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Cosa significa Videogioco di Ruolo?

Discussione in 'Editoriali' iniziata da Mesenzio, 8 Novembre 2011.

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  1. Mesenzio

    Mesenzio Contemptor Deum Editore

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    di ANTONIO “f5f9” TRAVERSO

    Premessa doverosa: non abbiamo la presunzione di dare risposte definitive a una problematica per la quale scorrono in rete più discussioni di quante ne abbiano mai scatenate la questione omerica o il sesso degli angeli. Ci sembra però che sia un interessante argomento di riflessione e dibattito. L’unica certezza è che non esiste una risposta definitiva e univoca a questa domanda. In realtà il problema è meramente semantico: si tratta di una banale etichetta che si affibbia a un prodotto per l’intrattenimento la quale è utile solo per avere una prima e grossolana informazione sui suoi contenuti. Cercheremo comunque di elencare i principali elementi che caratterizzano il genere.

    Creazione del Personaggio

    Dovremo, innanzitutto, impersonare un personaggio e curarne le caratteristiche e le abilità, insomma: dobbiamo crearci un alter ego virtuale. La sua personalizzazione, a seconda dei casi, potrà già venire sbozzata a inizio gioco o avverrà solo con i progressi successivi.

    Talvolta è possibile scegliere l’aspetto, la razza, le attitudini e perfino il nome del nostro avatar, come nel caso dei giochi della serie "The Elder Scrolls". Altre volte dovremo misurarci con un carattere preconfezionato di cui sceglieremo le abilità da sviluppare solo nel corso delle successive azioni: è questo il caso di "The Witcher" (CD Project Red Studio 1997) e "Planescape Torment" (Black Isle Studio 1999), per esempio. Molti giochi attuali adottano una via intermedia, consentendo una personalizzazione iniziale più o meno parziale come in "Mass Effect" (Bioware 2007) in cui sono già prestabilite la razza, il nome e la “professione” ma dove si potrà scegliere l’aspetto e il sesso.

    Un altro aspetto purtroppo spesso trascurato nei giochi attuali è l’”orientamento” (buono, malvagio, caotico ecc.). E’ un cardine del sistema Dungeons & Dragons ed è in grado di influenzare profondamente le azioni e lo svolgimento dei più classici Videogiochi di Ruolo (chi ha giocato "Planescape: Torment" capisce a cosa mi riferisco). Una qualche traccia l’abbiamo però trovata nel più recente "Mass Effect" con la distinzione paragon/renegade. Un RPG dev’essere strutturalmente “amorale” e consentire sia le azioni più nobili che le più abiette, purché coerenti col personaggio creato.

    Ambientazione

    C’è poi l’ambiente in cui ci si muoverà. Può essere indifferentemente fantasy, sci-fi o qualunque altro, basta che sia ampio, minuziosamente definito e coerente. I primi Videogiochi di Ruolo si appoggiavano soprattutto alle ambientazioni dei Forgotten Realms di D&D potendo contare su un eccezionale background che si era già ampiamente evoluto e perfezionato con i giochi da tavolo. In seguito, altri sistemi del cartaceo sono stai utilizzati per alcuni giochi. Ricordiamo, tra tutti, che “Vampire: the Masquerade” ha dato origine a “Redemption” (Nihilistic Software 2000) e a “Bloodlines”(Troika games 2004). Ma si è fatto ricorso anche ad altre fonti come il lore cinematografico di “Star Wars” che ha portato a due indiscussi capolavori come “Star Wars: Knights of the Old Republic" I (Bioware 2003) e II (Obsidian Entertainment 2004).

    Il lore può anche avere origini letterarie e in questo campo abbiamo vari esempi. Il più recente e vistoso è quello di “The Witcher” ispirato ai libri dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski. Ma c’è anche “Hard to be a God” (Burut Software 2008), capolavoro mancato dal meraviglioso racconto dei fratelli Strugatzki (autori anche di “Stalker” da cui il film e l’FPS omonimo). Le opere e/o la collaborazione di rinomati autori di narrativa fantasy sono sempre più richieste in questo settore. Mentre scriviamo sono in lavorazione “A Game of Thrones” (ispirato a “A Song of Ice and Fire” di George R. R. Martin) e a “Kingdoms of Amalur: Reckoning” sta direttamente lavorando R. A. Salvatore.

