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C’era una volta la Morte degli Old School WRPGs 2016-11-27T11:24:41+01:00
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    C’era una volta la Morte degli Old School WRPGs

LA MEMORIA STORICA

“Gli Old School WRPG sono morti!” – Nietzsche su Western Roleplay Games

Provate per un attimo a ripercorrere la maggior parte degli eventi che si sono susseguiti in questi ultimi 10-15 anni di storia del videogaming e chiedetevi: quante volte abbiamo letto questo slogan sulla fantomatica “Morte degli Old School WRPG”? Quante volte ci siamo lamentati della scomparsa di un certo tipo di RPG tra le urla di giubilo delle nuove generazioni di videogiocatori che demonizzavano a prescindere il “vecchio” a favore del “nuovo”? E quante volte abbiamo pregato, nel silenzio della nostra cameretta, che le “vecchie glorie” rispondessero alla chiamata e tornassero sul campo di battaglia per ergersi contro questa ridicola demonizzazione immotivata? Tante, talmente tante volte che ora qualcuno si è deciso a scendere veramente in campo per rimettere le cose in chiaro, sia tra chi vede il vecchio come “il male” e sia tra chi per anni ci ha fatto credere che quel tipo di mercato era morto e non fruttava una lira.
La storiella dei publisher cattivi che dominano il mondo la sappiamo ormai a memoria, così come sappiamo che il boom dell’indie development è nato proprio a causa di questa chiusura mentale da parte dei grossi investitori del mainstream. In questo scenario per anni si è combattuta una guerra tra “grandi e piccini” e col tempo gli indipendenti sono riusciti a conquistare un’importante fetta di mercato, assicurandosi un minimo di sopravvivenza. Poi c’è stata la svolta finale: il crowdfunding e Kickstarter. In un colpo solo gli indie hanno scoperto un modo per bypassare i giochetti dei publisher e sopravvivere andando a chiedere il consenso direttamente all’utenza finale. Di Kickstarter ne abbiamo già abbondantemente parlato in precedenti editoriali, quindi preferirei spostare il discorso sul conflitto tra vecchio e nuovo.

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Giusto per schiarire le idee a certi gufi che sono brutti dentro.

Qual è il problema? Il problema è che questo conflitto ha spinto un’enorme fetta di utenti a demonizzare e dimenticare il passato, cancellando di fatto la propria memoria storica. Eppure la storia non si cancella nemmeno se sommersa sotto tonnellate di polvere. Infatti questo giochino perverso (che da un lato dichiarava “morto” il vecchio e dall’altro lo usava spudoratamente come “nuovo”) ormai comincia a venire a galla e le domande da tempo dimenticate ora tornano di moda: è veramente “nuovo” quello che ci è stato proposto negli ultimi 10-15 anni? O forse software house come Bethesda e Bioware (le due attuali dominatrici incontrastate del mercato mainstream) si sono per anni beccate applausi per aver sfruttato aspetti intrinsecamente e concettualmente vecchi di 15-20 anni? Calma, prima che alziate i forconi: qualche miglioramento c’è stato, sarebbe scorretto non ricordarlo, ma se volessimo pesarlo su una bilancia cosa ne verrebbe fuori? Che alla fine, tolto il taglio cinematografico, una grafica sempre migliore (compresa di animazioni e gingilli accessori) e qualche lieve miglioramento nelle routine della IA (che rispetto al comparto grafico avanza a passo di tartaruga purtroppo), il resto è rimasto legato al passato, a formule di gioco già viste in altre salse ed in capitoli precedenti, e con l’aggravante che puntualmente veniva venduto come “nuovo”.

Il problema è che questo conflitto ha spinto un’enorme fetta di utenti a demonizzare e dimenticare il passato, cancellando di fatto la propria memoria storica.

