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Cosa significa Videogioco di Ruolo? 2016-11-27T11:25:01+01:00
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    Cosa significa Videogioco di Ruolo?

Premessa doverosa: non abbiamo la presunzione di dare risposte definitive a una problematica per la quale scorrono in rete più discussioni di quante ne abbiano mai scatenate la questione omerica o il sesso degli angeli. Ci sembra però che sia un interessante argomento di riflessione e dibattito. L’unica certezza è che non esiste una risposta definitiva e univoca a questa domanda. In realtà il problema è meramente semantico: si tratta di una banale etichetta che si affibbia a un prodotto per l’intrattenimento la quale è utile solo per avere una prima e grossolana informazione sui suoi contenuti. Cercheremo comunque di elencare i principali elementi che caratterizzano il genere.

Creazione del Personaggio

Dovremo, innanzitutto, impersonare un personaggio e curarne le caratteristiche e le abilità, insomma: dobbiamo crearci un alter ego virtuale. La sua personalizzazione, a seconda dei casi, potrà già venire sbozzata a inizio gioco o avverrà solo con i progressi successivi.

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The Elder Scrolls IV: Oblivion (Bethesda Softworks, 2006)

Talvolta è possibile scegliere l’aspetto, la razza, le attitudini e perfino il nome del nostro avatar, come nel caso dei giochi della serie “The Elder Scrolls”. Altre volte dovremo misurarci con un carattere preconfezionato di cui sceglieremo le abilità da sviluppare solo nel corso delle successive azioni: è questo il caso di “The Witcher” (CD Project Red Studio 1997) e “Planescape Torment” (Black Isle Studio 1999), per esempio. Molti giochi attuali adottano una via intermedia, consentendo una personalizzazione iniziale più o meno parziale come in “Mass Effect” (Bioware 2007) in cui sono già prestabilite la razza, il nome e la “professione” ma dove si potrà scegliere l’aspetto e il sesso.

Un altro aspetto purtroppo spesso trascurato nei giochi attuali è l’”orientamento” (buono, malvagio, caotico ecc.). E’ un cardine del sistema Dungeons & Dragons ed è in grado di influenzare profondamente le azioni e lo svolgimento dei più classici Videogiochi di Ruolo (chi ha giocato “Planescape: Torment” capisce a cosa mi riferisco). Una qualche traccia l’abbiamo però trovata nel più recente “Mass Effect” con la distinzione paragon/renegade. Un RPG dev’essere strutturalmente “amorale” e consentire sia le azioni più nobili che le più abiette, purché coerenti col personaggio creato.

Ambientazione

C’è poi l’ambiente in cui ci si muoverà. Può essere indifferentemente fantasy, sci-fi o qualunque altro, basta che sia ampio, minuziosamente definito e coerente. I primi Videogiochi di Ruolo si appoggiavano soprattutto alle ambientazioni dei Forgotten Realms di D&D potendo contare su un eccezionale background che si era già ampiamente evoluto e perfezionato con i giochi da tavolo. In seguito, altri sistemi del cartaceo sono stai utilizzati per alcuni giochi. Ricordiamo, tra tutti, che “Vampire: the Masquerade” ha dato origine a “Redemption” (Nihilistic Software 2000) e a “Bloodlines”(Troika games 2004). Ma si è fatto ricorso anche ad altre fonti come il lore cinematografico di “Star Wars” che ha portato a due indiscussi capolavori come “Star Wars: Knights of the Old Republic” I (Bioware 2003) e II (Obsidian Entertainment 2004).

