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Skyrim, il Meta-Game e l’Interpretazione di un Ruolo 2016-11-27T11:24:58+01:00

di CARMELO “MORTE” BALDINO 

IL RUOLO IN SKYRIM: TESI A CONFRONTO

The Elder Scrolls V Skyrim, sul mercato da soli due mesi, ha già battuto diversi record di vendite nell’ambito dei GDR occidentali, è attualmente giocato da milioni di videogiocatori (siano essi appassionati di vecchia data, casuali o una via di mezzo), è uno dei più “caldi” argomenti del momento presso i maggiori forum di videogiochi, ed a breve con l’uscita del Creation Kit molto probabilmente aumenterà ancor più i suoi numeri. Ma cosa lo rende così popolare e al tempo stesso così discusso dalla community?
Una delle teorie forse più plausibili sembra essere quella che ritiene la sua formula di gioco incredibilmente accessibile a qualsiasi tipologia di giocatore: ti crei un personaggio, entri in un mondo vasto e liberamente esplorabile, ed in poche parole “fai tutto ciò che vuoi”.
Ovviamente, come per ogni teoria, non tutti gli appassionati di RPG hanno interpretato allo stesso modo il gioco, e per questo motivo sono nate diverse tesi e discussioni a riguardo (molte di esse figlie illegittime di vecchie ed infinite diatribe).
Senza stilare una lunga e noiosa lista, è preferibile andare dritti al sodo e concentrare l’attenzione sulle due interpretazioni che sembrano andare per la maggiore:

  1. la tesi che interpreta quel “fai tutto ciò che vuoi” come la possibilità di “interpretare qualsiasi tipologia di ruolo in un contesto” senza troppo preoccuparsi se il gioco preveda o meno determinati meccanismi quali scelte, conseguenze e situazioni contestuali;
  2. la tesi, opposta, che interpreta quel “fai tutto ciò che vuoi” come la possibilità di “fare tutto e niente” per via della mancanza dei suddetti meccanismi di scelte, reazioni, conseguenze contestuali e casistiche adatte a determinati tipi di personaggi;

Chi appoggia la prima tesi di solito usa il concetto di “libertà assoluta” e “mancanza di paletti” come cavallo di battaglia per giudicare la natura “libera” di Skyrim, indicando tale impostazione come quella più fedele alle origini della saga (come se fosse l’unico e il solo modo per esprimere realmente la “filosofia degli Elder Scrolls”). Quindi che ci siano o meno conseguenze alle nostre azioni, o casistiche adatte al tipo di PG scelto, il problema non sussiste perché il focus è “immaginarsi di poter fare tutto” a prescindere da eventuali paletti, mancanze o contesti.
Chi appoggia, invece, la seconda tesi pretende che ci sia un certo feedback tangibile alle azioni che il nostro PG compie, e se tale feedback non si concretizza allora si sfocia nella critica, accusando il gioco di non possedere le meccaniche per realizzare il concetto di “interpretazione di un ruolo” (da non confondere però con quello che realmente avviene nel GDR cartaceo, che rimane ancora oggi l’unica vera forma, insieme alle sessioni “Live”, ad aver reso veramente “totale” l’idea di “interpretazione”).

 

Una sessione di Gioco di Ruolo dal vivo.

TRADIZIONALISMI E MASSIFICAZIONE

Da una prima osservazione esterna al dibattito le due tesi sembrano basarsi entrambe su una formula “tradizionalista”, ma con una differenza fondamentale: nel primo caso la tradizione si riferisce solo e soltanto alla saga, alla sua presunta “filosofia” ed a ciò che ha offerto fino ad oggi; nel secondo caso, invece, la tradizione non parte da una base legata solo al contesto della saga, ma amplia il discorso a tutto ciò che il sottogenere degli RPG “World Driven” (termine col quale si indica la tipologia di giochi alla Skyrim) ha mostrato essere possibile fino ad oggi. In alcuni casi si sfocia anche in una sinergia con elementi prettamente tipici degli “Story Driven” e che nessuno ha ancora dimostrato essere del tutto “estranei” alla saga di TES.

Sappiamo bene che non esiste una sola ed unica concezione di come si debba strutturare un RPG (discorso già affrontato in questa sede), e sappiamo altrettanto bene che nell’odierno mercato “massificato” l’ibridazione e le contaminazioni ormai la fanno da padrone. Ma proprio su questo vogliamo soffermarci per un attimo: tale massificazione può essere indicata come la principale causa dell’ampliamento dei “parametri di confronto” che, di fatto, portano ogni gioco a doversi interfacciare con:

  • la realtà odierna del mondo del videogaming
  • l’evoluzione di un genere (o sottogenere)
  • i miglioramenti che la tecnologia mette a disposizione
  • le nuove frontiere e i nuovi standard fissati di volta in volta da qualche coraggioso esponente (che sceglie fortunatamente di non rimanere legato per sempre a concetti statici e vecchie convenzioni, sfruttando le potenzialità delle attuali macchine da gioco)

Ciò che ci interessa far notare non è tanto l’andazzo del mercato odierno, quanto la curiosa influenza che esso ha sulle due tesi che stiamo analizzando.
Infatti il “tradizionalismo” della prima tesi sembra andare in diretto contrasto con l’assunto della massificazione, perché fermamente convinto che si possa rischiare una “contaminazione” e snaturare il fondamento su cui si basa quel “tutto ciò che vuoi” (in precedenza usato come base della “filosofia dei TES”).
Mentre il “tradizionalismo” della seconda tesi appoggia quasi pienamente le conseguenze a cui porta l’assunto della massificazione ed accetta il confronto aperto su determinati parametri e criteri. Si arriva, dunque, a un vero e proprio “duello” tra quale delle due tesi sia quella che rispecchia maggiormente la realtà dei fatti.
Ma non è nostra intenzione stabilire un vincitore o una tesi che sovrasti quella opposta. Nostro intento è quello di approfondire ulteriormente il dibattito, arrivando a mettere in luce un argomento che spesso pochi trattano o hanno il coraggio di trattare.
Ecco quindi come entra in scena un concetto videoludico (ma non solo) preso in prestito direttamente dai GDR cartacei e che spesso viene poco discusso per via della complessità che nasconde intrinsecamente: il “meta-game”.