È in questo scenario che le “vecchie glorie” hanno deciso di tornare in campo, cogliendo la ghiotta occasione offerta dal crowdfunding. L’aspetto più interessante è vedere che dietro non ci sia solo il vantaggio economico che questo nuovo sistema di marketing offre, ma nche e soprattutto una voglia di disseppellire i ricordi (rivolgendosi a quella fetta di utenti che non hanno memoria storica) e di mostrare da dove arrivano tutte quelle idee “nuove” (se non si conosce il passato è normale prendere per “nuovo” qualsiasi cosa). E così, nel giro di una sola settimana, ci siamo ritrovati con l’annuncio di un nuovo Torment, di un nuovo pseudo-Ultima, di un nuovo Divinity ed addirittura di un nuovo grande ritorno: Might & Magic X. Pensare ad una situazione simile qualche anno fa sarebbe stata pura e semplice utopia, soprattutto sapendo che dietro al nuovo M&M non c’è una software house indipendente, bensì uno dei più grossi colossi dell’attuale industria videoludica: il gigante Ubisoft.

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L’evoluzione “moderna” dei giochi di ruolo occidentali. Grande Bioware!

LE VECCHIE GLORIE

Tra le “vecchie glorie” risorte dalle ceneri che il marketing sfrenato si è lasciato dietro, va sicuramente citato l’ormai rinato Brian Fargo, frontman di InXile, che continua a fare bene quel che ha sempre saputo fare bene: metter su dei “dream team”. Dopo il successone dell’appello di Wasteland 2 non ha perso tempo e si è lanciato dritto sul piatto più ghiotto di tutti: Torment – Tides of Numenera, seguito spirituale di quel Planescape Torment che ancora oggi è universalmente riconosciuto come uno dei picchi massimi della storia dei GDR occidentali. Tutti se lo sarebbero aspettati da Obsidian, molti temevano che l’annuncio sarebbe arrivato da Interplay (che sta mettendo su una “falsa Black Isle”), ma Fargo è stato furbo ed ha colto l’occasione in modo da riuscire non solo a farla sembrare un’operazione “Reunion” (di fatto ha rimesso insieme i big dell’era Black Isle), ma anche un omaggio ad uno dei più amati RPG della storia occidentale.
Grazie al suo ottimo valore nell’attributo “Carisma” e nella skill “Persuasione”, il buon Brian ha rimesso insieme un “dream team” a cui mancava solo la ciliegina sulla torta: l’aggiunta finale di Chris Avellone (l’ultimo ad unirsi alla combriccola). Ora InXile ha veramente tutte le carte in regola per tirar fuori un degno erede del Torment originale e magari riportare al centro dell’attenzione quella componente “dialettica” che spesso viene messa in secondo piano rispetto alla componente “d’azione” negli ultimi anni (che spopola sempre di più).

Brian Fargo continua a fare bene quel che ha sempre saputo fare bene: metter su dei “Dream Team”.

Un’altra sorpresona tra le vecchia gloria (di quelle che non ti immagini nemmeno sotto effetti di allucinogeni) è il ritorno del padre di tutti i WRPG, di colui che si è praticamente inventato gran parte delle componenti di gioco che oggi chiamiamo “lo standard in un GDR occidentale”: Richard “Lord British” Garriott. Se non lo conoscete meritate di giocare Oblivion e Fable per il resto della vostra vita, chiusi a chiave in una stanza piena di poster di Todd Howard e Peter Mulinello nudi. E se la cosa vi crea addirittura piacere ed eccitazione allora chiamate un esorcista.
Tornando seri, cosa c’è di straordinario in tutto ciò? Beh, qui si sta parlando di Lord British, che è stato lontano dallo sviluppo di videogiochi per decenni ed ora torna in campo. Sarebbe come annunciare il ritorno in campo di Maradona con la maglia del Napoli, e non so se rendo l’idea.
Qualche altro motivo per creare un minimo di hype? Ne sparo qualcuno a random.