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Star Wars: Knights of the Old Republic (Bioware, 2003)

Il lore può anche avere origini letterarie e in questo campo abbiamo vari esempi. Il più recente e vistoso è quello di “The Witcher” ispirato ai libri dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski. Ma c’è anche “Hard to be a God” (Burut Software 2008), capolavoro mancato dal meraviglioso racconto dei fratelli Strugatzki (autori anche di “Stalker” da cui il film e l’FPS omonimo). Le opere e/o la collaborazione di rinomati autori di narrativa fantasy sono sempre più richieste in questo settore. Mentre scriviamo sono in lavorazione “A Game of Thrones” (ispirato a “A Song of Ice and Fire” di George R. R. Martin) e a “Kingdoms of Amalur: Reckoning” sta direttamente lavorando R. A. Salvatore.

Ma ci sono casi, uno tra tutti la saga “The Elder Scrolls”, in cui il lore pur se creato da zero presenta uno sviluppo enorme, mirabile e quasi paragonabile a quello di D&D. A riguardo e tra i titoli più recenti possiamo citare anche gli apprezzabili mondi di “Dragon Age: Origin” (Bioware 2009), “Two Worlds” (Reality Pump 2007), “Mass Effect” (in cui è un clone di “Star Wars”), “The Dragon Knight Saga” e “Venetica” (Deck 13 Interactive 2009). Ma nessuna saga videoludica ha un lore originale paragonabile a quello dei TES.

 

Regole, Crescita, Livellamento

E’ ovvio che un sistema di regole (ruleset) dovrà necessariamente “imbrigliare” sia le azioni che la crescita del personaggio, sia per creargli opportunità che per fornirgli le necessarie sfide. Il sistema più classico è, un’altra volta, quello di D&D che è stato usato in tutti i primi, storici Videogiochi di Ruolo, dagli “Ultima” ai capolavori Black Isle Studio, da Troika alla prima Bioware. Ma, fortunatamente, lo ritroviamo anche in giochi più recenti come “Neverwinter Nights II” di Obsidian Entertaiment (2006).

La meccanica di base, in estrema sintesi e semplificazione, è la seguente: sconfiggendo nemici e risolvendo quests si guadagnano Punti Esperienza coi quali si potranno migliorare le abilità del personaggio. Normalmente è conveniente che lo sviluppo sia mirato a un potenziamento coerente con la “classe” scelta in partenza (mago, cecchino, guerriero, incursore, ladro, bardo ecc.) ma è quasi sempre possibile adottare una configurazione multi-classe. Il ruleset, di solito, stabilisce anche quali sono gli items utilizzabili, in questo termine comprendendo anche armi e armature. Ovviamente le cose sono molto più complesse di così ma non vogliamo fare un trattato, solo stimolare una discussione.

Tra gli altri sistemi possiamo ricordare quello della saga “Drakensang” che utilizza “The Dark Eye” (un ruleset cartaceo molto popolare nell’Europa settentrionale) e quello della serie “Gothic” (Piranha Bytes 2001), certamente uno tra i meglio bilanciati di tutti i tempi.

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Drakensang: The Dark Eye (Radon Labs, 2008)

Un caso particolare e per certi versi eversivo è il sistema di livellamento adottato nei primi quattro capitoli della saga “The Elder Scrolls”: la crescita avviene quasi esclusivamente tramite l’esercizio delle varie abilità. Un mago, per esempio, migliorerà Distruzione quante più palle di fuoco lancerà. Un Guerriero diventerà più forte quanto più si eserciterà a menare fendenti. Inoltre si può ricorrere, per accelerare la crescita, a opportuni “Addestratori”. E’ un sistema, a parere di chi scrive, alquanto credibile ma è sempre stato aspramente criticato dai giocatori più tradizionalisti. Data la natura dei giochi di questa serie è sempre presente anche una qualche forma di “auto-levelling” che, nel quarto capitolo (Oblivion), è stato esasperato a livelli tali da scatenare critiche feroci.

Comunque una cosa pare ormai assodata: per fare un RPG non servono oscure cifre e/o incomprensibili tabelle anche se utili per definire nei minimi dettagli il personaggio. Quello che conta sono la libertà e il ventaglio di scelte garantite al giocatore, cose che, purtroppo, tendono ad assottigliarsi sempre più nella produzione attuale.