    Ma ci sono casi, uno tra tutti la saga “The Elder Scrolls”, in cui il lore pur se creato da zero presenta uno sviluppo enorme, mirabile e quasi paragonabile a quello di D&D. A riguardo e tra i titoli più recenti possiamo citare anche gli apprezzabili mondi di "Dragon Age: Origin” (Bioware 2009), “Two Worlds” (Reality Pump 2007), “Mass Effect” (in cui è un clone di “Star Wars”), “The Dragon Knight Saga” e “Venetica” (Deck 13 Interactive 2009). Ma nessuna saga videoludica ha un lore originale paragonabile a quello dei TES.

    Regole, Crescita, Livellamento

    E’ ovvio che un sistema di regole (ruleset) dovrà necessariamente “imbrigliare” sia le azioni che la crescita del personaggio, sia per creargli opportunità che per fornirgli le necessarie sfide. Il sistema più classico è, un’altra volta, quello di D&D che è stato usato in tutti i primi, storici Videogiochi di Ruolo, dagli “Ultima” ai capolavori Black Isle Studio, da Troika alla prima Bioware. Ma, fortunatamente, lo ritroviamo anche in giochi più recenti come “Neverwinter Nights II” di Obsidian Entertaiment (2006).

    La meccanica di base, in estrema sintesi e semplificazione, è la seguente: sconfiggendo nemici e risolvendo quests si guadagnano Punti Esperienza coi quali si potranno migliorare le abilità del personaggio. Normalmente è conveniente che lo sviluppo sia mirato a un potenziamento coerente con la “classe” scelta in partenza (mago, cecchino, guerriero, incursore, ladro, bardo ecc.) ma è quasi sempre possibile adottare una configurazione multi-classe. Il ruleset, di solito, stabilisce anche quali sono gli items utilizzabili, in questo termine comprendendo anche armi e armature. Ovviamente le cose sono molto più complesse di così ma non vogliamo fare un trattato, solo stimolare una discussione.

    Tra gli altri sistemi possiamo ricordare quello della saga “Drakensang” che utilizza “The Dark Eye” (un ruleset cartaceo molto popolare nell’Europa settentrionale) e quello della serie “Gothic” (Piranha Bytes 2001), certamente uno tra i meglio bilanciati di tutti i tempi.

    Un caso particolare e per certi versi eversivo è il sistema di livellamento adottato nei primi quattro capitoli della saga “The Elder Scrolls”: la crescita avviene quasi esclusivamente tramite l’esercizio delle varie abilità. Un mago, per esempio, migliorerà Distruzione quante più palle di fuoco lancerà. Un Guerriero diventerà più forte quanto più si eserciterà a menare fendenti. Inoltre si può ricorrere, per accelerare la crescita, a opportuni “Addestratori”. E’ un sistema, a parere di chi scrive, alquanto credibile ma è sempre stato aspramente criticato dai giocatori più tradizionalisti. Data la natura dei giochi di questa serie è sempre presente anche una qualche forma di "auto-levelling" che, nel quarto capitolo (Oblivion), è stato esasperato a livelli tali da scatenare critiche feroci.

    Comunque una cosa pare ormai assodata: per fare un RPG non servono oscure cifre e/o incomprensibili tabelle anche se utili per definire nei minimi dettagli il personaggio. Quello che conta sono la libertà e il ventaglio di scelte garantite al giocatore, cose che, purtroppo, tendono ad assottigliarsi sempre più nella produzione attuale.

    Combat system e Party

    Nel sistema classico, l’Eroe è di solito accompagnato da companions (da uno a 5 o 6) che lo aiuteranno nell’impresa. Ovviamente non sarebbe possibile controllare tutti nella frenesia delle battaglie, quindi il gioco va in pausa (con un comando o automaticamente). Si impartiscono quindi le opportune istruzioni ai vari membri, si rilancia il gioco e si assiste all’azione. Il successo sarà determinato dalle nostre giuste intuizioni, dalle statistiche e da un fattore casuale corrispondente al lancio di dadi nel cartaceo. E’ un ottimo sistema ancora in uso nei JRPG ma sempre più raro nei Giochi di Ruolo Occidentali. Recentemente però, ne abbiamo visto una bella rinascita con le saghe “Drakensang” e “Dragon Age”. Ovviamente, con questo tipo di configurazione non è richiesta nessuna abilità manuale da parte del giocatore ma è tutta una questione di ragionamento e di un pizzico di fortuna.