  • Primo: se esistono i GDR digitali, frutto di una trasposizione dal “Pen & Paper”, lo dobbiamo principalmente a lui.
  • Secondo: se è nato il concetto di “mondo persistente” nei MMO (con tutti gli standard poi tramandati negli anni), lo dobbiamo a lui.
  • Terzo: se nei GDR è divenuto importante lo sviluppo del concetto di “parabola etico-morale” attraverso la narrazione di una main quest, lo dobbiamo a lui.
  • Quarto: se negli Open World è divenuta primaria la “simulazione di microcosmo sociale” (con conseguente inserimento del ciclo giorno/notte e di pattern nella IA degli NPC), lo dobbiamo ancora a lui.
  • Quinto: se col tempo si è ritenuto che ci debba essere un minimo di nesso tra lore, figura del protagonista e main quest che deve compiere, è sempre grazie a lui.
  • Sesto: ha guadagnato talmente tanti soldi con la saga di Ultima che in qualità di simbolo supremo dei nerd si è fatto sparare nello spazio a bordo di uno Shuttle (e tutti saremmo voluti essere al suo posto, ammettetelo!).
  • Settimo: ha una villa medioevale che in confronto il Castello del Conte Dracula e la villa di Bruce Wayne sono la casa di Barbie.
  • Ottavo: attualmente è l’unico che predica una filosofia “Old School” davvero radicale nei GDR, forse anche troppo, tanto che fra le sue prerogative inserisce la necessità di mettere in mano ai giocatori elementi “fisici” che interagiscano col gioco (tipo le vecchie mappe cartacee per aumentare l’immersione nelle fasi esplorative).
  • Nono: è il sosia di Hulk Hogan e anche solo per questo non si può non amarlo.
  • Decimo: ha cercato di far ragionare EA e quando ha capito che era una battaglia persa in partenza si è dato ai viaggi nello spazio.
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PLOT TWIST: in verità Hulk Hogan e Lord British sono LA STESSA PERSONA!

Devo aggiungere altro? Beh, forse sì: questo!
Molti di voi penseranno che sia una notizie fake, che Garriott stia solo trollando o che sia solo frutto di una serata in cui ha alzato troppo il gomito. Ma no, vi dico che non è un fake e che sì, forse c’è da temere il peggio. Infondo non va dimenticato che lo spazio è un luogo misterioso, dove possono accadere cose inspiegabili, quindi chi ci assicura che dopo il suo viaggio spaziale Lord British non sia tornato con le idee un tantino confuse? No perchè diciamocela tutta: parlare di “Ultimate RPG” e poi mettere tra le prerogative delle features a cui nemmeno i peggiori giochini su Facebook danno tanta importanza è un po’ come parlare di “rinnovamento dei GDR” e poi presentarsi con l’ennesimo gioco dove su 100 ore nette almeno 80 le passiamo ad ammazzare mostri, arraffare tesori e vendere la nostra anima al demone del farming koreano (che adora farci stare ore a vedere delle barre che si riempiono in nome del powwaplaying). Non possiamo che affidarci al fatto che un tempo era una leggenda e che qualcosa di quella passata genialità sia rimasta intatta e non si sia dispersa nella galassia.

Chi ci assicura che dopo il suo viaggio spaziale Lord British non sia tornato con le idee un tantino confuse?

