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Il diritto di critica nei videogames 2016-11-27T11:24:58+01:00

di LEONARDO “DESFER” BASCHETTI

Come molti di voi avranno avuto modo di notare, in questi giorni a tenere banco, nel panorama videoludico, sono soprattutto le accese polemiche riguardanti la conclusione di Mass Effect 3.
Ho già accennato nella recensione del gioco, di come il finale risulti inspiegabilmente sconclusionato, pieno di “plothole” ma, soprattutto, di come appiattisca in maniera mortificante tutte le decisioni del nostro personaggio, elemento sul quale gli sviluppatori avevano sempre puntato, sin dal primo capitolo della saga.
La delusione dei fan ha prodotto un movimento di protesta diffuso e trasversale che, sebbene in certi frangenti si sia manifestato in maniera scomposta, esprime le legittime perplessità, non di una sparuta minoranza di troll o haters, ma della stragrande maggioranza degli utenti, dello zoccolo duro della fanbase, di chi, insomma, ha sempre apprezzato i titoli Bioware e proprio per questo si ribella ad un finale del genere.
Quello che, ingenuamente, non mi aspettavo era la veemente reazione di alcune testate videoludiche, anche nostrane, che si sono affannate a delegittimare in tutti i modi la protesta, dipingendola come la bizza di pochi infantili fan. Aldilà dei giudizi di queste testate, magari interessate più a vendere i giochi che recensiscono, piuttosto che fornire un’informazione imparziale ai propri lettori, dalla vicenda è scaturito un interessante spunto di riflessione: è legittimo criticare un videogioco a tal punto da chiedere di cambiarne il finale, oppure la libertà artistica degli sviluppatori deve essere rispettata fino in fondo?
Premetto subito che non è mia intenzione trovare la risposta a questo quesito, ammesso che esista, ma semplicemente provare a fare un po’ di chiarezza su questa vicenda, così prepotentemente salita alla ribalta in questi giorni.
Chi difende i processi creativi di Bioware afferma che è impensabile proporre di modificare il finale di un libro, o di un film, per quanto brutto ed insensato possa essere. Per quale ragione, quindi, con Mass Effect 3 dovrebbe essere differente?
Aldilà dei paragoni, che sdoganerebbero finalmente i videogiochi come una forma d’arte, dal punto di vista puramente teorico, mi trovo d’accordo con questa conclusione, ma mi chiedo anche se possa considerarsi corretto, nei confronti dell’utenza, proporre un prodotto (parzialmente, in questo caso) scadente giustificandolo, poi, con una presunta “visione artistica”.
Perché il punto è proprio questo: i fan non pretendono un particolare finale, come insinua qualche sedicente giornalista, ma semplicemente una conclusione qualitativamente affine al livello artistico dell’intera saga. Proprio chi ha sempre apprezzato i giochi Bioware si rende conto, molto più di qualche moralizzatore dell’ultima ora, di come il finale sia raffazzonato e tirato via, di come la qualità sia nettamente inferiore rispetto al resto del gioco.
La polemica ha assunto dimensioni tali, da costringere anche Ray Muzyka, cofondatore dello studio e vicepresidente del marchio BioWare, ad intervenire promettendo nuovi contenuti riparatori. Alcuni l’hanno vista come una sconfitta dell’Arte, e io non posso che concordare. Ma la sconfitta nasce molto prima delle dichiarazioni di Muzyka; la sconfitta nasce quando si è voluta chiudere una splendida serie in maniera superficiale; la sconfitta nasce quando è stato deciso di calpestare la passione di tutti i fan con un prodotto (sempre parzialmente) non all’altezza, per motivazioni che posso facilmente immaginare ma che, in assenza di riscontri, non starò qui ad elencare.
Dal canto mio, pur sostenendo la libertà creativa degli autori, non mi sento di condannare chi si sta battendo per una nuova conclusione. Così come non mi sentirei di condannare i Bioware nel caso decidessero di mantenere tutto immutato, ma almeno spero che abbiano il buon gusto di non spacciarla come una “scelta artistica”.

 

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Giocatore sin dai tempi in cui a stupire era la grafica di Alone in the Dark, tra un videogioco e l’altro si occupa delle recensioni su RPG Italia. Quando non gioca per piacere trova il modo di farlo per lavoro, insegnando storia del design con Assassin’s Creed II e cercando scuse accademiche per usare videogiochi un po’ ovunque, dagli ospedali alle università.