile: di primo acchito – sarà capitato a tutti – sembra quasi di poter godere del gusto oltre che dell’odore di lì a poco, è una sensazione che dura un istante per lo più, poi svanisce, e ti resta solo quell’odore da percepire, da assaporare, insieme all’immaginazione di lei: la vedevo presa tra i fornelli, alternativa a Chopin, godere di quel fatto inusitato come fosse stato un’amante. mi sono ampiamente rivista in questa immagine, io che godo delle mie brioche farcite alla nutella nel tiepido tepore rassicurante della mia stanza, come se non mi servisse altro, per vivere.
    ho percepito nitidamente, sì, l’odore di crostata, farcito abbondantemente di solitudine, per la prima volta in tutta la mia vita l’ho sentito distintamente, inconfutabilmente.
    la solitudine è qualcosa che si sente, si tocca anche, filtra dagli stipiti e dai fori delle serrature, anche dai muri, a volte.
     
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  10. Varil

    Varil Galactic Guy

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  11. Mesenzio

    Mesenzio Contemptor Deum Editore

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  12. kara.bina

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    M'illumino d'immenso :emoji_grinning::emoji_blush::p
    non ne ho molte, 4 o 5 in tutto, poi ne ho forse un paio ma hot e non si possono pubblicare ;)
    Con tutto ciò che quelle non so neppure dove le ho nascoste :D


    sono diventata grande

    a volte mi è capitato di sentirmi bene con me....
    altre invece mi sono sentita vecchia; qualche volta femminile e carina, ma più spesso un maschiaccio; delle volte mi sono sentita cattiva al limite del vendicativo e quante volte mi sono sentita brutta! dentro, fuori, intorno a me;

    per non considerare poi tutte le volte che mi sono sentita stupida, altre invece, intelligente, ma, non capita.
    poche volte furba e scaltra, molto più spesso ingenua, al limite della stupidità.

    qualche volta mi sono sentita innamorata, e fu bellissimo; altre invece, tradita.

    mi sono anche sentita amata, di amori diversi, uno è stato fugace, talmente tanto che la sua lama tagliente ha reciso senza farsi notare, l'altro invece, è più caldo, più avvolgente, di quelli che non vogliono mollare, si chiama madre.

    qualche volta è capitato che mi sentissi sola, qualche volta, qualche volta ancora.
    ma è capitato anche che mi sentissi felice, e piansi per questo, sapevo che non poteva durare.

    mi è capitato di fare del bene agli altri, o così ho creduto, in realtà ci sarebbe da sentirsi fessi.
    a volte mi sono sentita fessa, imbambolata, infinocchiata, perfino violentata.

    poi a volte invece mi sono sentita vuota, altre svuotata, tanto che qualsiasi cosa entrasse era una cosa di troppo, il vuoto, si sa, occupa tutto lo spazio.

    qualche volta mi sono sentita bambina, tanto tempo fa, lo ricordo appena poiché non lo sentivo quasi mai, altre volte invece mi sentivo in guerra con dio, in balia del demonio, e forse caddi anche, qualche volta.

    altre cose mi sentii, sicuramente, così come altrettanto sicuramente sentii di non sentirmi mai grande, mai abbastanza, per chiedere scusa, per chiedermi scusa.