EUCOOKIELAW_BANNER_TITLE

Dark Souls: lezioni di Japponese per gli Action RPG Occidentali 2016-11-27T11:24:41+01:00
  • 40062

    Dark Souls: lezioni di Japponese per gli Action RPG Occidentali

LEZIONI DI JAPPONESE

Quante volte abbiamo discusso delle differenze che ci sono tra gli sviluppatori Occidentali e quelli Orientali? E quante volte abbiamo parlato delle differenze tra JRPG e WRPG? Eppure è sempre esistito un minimo comune denominatore tra i due generi: la cura del sistema di combattimento. Purtroppo nell’arco dell’evoluzione storica del genere si sono venute a creare filosofie di pensiero che hanno percorso strade e finalità differenti. Da questa diatriba sono nati una serie interminabile di sottogeneri e luoghi comuni, da ambo le parti, che non hanno fatto altro che allontanare ulteriormente i giocatori da aspetti che sarebbero potuti benissimo convivere. Due di questi aspetti sono sicuramente il concetto di “sfida” ed il concetto di “morte”, che immergono le proprie radici in quella filosofia “arcade” da sempre stata molto più a cuore ai jappi, rispetto agli europei o gli americani. Questa diversa premura ha una motivazione a monte: da quando in occidente il mercato dei GDR si è sdoganato e aperto al mondo delle console si è venuta a creare una corrente di “Action moderni”, in cui gli sviluppatori non si sono mai veramente concentrati sul simulare un connubio stimolante tra sfida e morte. In Jappolandia, invece, qualcuno ha preso la questione sul serio ed ha creato qualcosa che 20 anni fa avremmo chiamato “Roguelike”, mentre oggi è una sua avanzatissima evoluzione in salsa Action: stiamo parlando di From Software, gli autori di Demon e Dark Souls.
Dark Souls, in particolare, ha rotto diversi tabù, fatto bestemmiare interi calendari a parecchia gente e messo seriamente a dura prova anche i giocatori di vecchia data, quelli cresciuti con i mitici cabinati delle sale giochi (quando per giocare dovevi inserire un sacco di monetine e sudare parecchio prima di arrivare ad esclamare il memorabile “ho finito il gioco!”). Se ne sono dette tante su questo titolo nipponico, ma poche volte si è sottolineata l’importanza che potrebbe avere il suo concept in ambito WRPG. Per questo motivo con l’editoriale di oggi andremo a lezione di japponese, cercando di capire cosa potrebbero imparare gli sviluppatori di Action RPG occidentali dai cugini del Sol Levante. Con tutto il rispetto per il buon vecchio Severance.

DarkSouls001

La vera sfida non si piega al marketing.

LEZIONE N° 1: LA SFIDA CONTA PIU’ DEL MARKETING

La sfida è sempre stata un concetto chiave per gli action e gli arcade, soprattutto quando la componente interattiva con cui viene concretizzata è il sistema di combattimento. Lasciando da parte quei generi che davvero fanno della “skillosità manuale” il loro unico fulcro vitale (beat’em, shot’em up e sportivi), nel sottogenere degli Action RPG c’è sempre stato il problema del dover fare i conti con il bilanciamento tra accessibilità e senso di sfida. Dark Souls non si è fatto scoraggiare ed ha portato il concetto di sfida a livelli talmente epici che erano anni che una cosa simile non accadeva. Non a caso ciò che lo rende degno di nota è proprio la capacità di trasmettere appagamento al giocatore, spingendolo a sincronizzare sia le proprie doti manuali e sia quelle mentali (attraverso la gestione tattica della “build”). In pratica si viene a creare una vera e propria empatia tra gioco e giocatore, tra difficoltà ed accessibilità, tra manualità ed uso del cervello.

Chi finisce Dark Souls viene assalito da violenti deliri di onnipotenza, credetemi!