Un altro grande ritorno è quello dei Larian Studios, non tanto in termini di “vecchia gloria che non sviluppa giochi da secoli” (come in effetti è accaduto in parte con InXile e totalmente con Lord British) ma più che altro in termini di “un altra indie software house che punta sulla formula Old School RPG ed il crowdfunding”. In effetti è una conseguenza logica quella di rivolgersi a Kickstarter, soprattutto se andiamo ad osservare l’evoluzione del pensiero del loro leader Swen Vincke, che nei precedenti mesi ha praticamente fatto il “Marco Travaglio del videogaming”, lanciando diversi attacchi e critiche ai publisher ed al modo in cui viene gestito sia l’attuale mercato del mainstream e sia il mondo del giornalismo videoludico (a chi fosse interessato consiglio vivamente la lettura di questi articoli: #1#2#3#4#5). Sulla scia di una volontà di “distaccamento dal grande mercato” Larian si è rivolta a quella fetta di utenti che non dimenticano il passato, li ha chiamati a raduno su Kickstarter ed attualmente sono già riusciti a raggiungere il goal minimo per assicurarsi i fondi utili a concludere il loro progetto: Divinity – Original Sin.
Ciò che più colpisce è la loro voglia di dimostrare seriamente come il “vecchio” possa presentarsi davvero sottoforma di qualcosa di “nuovo”, in un’epoca in cui invece è accaduto per anni tutto il contrario. Basterebbe citare il nuovo sistema di dialogo (che si baserà su rivoluzionario meccanismo in cui potremo gestire due personaggi anche in coop, scegliendo entrambi un ramo personale con cui poter interagire con gli NPC) o l’intenzione di rendere davvero interattivi i combattimenti a turni tattici (con la possibilità di sfruttare quasi ogni oggetti visibile nella scena, di creare combo di attacchi ed incantesimi, oppure di inventarsi trappole “on the fly”), tutti elementi che, seppur inseriti in un contesto “Old School” (telecamera isometrica, controlli “punta & clicca”, combattimento a turni tattici, ecc ecc), almeno dai primi video sembrano offrire realmente un qualcosa di diverso e più avanzato a livello di meccaniche. La cosa buffa però, è vedere che queste iniziative nascono da parte di software house che non hanno nemmeno 1/10 del potenziale finanziario, tecnologico ed umano che invece possono vantare colossi quali Bioware o Bethesda (dominatori incontrastati di un mercato mainstream che lascia sempre meno spazio ai “piccoli”).
Di chi è la colpa quindi? E perché per anni si è fatto di tutto per finanziare solo un certo tipo di RPG a discapito di altre tipologie ritenute superate e non fruttuose? A queste domande dovrebbe rispondere Ubisoft, che da poco ha giocato una carta tanto promettente quanto terribilmente misteriosa e preoccupante.

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Ubisoft ci sta trollando o fa sul serio con questo Might and Magic X?

 

UBISOFT FINANZIA UN OLD SCHOOL RPG: NOT SURE IF SERIOUS OR TROLLING!

Ubisoft qualche settimana fa aveva piazzato una “X” sul sito di Might & Magic e prometteva una sorpresona per il PAX East svoltosi il 22 marzo. È stata in quell’occasione che abbiamo scoperto l’annuncio che nessuno si sarebbe mai aspettato: Might & Magic X!
Ora devo essere onesto: sono un fan sfegatato dei M&M e non nascondo di essere eccitato alla sola idea di un decimo capitolo che sia in grado di ridare gloria ad una saga che era morta in malo modo (con un nono capitolo scandalosamente al di sotto di ogni aspettativa). I primi video mostrati promettono davvero uno stile “Old School” pienamente fedele a quello originale (cosa che in un progetto finanziato da Ubisoft non ci si aspetterebbe mai), quindi a prima vista ci sarebbe da stappare la bottiglia, perché tolta la saga di Heroes of M&M e lo spin off Dark Messiah of M&M, per il resto Ubisoft ha trattato in modo alquanto scandaloso lo storico brand inventato dal mitico Jon Van Caneghem: voglio dire, ci han tirato fuori un card game, un browser game tattico online, un altro pseudo-strategico online, un social game, un hack’n’slash online e pure una versione jappa per NDS. Insomma quand’è che basta Ubisoft?
Ma qui viene il bello: non sentite anche voi puzza di bruciato? Un publisher mainstream come Ubisoft, che per anni se n’è sbattuto di finanziare questo tipo di RPG, ora punta su una saga che non vede un nuovo capitolo canonico dal lontano 2002? Proprio ora che è tornata la moda della “Old School” e proprio ora che è esploso Kickstarter ed il crowdfunding, con una pioggia di milioni di dollari che qualcuno non vede l’ora di accaparrarsi? Coincidenze? Maya? Alieni? Templari? Dovremmo chiederlo a Giacobbo. Personalmente sento puzza di strategia a tavolino, roba del tipo “Hai visto che ‘sti stronzi si sono organizzati e ci hanno bypassato? Non possiamo permetterlo! E sai che facciamo? Ci inventiamo un gioco a basso budget che ricordi la vecchia filosofia che ora va di moda su Kickstarter, così ci dimostriamo pure noi aperti verso tutta quella fetta di utenza che ci stanno sottraendo con la nostalgia del passato! Geniale, no?!! BWHUAHAHHAHAHA!!! “.

