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Cosa significa Videogioco di Ruolo? 2016-11-27T11:25:01+01:00
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    Cosa significa Videogioco di Ruolo?

Combat system e Party

Nel sistema classico, l’Eroe è di solito accompagnato da companions (da uno a 5 o 6) che lo aiuteranno nell’impresa. Ovviamente non sarebbe possibile controllare tutti nella frenesia delle battaglie, quindi il gioco va in pausa (con un comando o automaticamente). Si impartiscono quindi le opportune istruzioni ai vari membri, si rilancia il gioco e si assiste all’azione. Il successo sarà determinato dalle nostre giuste intuizioni, dalle statistiche e da un fattore casuale corrispondente al lancio di dadi nel cartaceo. E’ un ottimo sistema ancora in uso nei JRPG ma sempre più raro nei Giochi di Ruolo Occidentali. Recentemente però, ne abbiamo visto una bella rinascita con le saghe “Drakensang” e “Dragon Age”. Ovviamente, con questo tipo di configurazione non è richiesta nessuna abilità manuale da parte del giocatore ma è tutta una questione di ragionamento e di un pizzico di fortuna.

Il sistema di combattimento più in voga al giorno d’oggi è quello in tempo reale, in cui l’abilità manuale e il tempismo del giocatore contano come e a volte più delle statistiche come, per esempio, in “The Elder Scrolls III: Morrowind di Bethesda Softworks (2002). Ovviamente, anche in questo caso, il protagonista è solo o è accompagnato da companions guidati dall’Intelligenza Artificiale. E’ il caso, per esempio, dei recenti “Fallout 3” (Bethesda Game Studio 2008)  e “Fallout: New Vegas” (Obsidian Enterteinment 2010). I puristi del genere sostengono che questo aspetto è quello che differenzia gli RPG dagli Action RPG. In questa seconda categoria rientrano a pieno titolo i “TES” e, soprattutto, i “Gothic” che non sono certo stati i primi ad adottarlo ma ne sono diventati l’emblema.

Esistono, infine, anche concepts ibridi, ossia con combattimenti in tempo reale ma con una “pausa tattica” in cui si possono modificare gli stili, assumere pozioni, ecc.: il più classico è “Baldurs’ Gate” (Bioware 1998) ma chi scrive considera tale anche “The Witcher”.

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The Witcher (CD Projekt RED STUDIO, 2007)

 

Interazione, Interpretazione, Immedesimazione, Scissione, Scelte

Qui entriamo nell’aspetto più complesso, delicato e difficilmente spiegabile dei Giochi di Ruolo. Lo scopo primario degli RPG è quello di interpretare una personalità “altra”, del tutto separata da quella reale e quotidiana del giocatore. Se nella vita normale siamo, per esempio, timidi e introversi, lì potremo diventare un potente mago o un feroce guerriero. La persona più rigorosa e legalitaria si divertirà particolarmente nell’interpretare un ladro o un assassino. In questo gli RPG hanno una grande funzione liberatoria e consolatoria, con in più il fatto premiale che quanto più ci si è immedesimati nel personaggio, tanto più gratificanti saranno i successi e le sfide. Secondo i tradizionalisti, infatti, gli Action RPG non possono essere considerati veri Giochi di Ruolo perché la personalità e l’abilità manuale del giocatore interrompe la “separazione” tra giocatore e avatar. E’ una visione che capisco sul piano teorico ma non condivido completamente: comunque andava riportata.

Per essere tale, un Gioco di Ruolo deve immergerci in un peculiare ambiente e porci davanti a scelte morali, comportamentali, etiche e, magari, anche politiche, cui risponderemo in base alla nostra sensibilità o, meglio, a quella del personaggio che abbiamo costruito. Le nostre decisioni, nei casi migliori, comportano variazioni più o meno profonde nel mondo virtuale che ci circonda e/o nella storia stessa. E’ il caso di capolavori indiscussi quali “Planescape: Torment” e “The Witcher”.

Rispetto a tutti gli altri generi videoludici, maggiore importanza riveste anche l’interazione con gli NPC: chi è riuscito, per esempio, a evitare uno scontro sfruttando le capacità oratorie o raggirando l’interlocutore, capirà a cosa mi riferisco. Ovviamente un buon Gioco di Ruolo dovrebbe essere ugualmente affrontabile e completabile da un bruto picchiatore e da un raffinato diplomatico: un’altra caratteristica del genere è la rigiocabilità.

Trama e sceneggiatura sono punti cardine: senza un plot robusto, le scelte diventano automaticamente irrilevanti. Il massimo della gratificazione si ha, paradossalmente, quando si rimane interdetti davanti alle possibili “ramificazioni” degli eventi e bisogna impegnarsi ad analizzare qual è il comportamento più coerente del nostro personaggio indipendentemente da calcoli di convenienza.