Eppure molti giocatori hanno criticato l’eccessiva difficoltà del gioco, la mancanza di un vero e proprio tutorial, oppure le numerose punizioni che si diverte ad infliggerci continuamente. Ma la forza del concetto di sfida in Dark Souls nasce proprio da questo principio: partire dal presupposto che i giocatori siano esseri intelligenti, capaci di usare il cervello, di imparare dai propri errori e quindi di usare sempre meglio i mezzi che gli si mette a disposizione. Quando si parte con questi presupposti si spinge l’utenza ad affrontare e superare quella pigrizia che ormai dilaga nel mercato mainstream (anche nei WRPG). Quella pigrizia che per anni ci ha “abituati male” e che spesso ci spinge a pensare che tutto fosse lecito ed  accessibile a chiunque.
È contro questa pigrizia che si batte con anima e corpo Dark Souls, usando metodi a tratti indubbiamente duri e drastici (l’eliminazione dei livelli di difficoltà ne è un segno palese), ma pur sempre con l’intento finale di dimostrare che una volta superato lo scoglio iniziale si spalancheranno una serie di sensazioni tra le più appaganti che si possano provare in un videogioco (chi finisce Dark Souls viene assalito da violenti deliri di onnipotenza, credetemi!).
Ora la domanda sorge spontanea: quanti Action RPG occidentali possono vantare di aver trasmesso sensazioni simili ad un giocatore? Pochi, tra cui il vecchio e già citato Severance, ma quasi nessuno tra quelli moderni. Ed il motivo è sempre lo stesso: i developers (sotto incessante pressioni dei publisher) lottano continuamente tra lo scendere a compromessi (ampliando il target) o restare fedeli al tipo di filosofia che ci si era prefissati in principio (rischiando però di tagliarsi fuori ingenti fette di mercato e di entrare in collisione col publisher). From Software ha dimostrato che anche con un livello di sfida altissimo, un concept particolare ed una formula non accessibile a tutti i tipi di giocatori, alla fine i frutti possono arrivare lo stesso (sia sottoforma di marketing e sia sottoforma di feedback ricevuto dagli utenti). Hanno osato e sono stati premiati, anche arrivando su una piattaforme (PC) dove storicamente ci si è sempre lamentati del come il processo di “consolizzazione” avesse semplificato e “casualizzato” gli Action RPG. Ma le lamentele non reggono più: ora anche i più hardcore e puritani “PCisti” possono piangere di fronte ad un Action RPG nipponico nato su console. Qualcuno in occidente dovrebbe prendere esempio oggi.

DarkSouls002

Dietro ogni angolo si nasconde una morte atroce.

 

LEZIONE n° 2: PREPARE TO DIE…LOSING IS FUN!

La morte in Dark Souls è una forza che domina i destini di tutti gli esseri che fanno parte di quel mondo. Il protagonista stesso è un Non-Morto condannato ad un limbo eterno in attesa che qualcuno ripristini la luce dell’Era del Fuoco o stabilisca il dominio delle Tenebre. Quel qualcuno saremo noi.
From Software ha preso il concetto di morte con molta serietà e non solo lo ha usato per cucirci attorno una trama di tutto rispetto (volutamente messa in secondo piano proprio per non guidare passo dopo passo i giocatori), ma lo ha anche legato a doppio taglio col concetto di “Sconfitta”. Perdere in Dark Souls è stimolante non perché i developers volessero sottoporre i giocatori ad una forma di brutale sado-masochismo, ma per il semplice motivo che attraverso la morte il giocatore acquisisce conoscenza, spirito di osservazione, di cautela e ponderazione, impara a ragionare tatticamente, fino al punto di riuscire ad affrontare qualsiasi tipo di difficoltà. E no, non si tratta di abuso del tipico trucchetto “Save & Reload”. Qui i developers nipponici si sono affidati ad un dibattutissimo tandem: il sistema dei check point in combo con la perdita di tutte le unità di Umanità ed Anime raccolte fino a quel punto (sono l’unica fonte con cui poter potenziare il nostro PG e l’equipaggiamento). Ecco come in un colpo solo sono riusciti a mantenere sempre al massimo la concentrazione dei giocatori, sempre viva la “paura di morire”, e sempre attivo il cervello, soprattutto quando si ha la consapevolezza di non poter usare trucchetti, di non poter essere troppo spericolati e di dover ponderare bene ogni azioni, onde evitare di bruciare tanta fatica ed ore di gioco.

Attraverso la morte il giocatore acquisisce conoscenza, spirito di osservazione, di cautela e ponderazione.