Un publisher mainstream come Ubisoft, che per anni se n’è sbattuto di finanziare questo tipo di RPG, ora punta su una saga che non vede un nuovo capitolo canonico dal lontano 2002?

Ovviamente le mie sono solo speculazioni che spero non si avverino mai, altrimenti ci sarebbe da ridere non poco: per anni non si sono voluti finanziare questi tipi di giochi e farlo proprio ora sarebbe una coincidenza da presa per il culo di quelle epiche, soprattutto nei confronti di gente come Fargo che si è visto chiudere in faccia parecchie porte negli ultimi anni. Sentire puzza di bruciato è quindi legittimo, perché stiamo pur sempre parlando di un gigante del mainstream che da anni applica tutte le più abusate tecniche di marketing sfrenato pur di vendere camionate di copie dei suoi cavalli di battaglia (qualcuno ha detto “un capitolo di Assassin’s Creed all’anno?”). Da un altro punto di vista, invece, questi potrebbero essere i primi segnali di un reale cambiamento di politica, tipo una sorta di “redenzione dai peccati del passato”. Magari d’ora in poi vedremo i grossi publisher di nuovo disponibili a finanziare anche i piccoli? Chissà, il futuro è sicuramente pieno di punti interrogativi, ma se ripensiamo ai vecchi slogan sulla “morte degli Old School RPG” oggi ci viene solo da sorridere e goderci i numerosi barlumi comparsi all’orizzonte, alla faccia di chi per anni ha urlato baggianate per proprio tornaconto.

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“Siete Vecchi! Siete zombie!! Siete MORTI!!! ARRENDETEVI” (cit. Beppe Grillo su Old School RPGs)

 

ARRENDETEVI: SIETE CIRCONDATI!

Alcuni di voi probabilmente ora staranno pensando: “Macheppalle sti articoli sulla nostalgia ed il vecchio! BASTA! Siete morti che camminano! Siete degli zombie! ARRENDETEVI! È FINITA!!!”. Ma se è questo il vostro pensiero ribelle allora non ci stiamo capendo, perché quel che sto cercando di mettere in luce è qualcosa di diverso dai soliti concetti “Old School > RPG moderni” oppure “si stava meglio quando si stava peggio!”. La questione invece gira attorno a due temi principalmente: il primo è capire di chi è la colpa se oggi molti publisher e developer spacciano per “nuovo” roba che è più vecchia di ciò che era già vecchio 20 anni fa; il secondo è che Ubisoft potrebbe pericolosamente tentare di intromettersi in fette di mercato attualmente riservate agli indie. Andiamo con ordine.
Spacciare il vecchio per nuovo, come già detto, è un problema che trova le sue radici in quella enorme fetta di utenza che non ha memoria storica e giustifica qualsiasi cosa facciano o dicano gli odierni publisher, senza mai indagare sulla legittimità di certe rivendicazioni. Con simili presupposti è stato facile abbindolare il pubblico e capire chi è che ne ha approfittato per anni. Non a caso l’esser riusciti a metter su dei veri e propri imperi economici, puntando su formule ampiamente sperimentate ed abusando di slogan quali “l’ampliamento del mercato” (quale tipo di mercato?) o la “semplificazione di meccanismi troppo frustranti” (frustranti per chi?), è la prova tangibile di come oggi il marketing sia diventato vitale per le grosse aziende del videogaming. Ma sarebbe stato tutto così facile se qualcuno gli avesse ricordato il passato? Probabilmente no, eppure oggi siamo arrivati al punto in cui a disseppellire la storia devono essere proprio quelle “vecchie glorie” tanto demonizzate, portando di nuovo in voga quella filosofia “Old School” che, paradossalmente, promette qualcosa di concettualmente più nuovo del nuovo che ci viene venduto giornalmente. E non stiamo di certo parlando di operazioni di mera nostalgia, perché il crowdfunding sta dimostrando una cosa che molti tendono a far finta di dimenticare: esiste una fetta del popolo videoludico (quella che ha memoria storica) ancora molto numerosa e pienamente in grado di rispondere alla “chiamata alle armi”.