    Il sistema di combattimento più in voga al giorno d’oggi è quello in tempo reale, in cui l’abilità manuale e il tempismo del giocatore contano come e a volte più delle statistiche come, per esempio, in "The Elder Scrolls III: Morrowind di Bethesda Softworks (2002). Ovviamente, anche in questo caso, il protagonista è solo o è accompagnato da companions guidati dall’Intelligenza Artificiale. E’ il caso, per esempio, dei recenti “Fallout 3” (Bethesda Game Studio 2008) e "Fallout: New Vegas” (Obsidian Enterteinment 2010). I puristi del genere sostengono che questo aspetto è quello che differenzia gli RPG dagli Action RPG. In questa seconda categoria rientrano a pieno titolo i “TES” e, soprattutto, i “Gothic” che non sono certo stati i primi ad adottarlo ma ne sono diventati l’emblema.

    Esistono, infine, anche concepts ibridi, ossia con combattimenti in tempo reale ma con una “pausa tattica” in cui si possono modificare gli stili, assumere pozioni, ecc.: il più classico è "Baldurs’ Gate" (Bioware 1998) ma chi scrive considera tale anche "The Witcher".

    Interazione, Interpretazione, Immedesimazione, Scissione, Scelte

    Qui entriamo nell’aspetto più complesso, delicato e difficilmente spiegabile dei Giochi di Ruolo. Lo scopo primario degli RPG è quello di interpretare una personalità “altra”, del tutto separata da quella reale e quotidiana del giocatore. Se nella vita normale siamo, per esempio, timidi e introversi, lì potremo diventare un potente mago o un feroce guerriero. La persona più rigorosa e legalitaria si divertirà particolarmente nell’interpretare un ladro o un assassino. In questo gli RPG hanno una grande funzione liberatoria e consolatoria, con in più il fatto premiale che quanto più ci si è immedesimati nel personaggio, tanto più gratificanti saranno i successi e le sfide. Secondo i tradizionalisti, infatti, gli Action RPG non possono essere considerati veri Giochi di Ruolo perché la personalità e l’abilità manuale del giocatore interrompe la “separazione” tra giocatore e avatar. E’ una visione che capisco sul piano teorico ma non condivido completamente: comunque andava riportata.

    Per essere tale, un Gioco di Ruolo deve immergerci in un peculiare ambiente e porci davanti a scelte morali, comportamentali, etiche e, magari, anche politiche, cui risponderemo in base alla nostra sensibilità o, meglio, a quella del personaggio che abbiamo costruito. Le nostre decisioni, nei casi migliori, comportano variazioni più o meno profonde nel mondo virtuale che ci circonda e/o nella storia stessa. E’ il caso di capolavori indiscussi quali “Planescape: Torment” e “The Witcher”.

    Rispetto a tutti gli altri generi videoludici, maggiore importanza riveste anche l’interazione con gli NPC: chi è riuscito, per esempio, a evitare uno scontro sfruttando le capacità oratorie o raggirando l’interlocutore, capirà a cosa mi riferisco. Ovviamente un buon Gioco di Ruolo dovrebbe essere ugualmente affrontabile e completabile da un bruto picchiatore e da un raffinato diplomatico: un’altra caratteristica del genere è la rigiocabilità.

    Trama e sceneggiatura sono punti cardine: senza un plot robusto, le scelte diventano automaticamente irrilevanti. Il massimo della gratificazione si ha, paradossalmente, quando si rimane interdetti davanti alle possibili “ramificazioni” degli eventi e bisogna impegnarsi ad analizzare qual è il comportamento più coerente del nostro personaggio indipendentemente da calcoli di convenienza.

    Il Ruolo è nel gioco o nel giocatore?

    Si tratta di un vecchio ma sempre caldo argomento di discussione. Nei giochi rigidamente story driven, come ad esempio “Neverwinter Nights II”, si deve seguire un rigido percorso narrativo “a corridoio” e un’accurata gestione della crescita è necessaria per affrontare avversari via via sempre più ostici. Scelte errate o un improprio sviluppo del personaggio hanno gravi conseguenza anche sulla difficoltà del gioco portando, in alcuni casi limite, al game over. Nel caso degli “Elder Scrolls” il mondo è totalmente aperto e si può “fare ciò che si vuole e andare dove si vuole” come spiega spesso Todd Howard, Lead Designer di Bethesda.

    In questo secondo caso, l’approccio giusto sarebbe quello di confezionarsi un personaggio molto studiato, farlo crescere rigorosamente solo in base alle scelte iniziali e poi, addirittura, selezionare i filoni narrativi a lui più adatti trascurando gli altri. Inutile dire che la maggior parte dei giocatori ha sviscerato "TES IV: Oblivion" facendo il “tuttologo” e che i tradizionalisti hanno gridato allo scandalo negando al gioco qualsiasi aspetto ruolistico. Fino a prova contraria c’è ancora la libertà di opinione, fortunatamente. In effetti, quanto più ampia è la libertà di movimento, tanto è più difficile immettere un plot avvincente e incalzante. Quindi credo che avremo sempre questi due diversi tipi di approccio (free roaming versus story driven) col vantaggio, almeno, di una maggior varietà.