Questa filosofia non è affatto estranea agli  Action RPG, poiché è figlia di quei Roguelike “padri” della storia del genere. Eppure quando giochiamo un WRPG abbiamo sempre l’onnipresente sicurezza di poter ricominciare poco prima del punto in cui siamo stati sconfitti. Non che sia un male, capiamoci, ma che si possa abusare del metagaming che ne consegue è un dato di fatto indiscutibile e relegato solo al buonsenso di un giocatore. Allargando il discorso verrebbe da citare i sistemi di levelling dei nemici e del loot, che a lungo termine sono un vero e proprio attentato a qualsivoglia concetto di sfida o paura di essere sconfitti. Ma per capire ancora meglio l’azzardo di Dark Souls dovremmo solo porci alcuni quesiti: cosa accadrebbe se questa sicurezza e questi aiuti svanissero totalmente in un WRPG? Come approcceremmo ad ogni evento, dungeon, combattimento e situazione di gioco? Sicuramente in un modo totalmente diverso da come facciamo di solito.
Ovviamente non voglio certo far passare il sistema dei check point come superiore a quello classico del “Save & Reload”. Infatti il punto del discorso è un altro, ovvero la morte ed il concetto che developers e giocatori hanno di essa, spesso limitato al solo significato di “Game Over”. La formula di From Software dimostra come quel concetto possa essere usato in modi diversi e trasformarsi addirittura in qualcosa di istruttivo e stimolante, tanto da spingere i giocatori ad affrontare il pericolo col cervello e non con la pancia. Ed è proprio questo il principio che si oppone ad un altro concetto tanto famoso quanto esplicativo: il “Trial & Error”. Dark Soul non ti butta nella mischia e ti lascia scegliere totalmente alla cieca, ma prima di farti morire ti avvisa, ti mostra dei segnali, cerca di attirare la tua attenzione. In quei casi il giocatore deve solo imparare a leggere i messaggi che il gioco gli comunica.

DarkSouls004

Ogni panorama mostra luoghi raggiungibili.

LEZIONE N° 3: L’OPEN WORLD CHE NON TI ASPETTI

Nel mercato WRPG siamo stati quasi sempre abituati a pensare che l’unico vero Open World fosse quello dei TES. Eppure questa struttura esplorativa ha sempre avuto più correnti interne e più forme di espressione (basti pensare ai vari Might&Magic, Wasteland, Ultima o Darklands, ovvero i padri di questa struttura esplorativa), soprattutto allargando il discorso anche ad altri genere. Nonostante tutto, c’è sempre stata una certa tendenza a stabilire cosa sia o non sia “vero Open World”. Dark Souls va oltre queste tendenze e dimostra con i fatti che non serva per forza una mappa di milioni di kilometri di superficie per simulare un mondo aperto e liberamente esplorabile, ma basta solo un’intelligente implementazione del level design.
Alcuni Open World moderni vantano la libertà di poter dire al giocatore “vedi quel punto lontano all’orizzonte? Potrai raggiungerlo quando vuoi!”, ma Dark Souls fa di meglio: sarà possibile raggiungere gran parte di tutto quello che ci viene mostrato attraverso ampi (e davvero suggestivi) panorami, ma non sempre sarà facile ed intuitivo capire la strada giusta da percorrere.

Qualcuno starà pensando che oggi sia pura follia presentare un Open World senza mappa: From Software ha sfatato questo falso mito.

Come principio base il gioco usa degli hub e dei percorsi primari che uniscono varie macro aree (a loro volta piene di percorsi secondari segreti che mettono in comunicazione una serie di micro aree in maniera magistrale). Per esempio, se volessimo raggiungere la cima di un castello o di una torre in lontananza, non ci basterebbe sapere che potremo in qualche modo raggiungere l’obiettivo: per farlo dovremo studiare un po’ il level design, dovremo imparare a conoscerlo, memorizzarne i percorsi, scoprirne i passaggi segreti, e non dare mai per scontato che ci sia una sola strada da percorrere. Tutto questo senza alcuna mappa, senza alcuna frecciona luminosa, senza nessun indicatore sulle teste degli NPC e senza nessuno che ci dica dove andare, cosa fare o contro chi combattere. La cosa più stupefacente è che questo apparente “abbandono” da parte del gioco, non fa altro che unirsi sinergicamente al concetto di sfida, dando vita a quell’empatia che si prova dopo aver capito come superare un ostacolo o raggiungere un luogo segreto.
La genialità del level design non consiste solo in questo, ma viene a galla anche dal modo in cui le varie macro aree sono state collegate, al fine di creare scorciatoie comodissime per eliminare i tempi morti ed il backtracking (almeno finché non sbloccheremo il fast travel). Certamente ci sono anche delle limitazioni che non ci permetteranno, per esempio, di arrampicarci dappertutto o superare qualsiasi tipo di ostacolo grafico, ma la non linearità sarà sempre garantita. Inoltre, data la totale mancanza di indicazioni esplicite, Dark Souls spinge il giocatore a memorizzare almeno i passaggi chiave della mappa.
Qualcuno starà pensando che oggi sia pura follia presentare un gioco di grosse dimensioni e non munire il giocatori di mezzi come una mappa con cui orientarsi. From Software è andata incontro alla follia e lo ha fatto lo stesso, dimostrando che la memoria del giocatore (unita all’empatia che scatta verso il mondo di gioco ed un geniale level design) riesce a fare grandi cose.