Tutto si prospetta grandioso, ma non va mai dimenticata la fase successiva: mantenere le promesse, non tradire le aspettative e dimostrare che anche senza spendere goziliardi di dollari si possono fare grandi cose.

I numeri parlano da soli: circa 4,2 milioni per Torment – Tides of Numenera (con un Goal di 900,000 $), circa 2 milioni per Shroud of the Avatar – Forsaken Virtues (con un Goal di 1 milione di dollari) ed attualmente siamo sui circa 550,000 $ per Divinity – Original Sin (con un Goal di 400,000 $ ed ancora qualche giorno prima della chiusura). Senza contare i tanti altri progetti che sono stati co-finanziati (Eternity, Banner Saga, Dead State, ecc ecc…) e che messi insieme raggiungono gruzzoletti su cui i grossi publisher di certo non sputerebbero (soprattutto se calcoliamo che i costi di marketing vengono praticamente azzerati ed i rischi di invenduto eliminati alla radice).
Tutto si prospetta grandioso, ma non va mai dimenticata la fase successiva: mantenere le promesse, non tradire le aspettative e dimostrare che anche senza spendere goziliardi di dollari si possono fare grandi cose. In questa fase ogni progetto di crowdfunding avrà un peso specifico enorme, perché se sorgeranno i primi flop e le prime pesanti delusioni, potrebbe scatenarsi un effetto a catena che non farà altro che rafforzare il potere dei publisher. E no, se tutto questo discorso tra “vecchio VS nuovo” e tra “nuove aspettative VS vecchie conferme” vi sembra una mega metafora dell’attuale situazione politica italiana, beh, non ve la prendete con me. È solo una coincidenza (o forse no? :trollface:).

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Il buon vecchio Fargo ci difenderà dalle malvagie corporazioni dispotiche!

 

CHI VISSE SPERANDO…

Oltre al dubbio sul futuro, a questo punto dovremmo porci anche un’altra domanda: c’era proprio bisogno della nascita del crowdfunding per convincere Fargo e Lord British a tornare in campo? Vogliono davvero farci credere che i soldi non ce li avevano? Infondo se pensiamo che Garriot è un miliardario è abbastanza bizzara l’idea che ora debba chiedere un co-finanziamento agli utenti. Personalmente non ho elementi per poter rispondere a questi dubbi perché (non sono ancora diventato un Illithid, purtroppo!), ma posso solo ipotizzare una possibile motivazione: non è tanto una questione di soldi e finanziamenti (che comunque incidono abbattendo i rischi ed i costi del marketing) ma è più che altro una questione di principio. Usando Kickstarter si vuol lanciare un segnale al mercato mainstream, a chi lo comanda, a chi ne detta regole e tempi, tagliando fuori tutti coloro che “non si adattano” (per gli amici “mettersi a 90°”). Ed è su questa riflessione finale che concludo questo lungo editoriale e vi lascio con qualche speranza.

Usando Kickstarter si vuol lanciare un segnale al mercato mainstream e a chi lo comanda.