    Conclusioni

    Ma allora: quando è corretto dire che un videogioco è “di ruolo”? Forse si poteva dare una risposta esaustiva una decina d’anni fa ma negli ultimi anni il genere ha subito trasformazioni molto profonde.

    Se volessimo essere graniticamente rigorosi, dovremmo ammettere che i “veri” Videogiochi di Ruolo della storia si contano sulla punta delle dita e sono antichissimi: gli “Ultima”, “Fallout" 1 e 2 (Black Isle Studio 1997 e 1998), “Arcanum” (Troika Games 2001), “Planescape: Torment”, “Il Tempio del Male Elementale” (Troika Games 2003) e pochi altri. In tutto il resto c’è sempre stata una qualche, sia pur minima, contaminazione action. Questo non sminuisce affatto il valore di molti capolavori assoluti. “Deus Ex” (Ion Storm, 2000) era formalmente un FPS ma permetteva una ineguagliata varietà d’approccio a qualsiasi situazione. Il suo più recente erede Deus Ex: Human Revolution" (Square Enix 2011) ha cercato di riprenderne le meccaniche. Analogo discorso vale per “Vampire the Masquerade: Bloodline” (Troika Games, 2004), in terza persona, che cambia profondamente non solo a seconda delle scelte in game, ma anche in base alla classe definita all’inizio, garantendo una rigiocabilità che ha dell’incredibile.

    I famosi “Elementi RPG” ormai si ritrovano in quasi tutti i giochi che hanno una pur minima struttura narrativa, soprattutto negli Action e in moltissimi FPS e TPS. Rimanere ancorati alla necessità di grandi ramificazioni nella storia o al sistema di combattimento al giorno d’oggi mi sembra riduttivo e arretrato. I Giochi di Ruolo elettronici si sono sempre più svincolati dalla originale struttura cartacea cercando nuove espressività e nuovi stilemi anche sfruttando il progresso tecnologico che rende possibili visuali e routines di Intelligenza Artificiale che erano precluse nei gloriosi e pionieristici anni ’90.

    Rispetto al passato è innegabile una certa perdita di profondità e di sfida ma, spesso, le nuove possibilità rendono più agevole l’immersione nei mondi virtuali e le interfacce sono più user-friendly.

    Nel passaggio dal supporto cartaceo a quello elettronico molte cose sono andate purtroppo perse ma altre guadagnate. Si tratta di due media troppo diversi: dove si faceva quasi esclusivo ricorso all’immaginazione oggi abbiamo puntuali immagini animate (spesso splendide). Al giorno d’oggi la grafica, invece di ridursi a mero orpello, diventa spesso un importante stimolo all’immedesimazione. Dobbiamo rassegnarci: non esistono ancora macchine capaci di competere con la flessibilità e l’intelligenza di un buon Master Umano, come tentavano di fare i primi RPG elettronici.

    Ben pochi, al giorno d’oggi, sono disposti a leggere pesanti manuali di decine di pagine fitte. Ma oggi abbiamo un ventaglio che va dagli RPG più o meno tradizionali quali “Dragon Age: Origins” (Bioware 2009) e “Drakensang” (Radon Labs 2008), agli Action RPG come “Risen”(Piranha Bytes 2009) e “Skyrim” (Bethesda Softworks 2011), Action RPG “leggeri” come la saga di “Dragon Knight" (Larian Studio 2009/2010) e “Venetica” (Deck 13 Interactive 2009). Poi ci sono gli Hack'n Slash il cui prototipo è “Diablo” (Blizzard North 1997) e i suoi epigoni in cui ci si può impegnare in divertenti e frenetici combattimenti a “cervello spento” e molti altri ibridi ancora.

    La varietà almeno, non manca e tutti i sottogeneri hanno una loro dignità che non va sminuita: quello che conta è la caratura del gioco al di là delle irrilevanti categorizzazioni.

    Semplificando un’ultima volta: quanto più gli elementi che abbiamo elencato sono presenti nel Videogioco, tanto più quello sarà “di Ruolo”. Se siete arrivati fin qui concorderete che il discorso non può essere chiuso in poche pagine di riflessioni a braccio. Ma adesso vi devo lasciare perché il mio Elfo si è caricato di pergamene e pozioni ed è ansioso di andare a esplorare un dungeon pieno di Goblins da mazzuolare.
     