DarkSouls003

Realismo ed immersione: una spada è diversa da un’alabarda.

 

LEZIONE N° 4: IL REALISMO È IL MIGLIOR AMICO DELL’IMMERSIONE

Diciamoci la verità: quante volte abbiamo sognato un sistema di combattimento in cui tra una spada ed un’ascia ci fosse un’enorme differenza, sia a livello grafico (le animazioni degli attacchi) e sia a livello fisico (l’impatto che ogni attacco ha sul nemico e su di noi)? Tante, troppe volte. Ci hanno provato in parecchi in passato ma quanti ci sono veramente riusciti? Quasi nessuno, anzi, lasciamo a casa il politically correct e parliamoci senza peli sulla lingua: nessuno ha ancora saputo simulare un sistema di combattimento davvero realistico ed in grado di farci sentire il “peso fisico” di un’arma, il contraccolpo, la differenza tattica, oppure l’impatto che ha sull’esito di un combattimento contro un certo tipo di nemico che indossa un certo tipo di equipaggiamento. In molti, quasi tutti, gli Action RPG occidentali c’è davvero poca differenza tra l’uso di un’arma rispetto ad un altra quando si combatte a distanza ravvicinata e questa non-differenza la notiamo sia a livello grafico (le animazioni non cambiano), sia a livello fisico (non viene preso mai in considerazione il peso specifico che esse hanno), sia a livello “ruolistico” (l’uso di un arma non dovrebbe essere precluso in base al valore delle statistiche ma in base alle capacità di usare quel tipo di arma), e sia a livello immersivo (in base al tipo di build che vogliamo interpretare dovremmo affezionarci ad un certo tipo di arma, senza cambiare solo perché un’altra “fa più danni ed è più potente”). Non me ne vogliamo gli storici Gothic, che implementavano un sistema di animazioni che migliorava con l’aumento dell’apposita skill in una certa arma; e non me ne voglia nemmeno il giù citato Severance, che usava un magnifico comparto di animazioni per l’epoca. Dark Souls semplicemente alza lo standard (pur sempre nei limiti del possibile) ed ha mostrato la netta differenza di feedback che si prova nell’impugnare una katana rispetto ad un’ascia o una mazza enorme.
Lo stesso lavoro è stato svolto per le collisioni contro le superfici solide, le collisioni contro tipi di scudi di vario genere (e che sono vitali se si vuol approcciare frontalmente ad un nemico ben armato), contro armature di vario genere (c’è una variabile di “Equilibrio” che influenza ogni colpo inferto e subito), oppure le collisioni contro tipi di nemici di grossa taglia e che sono ricoperti da corazze di varia natura. Una simile cura maniacale del dettaglio non era mai stata sfruttata in modo così funzionale e se questo sarà il futuro, d’ora in avanti chiunque voglia simulare un sistema di combattimento Action in un RPG dovrà temere Dark Souls.

DarkSouls005

Lezione n° 5: i nemici saranno il nostro peggiore incubo.

LEZIONE N°5: I NEMICI SARANNO IL NOSTRO PEGGIORE INCUBO

Non vi siete mai chiesti perché la IA è ancora oggi a livelli scadenti e poco appaganti? O perché si spendono un sacco di risorse per creare mondi immensi e poi non li si popola mai di nemici realmente bastardi? La risposta è semplice: i developers non investono su un aspetto che rischia di far sentire “scarso” il potenziale fruitore finale, e nel momento in cui parliamo di un target allargato la premura di chi vende è fare in modo che il gioco sia accessibile al massimo. Quindi una IA troppo punitiva o dei pattern davvero vari e numerosi (cosa che aumenta la difficoltà nel memorizzarli) sono cose su cui davvero poche volte si è deciso di puntare seriamente negli Action RPG Occidentali. Dark Souls anche in questo aspetto è andato totalmente contro corrente ed ha dimostrato che per rendere memorabile anche il più insignificante dei nemici basta fare in modo che possa essere mortale e molto variabile nell’uso dei pattern.

