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Cosa significa Videogioco di Ruolo? 2016-11-27T11:25:01+01:00
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    Cosa significa Videogioco di Ruolo?

Il Ruolo è nel gioco o nel giocatore?

Si tratta di un vecchio ma sempre caldo argomento di discussione. Nei giochi rigidamente story driven, come ad esempio “Neverwinter Nights II”, si deve seguire un rigido percorso narrativo “a corridoio” e un’accurata gestione della crescita è necessaria per affrontare avversari via via sempre più ostici. Scelte errate o un improprio sviluppo del personaggio hanno gravi conseguenza anche sulla difficoltà del gioco portando, in alcuni casi limite, al game over. Nel caso degli “Elder Scrolls” il mondo è totalmente aperto e si può “fare ciò che si vuole e andare dove si vuole” come spiega spesso Todd Howard, Lead Designer di Bethesda.

In questo secondo caso, l’approccio giusto sarebbe quello di confezionarsi un personaggio molto studiato, farlo crescere rigorosamente solo in base alle scelte iniziali e poi, addirittura, selezionare i filoni narrativi a lui più adatti trascurando gli altri. Inutile dire che la maggior parte dei giocatori ha sviscerato “TES IV: Oblivion” facendo il “tuttologo” e che i tradizionalisti hanno gridato allo scandalo negando al gioco qualsiasi aspetto ruolistico. Fino a prova contraria c’è ancora la libertà di opinione, fortunatamente. In effetti, quanto più ampia è la libertà di movimento, tanto è più difficile immettere un plot avvincente e incalzante. Quindi credo che avremo sempre questi due diversi tipi di approccio (free roaming versus story driven) col vantaggio, almeno, di una maggior varietà.

 

Conclusioni

Ma allora: quando è corretto dire che un videogioco è “di ruolo”? Forse si poteva dare una risposta esaustiva una decina d’anni fa ma negli ultimi anni il genere ha subito trasformazioni molto profonde.

Se volessimo essere graniticamente rigorosi, dovremmo ammettere che i “veri” Videogiochi di Ruolo della storia si contano sulla punta delle dita e sono antichissimi: gli “Ultima”, “Fallout” 1 e 2 (Black Isle Studio 1997 e 1998), “Arcanum” (Troika Games 2001), “Planescape: Torment”, “Il Tempio del Male Elementale” (Troika Games 2003) e pochi altri. In tutto il resto c’è sempre stata una qualche, sia pur minima, contaminazione action. Questo non sminuisce affatto il valore di molti capolavori assoluti. “Deus Ex” (Ion Storm, 2000) era formalmente un FPS ma permetteva una ineguagliata varietà d’approccio a qualsiasi situazione. Il suo più recente erede Deus Ex: Human Revolution” (Square Enix 2011) ha cercato di riprenderne le meccaniche. Analogo discorso vale per “Vampire the Masquerade: Bloodline” (Troika Games2004), in terza persona, che cambia profondamente non solo a seconda delle scelte in game, ma anche in base alla classe definita all’inizio, garantendo una rigiocabilità che ha dell’incredibile.

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Deus Ex (Ion Storm, 2000)

I famosi “Elementi RPG” ormai si ritrovano in quasi tutti i giochi che hanno una pur minima struttura narrativa, soprattutto negli Action e in moltissimi FPS e TPS. Rimanere ancorati alla necessità di grandi ramificazioni nella storia o al sistema di combattimento al giorno d’oggi mi sembra riduttivo e arretrato. I Giochi di Ruolo elettronici si sono sempre più svincolati dalla originale struttura cartacea cercando nuove espressività e nuovi stilemi anche sfruttando il progresso tecnologico che rende possibili visuali e routines di Intelligenza Artificiale che erano precluse nei gloriosi e pionieristici anni ’90.

Rispetto al passato è innegabile una certa perdita di profondità e di sfida ma, spesso, le nuove possibilità rendono più agevole l’immersione nei mondi virtuali e le interfacce sono più user-friendly.

Nel passaggio dal supporto cartaceo a quello elettronico molte cose sono andate purtroppo perse ma altre guadagnate. Si tratta di due media troppo diversi: dove si faceva quasi esclusivo ricorso all’immaginazione oggi abbiamo puntuali immagini animate (spesso splendide). Al giorno d’oggi la grafica, invece di ridursi a mero orpello, diventa spesso un importante stimolo all’immedesimazione. Dobbiamo rassegnarci: non esistono ancora macchine capaci di competere con la flessibilità e l’intelligenza di un buon Master Umano, come tentavano di fare i primi RPG elettronici.

Ben pochi, al giorno d’oggi, sono disposti a leggere pesanti manuali di decine di pagine fitte. Ma oggi abbiamo un ventaglio che va dagli RPG più o meno tradizionali  quali “Dragon Age: Origins” (Bioware 2009) e “Drakensang” (Radon Labs 2008), agli Action RPG come “Risen” (Piranha Bytes 2009) e “Skyrim” (Bethesda Softworks 2011), Action RPG “leggeri” come la saga di “Dragon Knight” (Larian Studio 2009/2010) e “Venetica” (Deck 13 Interactive 2009). Poi ci sono gli Hack’n Slash il cui prototipo è “Diablo” (Blizzard North 1997) e i suoi epigoni in cui ci si può impegnare in divertenti e frenetici combattimenti a “cervello spento” e molti altri ibridi ancora.

La varietà almeno, non manca e tutti i sottogeneri hanno una loro dignità che non va sminuita: quello che conta è la caratura del gioco al di là delle irrilevanti categorizzazioni.

Semplificando un’ultima volta: quanto più gli elementi che abbiamo elencato sono presenti nel Videogioco, tanto più quello sarà “di Ruolo”. Se siete arrivati fin qui concorderete che il discorso non può essere chiuso in poche pagine di riflessioni a braccio. Ma adesso vi devo lasciare perché il mio Elfo si è caricato di pergamene e pozioni ed è ansioso di andare a esplorare un dungeon pieno di Goblins da mazzuolare.

 

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