Spero che Ubisoft non faccia cagate con M&M e che non punti a furbate finalizzate ad intorbidire le acque di chi si sta ritagliando una fetta di mercato (che loro stessi davano per morta da tempo). L’aver dato l’incarico a  Limbic Entertainment (che ha già svolto un lavoro abbastanza buono con le espansioni di Heroes VI Might & Magic) garantisce che almeno ci sia una certa passione verso quel mondo, un certo rispetto verso quel passato, quel lore e quel concept che ha sempre delineato le caratteristiche storiche della saga di Jon Van Caneghem.
Spero che Swen e Larian riescano finalmente a coronare un successo che vada ben oltre le loro aspettative, se lo meritano. Al tempo stesso sarebbe grandioso se riuscissero anche a dimostrare che il potere dei publisher può essere ridimensionato con una buona politica gestionale (non a caso si sono aperti, seguendo l’esempio dei polacchi di CD Projekt, un proprio store digitale) e che non sono l’unico punto di riferimento per chi vuole creare videogiochi di un certo livell. Original Sin non sembra affatto un progetto “minore” né tecnicamente e né artisticamente, ragion per cui potrebbe essere la dimostrazione pragmatica di come si possa convincere il mercato mainstream a dare ancora spazio a certi tipi di RPG. Aggiungiamoci anche il fatto che si sono palesemente ispirati ad Ultima VII, con l’intento proprio di riproporre in chiave moderna quel livello di interazione con oggetti ed ambiente che oggi potrebbe, paradossalmente, aprire nuovi spiragli nell’ambito dell’esplorazione e dei combattimenti a turni tattici (due aspetti ormai tornati al centro della scena solo negli ultimi mesi).

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Swen Vincke a furia di scrivere articoli contro la “Casta” sul suo blog è ormai il “Travaglio del videogaming”.

Spero che Garriott superi i traumi dello spazio, riesca a realizzare una parte della sua idea di “Ultimate RPG” (esclusi i terrificanti aspetti da social game e i riferimenti a quella roba orrenda per facebook!) e non resti solo un’utopia per far bagnare i poveri nostalgici dell’uomo leggendario che fu un tempo. Gli obietti di Shroud of the Avatar sono ancora poco chiari e molto nebulosi, ma che ci sia una volontà di renderlo qualcosa di molto simile ad un MMORPG è ormai palese. La speranza è che riesca, come fatto con Ultima Online, a stimolare qualche avanzamento nel concetto stesso di MMORPG, ormai da troppi anni prigioniero di regole del marketing da cui sembra essere troppo rischioso allontanarsi (vedesi il mega flop di The Old Republic). Riuscire in un’impresa simile è roba da pionieri e chi meglio di lui potrebbe fregiarsi di un simile titolo? Infondo ne abbiamo le palle abbastanza strapiene dell’abusata formula “WoW” e sarebbe anche ora di tirare fuori qualcosa che riporti il concetto di “mondo persistente” al centro del dibattito tecnico. E qualche speranza andrebbe posta anche nella componente single player, da cui ci si aspetta quantomeno la genialità che ha sempre caratterizzato la saga di Ultima (ma potremo farci un’idea più seria solo quando ci verrà mostrato qualcosa di ancora più definitivo e concreto).
Infine l’ultimo pensiero lo rivolgo a Fargo ed InXile. Spero riescano a tirar fuori un degno erede di quella perla suprema che fu Planescape Torment, ridando il giusto peso specifico a quegli aspetti dialettico-narrativi che per anni sono stati dipinti come “roba vecchia e noiosa che ai giocatori odierni non piace più”. In quanto successore spirituale, il nuovo Tides of Numenera dovrà sopportare sia il mastodontico peso delle aspettative che si sono create e sia il peso dell’aura leggendaria che il vecchio Torment si porta dietro. Fare una cagata con quel nome è come entrare in Chiesa bestemmiando in aramaico e pretendendo che nessuno ci crocifigga al posto di Gesù sulla croce.
Personalmente sono abbastanza fiducioso per un semplice motivo: da quando è salito sul carro anche Chris Avellone possiamo tutti tirare un sospiro di sollievo. Infondo si possono attribuire un sacco di mancanze al padre di Planescape Torment, ma che sia tra i pochi ancora in attività ad essere riuscito a raggiungere uno dei picchi massimi del genere dei WRPG è un dato di fatto che la storia certifica e che nessun 84% su Metacritic potrà mai cancellare.
Ammesso che ci sia ancora qualche videogiocatore con una memoria storica.

Webdesigner e grafico per hobby, troll di professione. Gli è apparso in sogno il suo unico Dio (Chris Avellone) e da quel giorno pensa di essere il suo araldo. Se ne va in giro per forum e social network a predicare il “Verbo del Sacro Ruolismo” e portare un barlume di speranza nei luoghi in cui Bioware e Bethesda hanno lasciato solo macerie.