  2. BlackDiablo

    BlackDiablo Supporter

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    Ottimo editoriale, molto curato e scritto bene. Permettimi però di fare una piccola aggiunta, ovvero gli Hack'n'slash. Sono giochi che hanno svezzato migliaia di giocatori RPG, con la filosofia "pesto - looto - pesto - looto - pesto..." e dopo un po di looting si va dal mercante e si ricomincia... Non richiede chissà quale trama, e non richiede chissà quale acume tattico, ma solo un'infinita dose di pazienza...

    Io personalmente (tolto Diablo che ha anche valore affettivo) gli hack'n'slash tendo a evitarli, ma quando ci casco, e decido di prenderne uno, dopo un'ora di gioco mi chiedo "e adesso?"... però non si ha senso di frustrante impotenza, ma si ha voglia di proseguire per pompare il propiro PG.... brainless... Anche se ad esempio Sacred 2 è talmente lento e piatto che l'ho mollato quasi subito...
     
  3. golgoth

    golgoth Il tuttofare Amministratore

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    Gli hack 'n slash secondo me sono giochi divertentissimi se fatti in un certo, ma questo non vuol dire affatto che debbano essere considerati (come fanno in molti) nella categoria degli RPG.

    E' un po' come i JRPG, che di ruolistico non hanno francamente niente.
     
  4. Ogre78

    Ogre78 Livello 1

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    Bell'articolo, per gli hack 'n slash forse vedremo qualcosa di nuovo con i 16k di linee di testo di D3, ma sono d'accordo nel ritenere la componente ruolistica secondaria. Aggiungerei una vagonata di titoli alla lista dei vecchi giochi "puri", non sono poi così pochi ma la maggior parte è oltremodo datato, che sò? Mai giocato a Moria? ^^
     
  5. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    hai ragionema non intendevamo, almeno in questa sede, fare un excursus storiografico esaustivo

    solo sfiorare la punta dell'iceberg

    ovviamente ci siamo limitati a citare alcuni dei maggiori crpg occidentali e solo come esempio per cercare di chiarire meglio certi concetti

    a parte moria di cui, confesso, ho solo letto o sentito parlare, di titoli storici da citare ce ne sarebbe una vagonata: dagli M&M a eye of the beholder a wizardy....

    forse parleremo di roguelike & co in altre sedi (se i nostri utenti ci diranno che trovano interessante l'argomento)

    per ora ci siamo focalizzati di più sui titoli che possono suscitare ancora un qualche interesse nei giocatori attuali

    il resto è storia
     
  6. Jackie82

    Jackie82 Livello 1

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    E' stato esauriente nella definizione, ma anche nel dire che RPG è una moltitudine di giochi dallo stile molto diverso fra loro. In effetti, ne ho giocati tanti e svariano parecchio. The Witcher e Dragon Age sono due RPG ma sono diversissimi! Io tendo a dare la definizione più "fedele" di RPG ai giochi in cui si manovra un gruppo di personaggi e non uno solo, con i combattimenti a turni. Mi ricordano gli albori, quando questi giochi erano cartacei e si giocavano su un tavolo! :)
     
  7. Darkgondul

    Darkgondul Belva delle segrete Ex staff

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    E con questo spero che molti "puristi" friggano con le loro "scienze e tesi universali", gran bell'articolo Anto, complimenti mancava non poco.
     
  8. Jacchan

    Jacchan Livello 1

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    Sono d'accordo. Non basta levellare e gestire un equipaggiamento e delle abilità per fare un rpg. Altrimenti molto ibridume dovrebbe essere citato

    Qui il discorso è un pelo diverso: condivido il fatto che, nell'ottica che si ha con un RPG occidentale, un jrpg non abbia nulla di ruolistico. Ma l'ottica con cui viene visto il ruolismo nel videogioco jappo è diversa. Non è un ruolo attivo ma passivo, la storia non la si "fa" ma la si "vive". Si accompagna il pg in uno story-driven (cosa che capita anche in alcuni rpg occidentali) e non si ha alcuna possibilità di scelta nell'avventura, alcuna possibilità di uscire dai binari se non per eventuali side-quest a determinati punti della storia. I JRPG più moderni hanno addirittura tolto il concetto di esplorazione libera di una world-map.