Che senso ha riempire la mappa di nemici che poi combattono con una IA da idioti?

Basteranno 3-4 ore di gioco per capire venire a contatto con una varietà di nemici impressionante: non-morti armati di spada che hanno combinazioni di attacchi diversi a seconda dell’arma che impugnano, scheletri che si ricompongono dopo esser stati abbattuti, topi in grado di avvelenarci con un morso, draghi enormi ed apparentemente inattaccabili, oppure cavalieri neri che parano e contrattaccano con una foga tale da farci urlare contro il monitor dalla rabbia. Più si va avanti nella scoperta del mondo di Dark Souls e più ci stupirà la quantità di nemici e pattern che la IA è in grado di gestire per ognuno di essi. Ben presto sperimenteremo sulla nostra pelle come possa essere mortale anche un banalissimo topo velenoso, o quanta concentrazione sia richiesta per combattere contro nemici che indossano un certo tipo di equipaggiamento. Ogni scontro sarà una storia a se e diverso da quello precedente.
Tutte queste variabili in quanti altri Action RPG vengono sfruttate in modo così magistrale? E non sarebbe il caso di cominciare a vedere qualche produzione occidentale che faccia tesoro dell’esempio di From Software e ci riproponga qualcosa di simile, magari in un futuro TES, Risen, Two Wolds, o addirittura The Witcher 3? A giovarne non sarebbe solo il sistema di combattimento, ma soprattutto la sfida e l’appagamento che ne ricaveremmo. Ed infondo diciamoci un altra grande verità: a vincere contro nemici idioti, totalmente prevedibili, tutti simili tra loro e che seguono due pattern in croce, beh, non so voi, ma credo che non si sia mai divertito nessuno.

CONCLUSIONI

Tirando le somme di questo editoriale viene fuori un quadro abbastanza chiaro della situazione: in Jappolandia investono una cura maniacale nella creazione dei sistemi di combattimento e degli elementi che lo compongono, mentre in Occidente ciò accade molto raramente o quasi mai. Questa diversità di approccio porta giochi come Dark Souls a simulare in maniera quasi rivoluzionaria concetti come la sfida, la morte ed il connubio tra realismo ed immersione. In occidente, invece, troppo spesso continuiamo a dare peso ad aspetti che premiano la semplificazione e l’accessibilità a sfavore di ciò che ho appena finito di lodare nel titolo japponese. E come non citare il macroscopico conflitto tra la massiccia presenza di combattimenti e la minor cura che si investe nel migliorarli in maniera sostanziosa? Che senso ha riempire la mappa di nemici che poi combattono in modo stupido se poi non si riesce nemmeno a trasmettere la sensazione di un colpo di spada ben assestato?
È ovvio che anche Dark Souls abbia i suoi difetti e non è certo il gioco perfetto, ma il mio intento era soltanto mostrare come sia riuscito, contro ogni aspettativa, a toccare vette di eccellenza su aspetti in cui quasi tutti gli Action RPG Occidentali deficiano. Un tempo si usava la scusante “limiti tecnici” e ci si lamentava di come certe cose fossero troppo esagerate da pretendere. Oggi invece mi chiedo: la pensiamo ancora in quel modo o lo vogliamo fare un bel passo avanti?
Dati i presupposti sarebbe il caso di mettere da parte la diatriba sul conflitto tra “accessibilità vs sfida” e guardare ai nostri cugini nipponici senza pregiudizi o stereotipi figli di concezioni ormai superate. Infondo sfido chiunque a non sognare un Action RPG occidentale che punti ad unire il sistema di combattimento di Dark Souls (e tutto ciò che si porta dietro) con quel Ruolismo tipicamente occidentale. Sì, sarebbe davvero un passo avanti epocale per il nostro genere preferito e potremmo, una volta tanto, urlare tutti insieme: viva la Jappolandia!

Webdesigner e grafico per hobby, troll di professione. Gli è apparso in sogno il suo unico Dio (Chris Avellone) e da quel giorno pensa di essere il suo araldo. Se ne va in giro per forum e social network a predicare il “Verbo del Sacro Ruolismo” e portare un barlume di speranza nei luoghi in cui Bioware e Bethesda hanno lasciato solo macerie.