    Personalmente è un genere che apprezzo ma di ruolistico come lo intendo IO hanno poco. Ma, ripeto, è una questione di evoluzione. Se andiamo a vedere i capostipiti del jrpg il ruolismo era più marcato, basti aver giocato al primo Final Fantasy o al primo Dragon Quest (ispirato a Wizardry). Semplicemente l'evoluzione del genere ha virato su un comparto più narrativo.

    My 2 cent
     
  9. golgoth

    golgoth Il tuttofare Amministratore

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    Sì ma se vedi la componente ruolistica dei JRPG nel fatto che vivi la storia allora anche un'avventura grafica ben fatta può essere un RPG.
     
  10. Jacchan

    Jacchan Livello 1

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    No, nel jrpg hai comunque il concetto di levelling, crescita e gestione del parsonaggio. Il concetto di side-quest. Il problema del jrpg è che il controllo è parziale.

    Nelle avventure grafiche no. Ma la tipologia di narrazione non è dissimile, se ci fai caso.

    Faccio un altro esempio:

    Un jrpg è come una sessione di gdr giocata con un pessimo master, che limita oltremisura la libertà dei giocatori per non farli uscire dal suo canovaccio.

    Per alcuni può essere brutto, per altri può essere bello. E poi ci sono le mille sfumatore in mezzo. Ma sempre gdr è (forse).
     
  11. golgoth

    golgoth Il tuttofare Amministratore

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    Ma può bastere mettere dei livelli e qualche opzioni personalizzabile per farne un gioco di ruolo? Per me serve ben altro, tant'è nel mio ideale di RPG c'è molto Torment e molto poco Baldur's Gate, che per quanto osannato da tutti non ritengo nemmeno comparabile rispetto al primo.

    Se non c'è possibilità di scelta, di interpretare un ruolo che abbia davvero un impatto ai fini del gioco e della storia, per me non si tratta di RPG.
     
  12. Emelos

    Emelos Editore Editore

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    Oltre ad un ripetitività di fondo davvero massacrante. Non sono mai riuscito a finire un FF, seppur abbia tentato con tutti i più blasonati: FF 6, 7, 8, e Crysis Core. Dopo un 15 ore di gioco mollavo per la noia. Le trame erano in effetti molto belle ma spesso cadevano in momenti di stanca davvero terrificanti.

    Per i jappi ormai hanno poco da dire in termini di videogiochi. Con questa gen poi i titoli del sol levante veramente notevoli si contano sulle dita di una mano. Gusti personali eh
     
  13. OldXephir

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    Innanzitutto complimenti all'autore per l'ottimo articolo! :)

    E' curioso leggere come l'opinione di Emelos sia praticamente identica a quella di un mio amico, amante dei j-rpg, che non sono riuscito in nessun modo a far avvicinare ai giochi di ruolo occidentali! Praticamente è la stessa opinione, ma presa dall'altro lato xD

    Il problema principale è che sono due approcci totalmente differenti, ed è sbagliato paragonarli in maniera così diretta! Noto che la maggior parte di coloro che amano gli rpg occidentali, spesso non riescono ad avvicinarsi al genere dei j-rpg o viceversa...

    Io ho imparato ad apprezzare entrambe le scuole di "pensiero", se così possiamo chiamarle, sono cresciuto coi Final Fantasy e mi sono avvicinato ai gdr occidentali grazie a Gothic, ampliando successivamente la conoscenza di questo genere con molti videogiochi da ambo le parti!

    Se un Final Fantasy lo si gioca con lo stesso approccio mentale con cui si affronta un Planescape Torment, beh... non lo si giocherà mai e poi mai, perchè non è in quel modo che va giocato e il risultato sarà puro disgusto, con relativo immediato allontanamento dal genere!

    Ma è proprio la filosofia orientale del giocare di ruolo che è diversa... quegli elementi citati da Jacchan, quali: concetto di levelling, crescita e gestione del personaggio ecc rappresentano alcuni degli elementi cardine che, per i giapponesi, sono sempre stati sinonimo di ruolismo! (i classici Job System degli FF sono un esempio)

    Per i videogiocatori di ruolo che provengono dalla vecchia scuola di D&D, tutto questo può sembrare un insulto... ma è facile fare discorsi del genere quando si guarda il tutto da una prospettiva diversa!

    E' un po' come non riuscire ad abituarsi alle usanze di un'altra cultura molto differente dalla nostra nonostante possieda delle basi simili o dei punti in comune, oppure passare improvvisamente dalla routine quotidiana casa/ufficio alla vita su un'isola deserta! (esempi un po' estremi, ma magari renderanno l'idea... xD)

    Il discorso è che il concetto di "giocare di ruolo" ha subito col tempo molti cambiamenti ed ha assunto significati diversi... come scritto nell'articolo, è difficile dire cosa significhi con esattezza!

    Rpg occidentali e j-rpg sono partiti da una base comune ma con influenze diverse, se da una parte i primi rpg s'ispiravano al gdr cartaceo, i j-rpg sono stati maggiormente influenzati dai più immediati dungeon crawler, dal potenziamento e sviluppo di un party di eroi senza troppi fronzoli e da trame più dirette e "spettacolari", senza la possibilità di aggirarle o modificarne gli eventi, ma tenendo incollato il giocatore allo schermo fino alla fine degli eventi!

    Col passare degli anni questi due filoni si sono evoluti (forse per alcuni è preferibile usare il termine involuzione), fino a raggiungere lo stato attuale... Da un lato la completa libertà di scelta, di personalizzazione e caratterizzazione del nostro pg/party unite ad una trama di più ampio respiro, ma meno guidata e magari più dispersiva (RPG), dall'altro lato siamo arrivati a meccaniche di gioco sempre più incentrate sui combattimenti, sul continuo levelling dei personaggi e su sistemi di sviluppo creati su misura, accompagnati da una trama guidata e maggiormente concentrata sui personaggi e sul rapporto tra loro e gli antagonisti, ciò rende meno dispersivo il gameplay, ma anche un po' monotono alla lunga, soprattutto nelle più recenti produzioni! (J-RPG)

    Trovo comunque inadeguato dire che questi ultimi non siano RPG perchè lontani dai canoni dell'RPG classico... piuttosto dovrebbero essere considerati separamente da esso, si chiamano J-RPG appunto perchè rappresentano l'idea nipponica del giocare di ruolo, e non quella occidentale!

    A molti potrà anche fare schifo questo discorso, però secondo me è giusto che siano considerati come tali, ovvero come dei giochi di ruolo "alternativi"! Direi che è un po' come nella musica... esistono i vari generi musicali, ma anche tantissimi sotto-generi, ed a volte alcuni di essi si distanziano parecchio dai loro canoni "classici"... :)
     
  14. Jackie82

    Jackie82 Livello 1

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    Anche io sono della tua opinione. "Gioco di ruolo" comprende titoli molto diversi fra loro, infatti ho citato la diversità fra The Witcher e Dragon Age, che sono entrambi bellissimi, ma che in comune hanno ben poco. Sono cresciuto con i Final Fantasy, avrò finito sei volte il VII e almeno quattro volte il VIII, non ho apprezzato il IX, ho adorato il X... Ci sono diverse scuole di pensiero, diverse interpretazioni, ma un bel gioco di ruolo non dipende dal filone occidentale o orientale; a mio parere, a renderlo grande è una trama ben sviluppata e dei personaggi carismatici; se poi si riesce pure ad inserire scelte che ne possono influenzare gli eventi in maniera significativa, allora si sale di qualche gradino! C'è il titolo più "action", c'è quello più "strategico". Anche secondo me, infatti, bisogna provare un gioco di ruolo senza "pregiudizi" di sorta, dare una chance ad ognuno di essi, perché sanno coinvolgerti sempre e comunque. Ho giocato Hard to be a god, e sebbene alla fine abbia detto "Non era un granché rispetto ad altri", me lo sono bevuto tutto d'un fiato. La prima impressione che ebbi di Dragon Age, nella prima ora di gioco, non fu buona, ma proseguendolo, ho finito per rivalutarlo totalmente, anzi, secondo me è il capolavoro dei giorni nostri. Diamo una chance a ogni RPG! :)
     
  15. Jacchan

    Jacchan Livello 1

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    Perfettamente concorde. Infatti considero i jrpg un qualcosa che si è evoluto al di fuori del mio concetto di ruolo. Come anche vari rpg occidentali.

    Ovvio che parliamo di gusti personali ma a livello globale (al di fuori quindi dell'ambito ruolistico) seppur con una notevole flessione negativa i jappi hanno tirato fuori notevoli titoli anche questa generazione. Siamo OT ma se capiterà ne potremo discutere! :)

    Ecco. D'accordissimo. Come ci infilerei pure gli HnS alla diablo (in un ramo ultra periferico!!). Ormai c'è un evoluzione di 30 anni nel genere rpg, le diramazioni sono state varie...

    Se dovessi ragionare come ragiono io (giocatore di gdr, oltre che di rpg) pure il già citato Baldur's Gate farebbe fatica.

    Personalmente il JRPG è un genere che amo molto anche se con le ultime evoluzioni del genere (abbandono quasi totale del sistema a turni) non l'apprezzo più come prima.
     
  16. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    su che cos'è un gioco di ruolo, sopratutto per computer, nessuno si può definire "oggettivo"

    ringrazio @@Darkgondul di aver segnalato quel mio vecchio editoriale in cui non avevo certo la presunzione di dire la parola definitiva ma che doveva essere solo uno spunto di riflessione

    né la comparazione con P&P ha un senso in quanto si opera su media estremamente diversi, con quantità di metagioco (e non solo) non paragonabili

    non mi convince nemmeno la tesi secondo la quale è fondamentale poter scegliere il sesso del nostro alter ego perché mi pare dimostri solo dei limiti interpretativi da parte del giocatore, al massimo si può dire: "non mi piace interpretare un personaggio che appartiene all'altra metà del cielo"

    la diatriba "pg precotto" - "pg customizzabile" è altrettanto sterile: è solo un'impostazione che deriva da ciò che gli sviluppatori vogliono fare

    (parola di bethesdaro doc ;) )

    in planescape torment, che è forse il "gioco più di ruolo" di tutti i tempi ( e voglio vedere chi ha il coraggio di contraddirmi :angry2: ) si interpreta il nameless one e basta

    lo stesso discorso vale per the witcher: in questo caso i limiti alla customizzazione sono notevoli ma gli sviluppi narrativi sono molteplici e le scelte del giocatore hanno influenze di inaudita profondità sugli sviluppi della trama

    insomma: mi sembra una diatriba abbastanza sterile su una questione prettamente semantica, certamente che non merita di far alzare i toni

    my two cents​
     
  17. Jane Shepard

    Jane Shepard Livello 1

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    @@f5f9 mah,sterile...ci vuole presunzione per poter dire che la propria voce è la verità,e aprire un topic in cui se ne parla è per l'appunto sterile,  poichè non combaciante con la tua idea di RPG...nel senso: puoi scrivere quanti articoli vuoi...ma sei comunque un Gamer come tutti, qui...scrivere non ti da la possibilità di aver ragione su tutto!

    TW, per un insieme di caratteristiche,tecnicamente NON È un RPG ! e questo non ha soggettività! È così,punto! Se la cosa non vi convince,sul loro sito ufficiale vi è scritto chiaramente ( e sono stati anche troppo buoni con loro stessi ) che The Witcher è un ACTION-RPG!...molto diverso da RPG quindi!

    Può piacervi quanto vi pare,ma la verità va detta! Io amo da morire Mass Effect....ma non dirò MAI che è un RPG! E guarda un pò,l'editor ME ce l'ha! quindi fossi in te non tenterei ulteriormente di banalizzare questo argomento mettendola prettamente sul lato Editor! Il discorso è molto ,ma MOLTO ,più ampio!
     
  18. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    e planescape torment secondo te cos'è
     
  19. Jane Shepard

    Jane Shepard Livello 1

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    Forse non mi sono spiegata: L'editor non è il centro del discorso,è solo una componente...te lo specifico in quanto hai dato l'esempio di Planescape per poter dire che anch'esso è privo di Editor,e dispone del solo maschio....

    Ma adesso,sinceramente una domanda: Ti senti davvero di poter affermare che The Witcher è un RPG puro? (puro quanto può esser stato in partenza il CRPG) ? Sono seria eh,non sto facendo una domanda retorica...
     
    Ultima modifica da parte di un moderatore: 19 Gennaio 2014
  20. f5f9

    f5f9 si sta stirando Ex staff

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    sì, è un rpg, forse ti sfugge il fatto che siamo nel 2014 e non nel 1997...al massimo possiamo fare una differenziazione tra gli "rpg old school" (che restano quei magnifici sette che tutti conosciamo...molti solo per nome :hope: ) e gli altri

    da anni il fatto che il combat sia a turni o in tempo reale non fa più la differenza, direi da baldur's gate che ha sdoganato il genere presso l'inclita :asd:

    perdonami, ma mi sembri un po' schiava di pregiudizi un tantino vintage (lo dico con simpatia)

    e comunque: qual'è la tua definizione di gioco di ruolo? quali ne sono le caratteristiche imprescindibili?

    N.B.: queste discussioni, in realtà, mi sembrano un po' aria fritta...ho già ribadito infinite volte che mi interessa che un gioco sia bello e mi acchiappi, poi l'etichetta, per me, lascia il tempo che trova

    il mio genere preferito sono gli rpg ma non penso che siano il santo graal  :asd: e che valga la pena di arrabbiarsi sull'argomento